sabato 30 luglio 2011

Le cartine di "Meridiani Montagne" e il GPS

La rivista "Meridiani Montagne" e Garmin hanno fatto un accordo che prevede:
Meridiani Montagne
Una volta aperto in Google Earth il file kmz ha quest'aspetto.
▌free download dal sito Garmin di una cartina in formato kmz  (cioè di Google Earth) per ogni numero della rivista (per ora sono arrivati a tre). Una volta aperto, il file ha l'aspetto che vediamo a fianco.
▌aggiornamento del software interno del GPS  per renderlo compatibile con gli standard Custom Map. Le istruzioni e i download da fare sono alla pagina Web Updater della Garmin.
Meridiani Montagne
Zoomando si vede meglio che è tridimensionale.
▌caricabilità della cartina sui GPS Garmin di ultima generazione. In pratica bisogna:
1. Scaricare il file kmz sul proprio computer
2. Usando il cavetto USB, collegare il GPS Garmin al computer
3. Usando “Esplora risorse”, visualizzare le cartelle del GPS
L'elenco dei numeri di Meridiani Montagne.
4. Creare una cartella chiamata “CustomMaps” all’interno della cartella “Garmin” del GPS (se già usiamo le Custom Maps, abbiamo già la cartella “CustomMaps”, quindi possiamo saltare questo passaggio)
5. Copiare il file KMZ della Custom Map contenuto nel file ZIP scaricato al punto 1 nella cartella
6. Scollegare il GPS dal PC ed accenderlo: la Custom Map è già attiva e pronta all’uso!
Nota: i GPS Garmin compatibili sono: Dakota 10–20; Oregon 300–400–450–450t–550–550t; Colorado 300; GPSmap 62–62S–62St; GPSmap 78– 8S; Edge 800.
Tip PDF: come creare mappe Garmin con uno scanner e Google Earth.


giovedì 28 luglio 2011

Monte Muro - Maurerberg

Talvolta a sorprendere per i panorami e la tranquillità sono le cime più trascurate dagli escursionisti. escursioni_estive

In azzurro il percorso della facile escursione panoramica.

Il Monte Muro è un simpatico e facile panettone erboso fra la Val Pusteria e la Val Badia, con panorama a 360° sulle Dolomiti e le vette di confine.
E' il risalto più evidente della Lusnerkamm-Costiera di Luson, una catena di elevazioni perlopiù boscose e prative.
👉Con Aurelio arriviamo da Bressanone e saliamo fino al Passo delle Erbe (m. 1987), scolliniamo e lasciamo l'auto in un parcheggio presso una curva (indicazioni). In un'oretta si sale al piccolo Rif. Monte Muro (m 2.130) lungo strada forestale. Dal rifugio si vede già in lontananza la sommità che vogliamo raggiungere. Ci si avvia quindi lungo una facile stradina segnalata, che risale un largo crestone erboso portando al ripiano del poco marcato Alfreider Joch-Giogo d´Alfarei (m 2.280 m) e poi per facile sentiero alla cima del Monte Muro (m 2.332).
Il Garmin ha registrato un dislivello di 450 metri. L´assenza di difficoltà del percorso e la disponibilità di un rifugio gestito (chiuso fuori stagione) rendono l'escursione adatta anche a famiglie con bambini.

martedì 26 luglio 2011

Terrazza panoramica Marmolada

I giornali scrivono che sabato 16 luglio la Funivie Marmolada S.p.A. ha inaugurato la terrazza panoramica di Punta Rocca.
Al centro il presidente della Marmolada S.p.A. Mario Vascellari.
In alto a destra  il noto avvocato Paniz di Belluno.
Si tratta della stessa società che negli anni ha messo cavi, piloni e cemento armato sulla Regina delle Dolomiti e poi ha buttato gasolio, liquami, ferro e rifiuti giù dalla parete sud (quella invidiataci da alpinisti, rocciatori e turisti di tutto il mondo), ha sbancato il ghiacciaio con le ruspe per rendere le piste più a la page, ha gettato poliistirolo e rifiuti nei crepacci per riempirli. Per alcune delle sue iniziative ha subito condanne in tribunale. Dicono anche, i giornali, che la terrazza abbia strappato l'ambito riconoscimento della Fondazione Dolomiti Unesco. Il guaio è che la Fondazione non ha smentito. Che sia dunque vero? E se lo è, quando si è degnata, la Fondazione, di dircelo? In ogni modo, si sarebbe scelta una gran bella compagnia, la Fondazione:

