martedì 3 gennaio 2012

Malga Zonta, così difficile da raccontare!

All’alba del 12 agosto 1944, nel corso di un rastrellamento a tenaglia che i nazifascisti condussero sull'altipiano salendo dalla Valdastico, dalla Valsugana e da Trento, avvenne la strage dei 17 di Malga Zonta.
Malga Zonta
Il primo da sinistra è il casaro Domenico Bauce, morto nel 1971. Accanto a lui
 Antonio  Fabrello, detto Toni Rosso, morto nel 2002. Il ragazzo con il cappello
 e la camicia bianchi, invece, è Bruno Fabrello.
Nell'estate del 1944 i partigiani vicentini della Brigata Geremi vi avevano fatto base, come del resto in altre malghe dell'altipiano. Nella stessa estate Domenico Bauce, casaro, otteneva dal Comune di Folgaria il permesso di pascolare in Zonta dopo la prima settimana di agosto perchè in Valbona, dove era prima, di erba ce n'era troppo poca. Però Bauce e i suoi non trovarono la malga vuota.
Era già occupata da un gruppo di rifugiati e partigiani capeggiati da Bruno Viola, nome di battaglia "Marinaio". Tra  lui e Bauce i rapporti si fecero sin da subito molto tesi. Il casaro a rivendicare il diritto di usare la malga per lavorare, il "Marinaio" a opporre ragioni di ordine militare. Le grandi ragioni della Resistenza e le ragioni del piccolo mondo contadino si scontravano. Alla fine si giunse ad un precario compromesso e così i partigiani si sistemarono al primo piano della casara.
Ma a notte fonda, un reparto di tedeschi accerchiò le malghe di Passo Coe. I nazisti si muovevano con sicurezza e velocità. Un ufficiale tentò di entrare nell'edifico di Malga Zonta, ma venne freddato sulle scale. Alla fine il "Marinaio" e i suoi non poterono altro che uscire con le mani alzate. Tutti i presenti, partigiani, malgari e lavoranti vennero allineati sotto la tettoia della porcilaia. Vennero messi al muro anche quelli portati nel frattempo dalle malghe vicine, tra cui Domenico Frabello di Malga Piovernetta (classe 1887). E' lui, l'anziano malgaro, ad alzarsi contro i tedeschi, mostrando i pantaloni sporchi di letame e le sgàlmere, gli zoccoli in legno buoni per la stalla ma non per la lotta partigiana. I tedeschi si fanno convinti, lo spostano lui e i suoi. Poi le raffiche. Inspiegabilmente tre malgari non erano stati allontanati e restano sul terreno assieme ai quattordici partigiani.

Sullo sfondo c'è il Trentino provincia del Reich, scorporato dalla
La copertina del libro fotografico uscito nel 1975.
Repubblica di Salò e governato in prima persona dai nazisti, attraversato da tentazioni collaborazioniste, ambiguità e connivenze, delazioni fratricide come quella di Fiore Lutterotti, spia nazista che consegnò alla Gestapo il capo dei resistenti trentini, Gianantonio Manci.
Una porcheria così assoluta da spingere addirittura il vescovo di Trento a condannarla pubblicamente in Duomo, anche a rischio di rappresaglie naziste. Ma la pancia profonda dei trentini stava probabilmente con un personaggio che oggi la prospettiva storica ci permette di vedere con più chiarezza: l'avvocato Adolfo de Bertolini, nominato dal Gauleiter nazista Franz Hofer Commissario Prefetto. Il suo localismo esasperato e la sua chiusura mentale sono ben noti agli occupanti che l'anno nominato. Grazie a lui la parola "trentino" o di "origine trentina" diventano un lasciapassare e un titolo di merito "a prescindere". Mette sul piatto dei nazisti la creazione del Corpo di Sicurezza Trentino (CST, polizia indigena poi impiegata anche nei rastrellamenti antipartigiani) e garantisce che così la Resistenza non sarà un grande problema, perchè - diciamo così - qui da noi chi ce l'ha con voi non andrà più in montagna, ma nel CST! Il falso mito del "collaborazionismo buono" viene alimentato dai democristiani del dopoguerra e dura nel tempo fino al craxismo di Malossini.

La Guerra fredda giunse sull'altipiano agli inizi degli anni Sessanta;
Base Tuono
Targa commemorativa alla ex-base NATO di Passo Coe.
proprio a Malga Zonta fu realizzata una  base missilistica alpina della NATO, dotata di ogive atomiche puntate verso le linee del blocco militare del Patto di Varsavia e dell'Unione Sovietica. Per far posto alla base americana Malga Zonta venne abbattuta. Rimase solo, qualche metro discosto dal recinto della base, l'edificio della porcilaia. Per anni gli americani hanno guardato con condiscendenza alle cerimonie di celebrazioni della strage nazista. E che i nostri democristiani non vedessero di buon occhio il fenomeno resistenziale divenne chiaro sin dal primissimo dopoguerra: particolarmente odioso è l'episodio dei due vescovi di Trento e di Vicenza che nel 1949 si rifiutarono di partecipare alla commemorazione ufficiale, un segno chiaro del ruolo politico che le gerarchie ecclesiastiche svolgevano negli anni del dopoguerra. Ancora oggi queste (ed altre) imbarazzanti ambiguità e reticenze sopravvivono a sè stesse.

2 commenti:

  1. a proposito di giantesche porcherie, di guerra fredda e di strategia della tensione, hai letto questo libro?

    http://tinyurl.com/6rsrfe3

    per citare Gatterer: "bel paese, brutta gente" da una parte e dall'altra, fra neofascisti e neonazisti e servizi segreti c'e' stato un bel via vai da queste parti.

    Un abbraccio, a bipedi e quadrupedi di casa :)

    (finirà che ci si incontra, su per un crozzo o con i piedi sotto un tavolo?)

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  2. Ti ringrazio per la segnalazione. So chi è Sergio Flamigni ma non sapevo di questo libro. Dal link risulta pure che è in offerta. Mi fa venire in mente il salto che feci al bancone della Libreria Monauni di Trento il 30 settembre 1967 quando il botto dell'attentato alla stazione arrivò fin lì: mi sembrava strano che i "crucchi" si fossero spinti fino a Trento...
    PS: certo che si, o sui crozzi o coi piedi sotto il tavolo, che bella idea...

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