"Inoltre, grazie alla terrazza i visitatori potranno ammirare in tutta sicurezza il panorama, senza dovere necessariamente uscire all’esterno della stazione di Punta Rocca esponendosi così ai rischi e alle insidie del ghiacciaio e dell’alta montagna." (dal sito www.viaggiandofacile.it)

"Un’iniziativa voluta dalla Società Marmolada S.p.A. sia per inaugurare nel migliore dei modi questa nuova terrazza ma anche per celebrare con il tricolore la Marmolada, montagna sacra alla patria, nell’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia." (dal sito www.skiforum.it)

"Dinamite per far saltare la roccia di Punta Rocca, presso la stazione d’arrivo della funivia della Marmolada, la più alta delle Dolomiti, che già aveva fatto molto parlare gli animalisti quando era stata rimodernata qualche anno fa. Le cariche sono stati fatte espodere per modellare la cima della Regina delle Dolomiti, in una zona tra le più tutelate al mondo, protetta anche dall’Unesco." (dal sito www.informaveneto.it)

"Con i suoi 3265 m di altitudine la terrazza è diventata il punto panoramico più alto delle Dolomiti, facilmente accessibile (grazie alla funivia e all’ascensore) da tutti comprese le persone diversamente abili." (dal sito www.neveitalia.it)

"La funivia e l’ascensore abbattono ogni barriera architettonica. La terrazza diventa facilmente raggiungibile da tutti. Non ci sono scalini. Si sale comodamente grazie alla funivia della Marmolada, confortevole e veloce, che in circa 15 minuti consente di raggiungere la cima." (Mario Vascellari Presidente della Società Marmolada S.p.A.)

A chi il premio? Probabilmente a chi ha avuto la faccia di bronzo di tirare in ballo l'handicap! NdA: oggi, 29 luglio, mi fanno notare che i siti sopra riportati hanno provveduto a "nascondere" quanto in precedenza pubblicato. Il sig. Vascellari non ha smentito la dichiarazione già rilasciata alla stampa.

domenica 24 luglio 2011

Sentiero Benini (Via delle Bocchette)

Mi sembra che questo sia il tratto più recente della Via delle Bocchette perchè è stato inaugurato nel 1972. Comunque rimane una "classicissima" che volevamo concatenare con le Bocchette Alte e le Bocchette Centrali. Ma il maltempo non ci ha dato tregua. escursioni_estive

In breve: per chi come noi proviene dal Passo del Grostè (Funivia da Passo Campo Carlomagno) inizia a quota 2.600 dove è posta una targa in bronzo.
Lo schema dei sentieri attorno al Rifugio Tuckett.
Dapprima gira attorno alla Cima del Grostè fino alla Bocchetta Bassa dei dei Camosci (m 2.784), poi prosegue lungo una cengia a tratti molto stretta, ma ben attrezzata e facile.
 Poi prosegue attraverso i pendii orientali del Campanile dei Camosci e della Cima Falkner (punto più alto a 2.910 metri). Si perde quota per cento metri circa aiutandosi con corde metalliche per giungere su una cengia detritica che conduce a un punto molto panoramico con vista dalla VaI Perse fino alla vetta della Cima Brenta.
 Prosegue infine sul lato orientale della cresta fino alla Vedretta di Vallsinella Superiore che si attraversa fino al suo termine.
Da qui, seguendo il sentiero attrezzato Bruno Dallagiacoma (n° 315), si raggiunge il rifugio Tuckett passando a destra del Castelletto Superiore (m 2.700) e quindi calando per roccette abbondantemente attrezzate con corde fisse.

venerdì 22 luglio 2011

Cima Falkner (Dolomiti di Brenta)

Una facile cima accanto a Cima Brenta.
Facilmente raggiungibile con breve e facile percorso che si dirama dalla parte alta del Sentiero Benini (Via delle Bocchette) è uno dei migliori punti punti panoramici del Gruppo di Brenta, nonchè vetta  molto remunerativa e per niente difficile. Le foto e la relazione sono di Gigi, che ci è salito sabato con Paolo, mentre Massimo ed io siamo passati sul Benini domenica per andare a dormire al Rif. Tuckett.

Relazione tecnica: escursioni_estive
► È la Cima più elevata e forse anche la più bella del Massiccio del Grostè (Dolomiti di Brenta - settore centrale). La Cima è conosciuta col nome del suo primo salitore che ha sostituito l’appellativo originario di Rocca di Vallesinella. La prima ascensione fu effettuata da Alberto de Falker, alpinista romano nonostante il cognome con A. Dallagiacoma nell’estate del lontano 1882 che salirono lungo il versante Sud-Sud-Est che è la Via Normale ancor oggi seguita.
 
► Avvicinamento: dal Passo di Campo Carlo Magno (un tempo chiamato Passo Moscheria, a causa della presenza dei fastidiosi insetti che tormentavano le numerose mandria di vacche al pascolo. Non essendo un gran che come richiamo turistico, il nome fu cambiato in quello attuale, anche se l’imperatore dei Franchi qui non si è mai accampato) si utilizza la funivia del Grostè per raggiungere i 2.442 del Passo del Grostè.
 
► Dal Passo del Grostè si segue il sentiero SAT 305 (sentiero Benini) che prima sale, aggirando da est la Cima Grostè, con belle visuali sulla Val di S. Maria di Flavona (così si chiama la parte alta della Val di Tovel) e sul sottogruppo della Campa (sempre che non siate tormentati dal brutto tempo come successo all’amico Paolo e me). Poi scende alla Bocchetta bassa dei Camosci (splendido posto con bella vista sul gruppo Adamello - Presanella) che divide la Cima Grostè dal Campanile dei Camosci. Quindi, sfruttando una comoda cengia, si continua a prendere quota, passando sotto l’invisibile Bocchetta alta dei Camosci (questa divide il Campanile dei Camosci da Cima Falkner), per costeggiare la parete Est di C. Falkner arrivando in vista di Cima Brenta. Ora si svolta decisamente a destra (targa che segna la fine del sent. Benini o l’inizio per chi proviene dai Rif. Tuckett e Sella) e ci si trova all’imbocco del largo e caratteristico canalone detritico (scritta sulla roccia C. Falkner).La salita del canalone è breve ma da fare con attenzione; occhio a non far cadere sassi, nel caso urlate ben forte “sassi” o magari anche “kleine” (pronuncia klaine o grosse klaine se il sasso è fuor di misura), così anche un povero tapino di escursionista tedesco che passa da quelle parti cercherà di evitare la scarica!Arrivati ad una selletta di solito innevata si prende a sinistra raggiungendo in breve la panoramica vetta (col bel tempo).

Passo del Grostè – Cima Falkner h 2:30
► Passo del Grostè m 2.442
► Bocchetta bassa dei Camosci m 2.771
► Cima Falkner m 2.999

mercoledì 20 luglio 2011

Il sito delle piste ciclabili

http://www.piste-ciclabili.com/
è nello stesso tempo un database delle piste ciclabili italiane incrementabile dagli utenti ed un blog aperto ai commenti degli utenti.

Fa parte del progetto Open Street Map.

Ad oggi comprende 2.876 itinerari ciclabili di vario tipo: dalle piste per famiglia ai percorsi per rampichini.

venerdì 15 luglio 2011

Monte Ziolera e Cima Todesca di Montalon (Lagorai)

Nei Lagorai centrali, giro panoramico, facile e remunerativo.
Dal prato sommitale di Cima Todesca verso il Monte Ziolera.

Gigi mi fa sapere che per fuggire al caldo della città è andato a farsi un giro nei Lagorai vicino a Passo Manghen, zona Monte Ziolera e Cime di Montalon. Una replica di quanto avevamo fatto assieme tempo fa.
Dislivello in salita: 743 metri - tempo 5:20 ore
► Per sfuggire al caldo umido (stile amazzonico) che imperversa a Trento salgo velocemente in Valsugana, la mattina di buon’ora, arrivando a Borgo Valsugana dove, seguendo le indicazioni per il Passo del Mànghen, proseguo per il paese di Telve e quindi per la Val Calamento.
Giunto a Malga Valtrighetta lascio la Val Calamento e salgo nella Valsolaro con una rotabile stretta e tortuosa (prestare attenzione, specie nei tornanti, alle altre auto e a motociclisti pazzi in vena di tagliare le curve. Nella zona a pascolo anche a simpatiche, inconsapevoli, ma non meno pericolose vacche).
Raggiunto il Passo Mànghen scendo al sottostante bar ristorante dove parcheggio la mia mitica Poderosa (Panda 4x4 vecchio modello) che, nonostante i suoi 200.000 e passa chilometri e 16 anni di vita, si difende più che bene!
► Imbocco un sentierino che evita l’asfalto, risalgo al Passo del Mànghen e proseguo con il sent. SAT 322, lungo il versante SO del M. Ziolèra, per poi iniziare a salire, raggiungendo in breve la Forcella del Frate.
► Mi fermo a fare foto e a godermi il fresco poi abbandono il sentiero seguito fin qui per inerpicarmi lungo la cresta di SO del Ziolèra. Salgo con calma, fermandomi ogni tanto a scrutare i dintorni e ammirare i fiori di montagna, in piena fioritura, che punteggiano il pendio, singoli, a gruppetti, a volte formanti veri e propri “cuscini” colorati. Raggiunta la Cima mi siedo per un breve riposo, scatto qualche foto, vago con lo sguardo a 360 gradi. Purtroppo il caldo afoso favorisce anche in quota il formarsi di foschia per cui vedo le Dolomiti di Fassa da una parte e il sottogruppo di Rava da quella opposta, offuscate da un sipario tremolante e lattiginoso. Pazienza niente foto di Cime distanti!
► Arrivano altri escursionisti, fin troppi per i miei gusti da orso, per cui riparto scendendo velocemente verso la Forcella Ziolèra incontrando nuovamente il sent. 322.
Scendendo con quest’ultimo, poco prima di raggiungere la forcella, ci si trova ad un trivio. Il sent. 322 scende alla nostra sinistra (vista sul Lago delle Buse), un altro sentiero scende verso destra, infine un terzo tira dritto in leggera salita. Consiglio di seguire il sent. 322, gli altri due, pur arrivando lo stesso alla forcella, sono più sconnessi; in particolare quello che prosegue dritto porta poi a una discesa lungo due tratti di terreno infido.


► A Forcella Ziolèra troveremo dei resti di calcestruzzo, è quanto rimane di opere belliche della prima guerra mondiale; qui arrivava una teleferica dal sottostante Lago delle Buse.
Guardo l’ora: è presto! Avevo in programma una volta qui, di scendere al Lago delle Buse, tornando quindi al Passo Mànghen, invece decido subito di prolungare il mio giro e proseguo ora lungo il versante SE del Montalón con calma olimpica finché non vengo raggiunto e superato da altri escursionisti. Nonostante le mie soste continuo a ritrovarmeli tra i piedi per cui infastidito decido, lì per lì, di abbandonare il sentiero e salire al Montalón, o meglio alla più alta delle sue tre cime la Cima Todesca.
Ho da poco superato una piccola caverna di guerra e il sentiero compie un ampia curva a sinistra lo abbandono (q 2.230 circa) e inizio a salire a zig zag lungo il pendio erboso puntando alla cresta che mi sovrasta. Raggiunta la cresta il cammino è meno faticoso è, in breve, raggiungo la Cima dove trovo un grosso ometto di sassi.
► Mi godo in perfetta solitudine l’aria fresca e il panorama poi, prima di appisolarmi, decido che è meglio ripartire: se mi addormento chissà quando mi sveglio, si sta così bene qui!
Per scendere escludo il versante Est, troppo ripido e sconnesso, e anche la più facile ,in apparenza, cresta di SE e perdo quota velocemente, ma in tutta sicurezza (sono solo e la prudenza non è mai troppa), tenendomi di nuovo sul versante Sud, il più vicino possibile, alla cresta SE cosi da non tornare troppo indietro. Infine ecco il sent. 322 che riprendo (q 2.310 circa) nuovamente salendo a un bel punto panoramico dove la cresta di SE della C. Todesca si fa pianeggiante (q 2.325 circa) Alle mie spalle c’è la Val Ziolèra, mentre davanti a me la Pala del Becco chiude la val Montalón.
Proseguo lungo il sent. (tratti scoscesi fare attenzione) raggiungendo la Forcella della Pala del Becco, ammirando la bella forma di questa ultima montagna. Scendo velocemente verso il Pian della Fava dove trovo il bivio con il sent. 322° che mi porta al Lago delle Bus. Raggiungo lo specchio d’acqua costeggiando nuovamente il Montalón. i cui pendi sono rivestiti da cespugli di rigogliosi rododendri in piena fioritura. Una meraviglia in netto contrasto con il versante verso la Val Calamento, molto più “severo” in fatto di flora.
► Al Lago faccio conoscenza con la locale popolazione di anfibi per nulla intimorita a parte due rospetti che, seguendo il vecchio adagio “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, si tuffano veloci sparendo nella vegetazione sommersa.
Dopo una lunga sosta, non molto convinto riprendo il cammino, adesso sono solo e arrivo accanto “all’Eterno”. Così viene chiamato il tronco, argenteo e secco, di un poderoso cirmolo. L’albero era nato su un grosso masso che aveva poi letteralmente “fasciato” con le sue radici scese in cerca di terreno da cui trarre sostegno e sostentamento. Negli ultimi anni un’altra conifera è nato a fianco dell’Eterno, così ora il grande vecchio a perso un poco della sua spettacolarità.
► Infine arrivo nuovamente alla Mànghenhütte, afflitto e infastidito dall’inquinamento acustico prodotto da una banda di motociclisti, addirittura una cinquantina, che avrei preso molto volentieri a fucilate!
Il ritorno a Trento è punteggiato da varie fermate: alla Malga Valsolero per comprare formaggio e ricotta affumicata in tre bar lungo la strada a bere birra e ritardare il più possibile il ritorno nel calore della Val d’Adige. Quando arrivo a casa sono quasi le 20 e il ricordo della frescura dei 2000 metri è già uscito da me insieme al sudore, miseria ladra!



          │ Bar-ristorante Mànghenhütte                     : 2.019 m
          │ Passo del Mànghen                                   : 2.047 m
          │ Forcella del Frate                                      : 2.228 m
          │ Monte Ziolèra                                           : 2.478 m
          │ Forcella Ziolèra                                         : 2.251 m
          │ Versante S del Montalón/sent. 322             : 2.230 m c.
          │ Cima Todesca del Montalón                      : 2.435 m
          │ Versante S del Montalón/sent. 322            : 2.310 m
          │ Sent 322/Cresta SE del Montalón              : 2.325 m c.
          │ Forcella Pala del Becco                             : 2.245 m
Quote │ Pian della Fava bivio sent. 322/322a          : 2.160 m
          │ Sent. 322° quota                                       : 2.100 m c.
          │ 1° Bivio sent. 322°/361                             : 2.120 m
          │ Lago delle Buse                                        : 2.054 m
          │ 2° Bivio sent. 322°/361                             : 2.060 m
          │ Sent. 322° quota                                       : 2.065 m c.
          │ Sent. 322° quota                                       : 2.045 m c.
          │ Sent. 322° quota                                       : 2.060 m c.
          │ Sent. 322° quota                                       : 1.980 m c.

mercoledì 13 luglio 2011

Sul Monte Mulaz (Pale di San Martino)

Facile e panoramica cima ai margini delle Pale di San Martino.
La vetta del Mulaz con le Pale di San Martino sullo sfondo.
Si parte da Passo Valles (m 2.030) dopo un caffè al rifugio-albergo che sta proprio sulla statale.
Poi si attraversa la statale e si prende la lunga cresta erbosa che fila sempre in quota in direzione delle Pale di San Martino. Lasciata finalmente alle spalle la lunga cresta prativa che, sempre in quota, tocca Forcella Venegia (m 2.220) e Forcella Venegiota (m 2.303), si incontrano finalmente le prime rocce.
Qui inizia il lungo percorso che porta fino ai 2.571 metri del Rif. Volpi di Misurata.
Dal sentiero per la vetta del Mulaz: il sottogruppo dei Bureloni. Sulla destra si vede
l'intaglio di Passo delle Farangole.
Si risale in breve al soprastante Passo (panorama) e si prende a destra per ripido sentiero, faticoso ma non esposto, che risale il cupolone roccioso del Monte Mulaz fino alla vetta (m  2.906).
👉Il lungo rientro all'auto ci ha tenuti impegnati fino a sera. Forse ce l'eravamo presa troppo comoda all'andata, però in effetti il giro è più lungo del previsto. Tempo totale netto ore 6,40. Il Garmin segna un dislivello di 1.310 metri in salita e di 1.340 in discesa, e nelle gambe ci sono tutti.

lunedì 11 luglio 2011

A proposito dell'orso

"Il tempo stringe per le specie animali in pericolo di estinzione" dicono le ONG.
Campagna pubblicitaria vincitrice di un leone d'oro a Cannes.
La campagna è stata commissionata dalla Bund, una ONG tedesca che dal 1975 si batte per la protezione dell'ambiente. La Bund conta oltre 480.000 sostenitori ed è una delle più attive organizzazioni ambientaliste no profit. Tutti i soggetti della campagna sono a questo link.
👉PS: per la cronaca io penso che i 6.ooo kmq del Trentino siano pochetti per una specie come l'orso bruno, ma questa è un'altra storia... e non mi permetterei mai di pensare a lui come a una braciola... del resto non ho mai pensato di arrostire mio cugino...

domenica 10 luglio 2011

Al Rifugio Mantova al Vioz per la via nuova

Si trova a 3.535 metri a soli 100 metri dalla vetta del Monte Vioz (m 3.644), alla testata della Val di Pejo. E' il più alto rifugio del Trentino. Il nome ufficiale è Rifugio Vioz "Mantova" ed è della S.A.T. trentina.
L'aspetto attuale del rifugio. Sullo sfondo a destra è visibile la vetta del Monte Vioz, che si trova a soli cento metri più in alto.
Sulla sinistra l'arrivo della nuova funivia "Peio 3000" ancora con la gru degli ultimi
lavori. Resta da ri-sistemare il sentiero di collegamento con il sentiero tradizionale.
La salita al Monte Vioz, pur se assistita dalla cabinovia Tarlenta (m 1.974) nonchè dalla seggiovia Doss dei Gembri (m 2.315) che spostano la partenza molto più a monte rispetto ai 1.400 metri di Pejo Fonti, è impresa lunga e faticosa, giustamente considerata alpinistica anche se si svolge lungo un sentiero che é sì ripido, ma anche ottimamente tracciato, e che guida fino ai 3.545 del Rif. Mantova. Da quì il salto alla vetta è poca cosa. Si tratta pur sempre di un 3.000 vero (anzi, un 3.644). In più è possibile farlo senza trascinarsi dietro l'attrezzatura da ghiacciaio perchè in genere a  partire da luglio il percorso è libero da neve.
👉Oggi la nuova funivia "Pejo 3000" che vi sbarca ai Crozi de Taviela apre una seconda possibilità per salire al Vioz. Anzichè seguire il lungo e collaudato percorso è possibile sbarcare alla stazione a monte e di qui ricongiungersi al sentiero tradizionale. Mi sono detto: prova ad andarci per vedere cos'è cambiato e me ne sono pentito. Il sentiero è in realtà una traccia malamente segnata che segue un percorso ozioso con una marcata perdita di quota, ripetute presenze di neve e numerose rampe cedevoli e spaccagambe tipo "due passi avanti e uno indietro". Si ricongiunge al sentiero tradizionale ad una selletta posta a quota 3.200. Lo sconsiglio vivamente. Rimaniamo in attesa che qualcuno (SAT? Ente Parco? Comune? Comprensorio? Provincia?) tracci e sagnali un sentiero di collegamento più diretto e più in quota, in assenza del quale questa nuova funivia foraggiata con soldi pubblici, d'estate, tanto vale chiuderla.

La lunga storia di questo rifugio:
Le due foto più in basso sono tratte
dal sito della Sezione SAT di Pejo.
 Il suo antenato venne costruito nel 1908  dalla S.A.T.  in una posizione molto più bassa rispetto all’attuale, dove oggi è situata la stazione a monte della funivia Pejo 3000 e cioè ai Crozi de Taviela,  uno sperone roccioso tra la Val del Vioz e la Val Taviela. Questo primo rifugio, dalla classica forma a cubo era dedicato alla città di Mantova, fu distrutto da un incendio nel corso della prima guerra mondiale e non fu più ricostruito.
 Intanto però gli alpinisti tedeschi  della Sezione di Halle del D.u.Oe.A.V. (il club alpino tedesco-austriaco) avvalendosi della guida Matteo Groaz che ne fu a lungo il gestore, avevano costruito anche loro, poco sotto la cima del Vioz, un loro rifugio inaugurato nel 1911. Nell'agosto di quest'anno ricorre dunque il suo centenario.
 Durante la prima guerra mondiale  1914-1918 la capanna Vioz venne adibita a base militare austroungarica. Dopo il termine della guerra questo rifugio fu affidato alla S.A.T. come tutti gli altri rifugi austro-tedeschi in Trentino.Venne poi assegnato definitivamente dallo Stato italiano alla S.A.T. nel 1947. Nello stesso anno fu costruita presso il rifugio la piccola chiesetta dedicata a S. Bernardo di Mentone e ai caduti di tutte le guerre.
 Nel 1971 la S.A.T.  effettuò una prima ristrutturazione ma il suo aspetto attuale risale al 1992 quando venne sottoposto ad un ulteriore e più radicale intervento. Praticamente un rifacimento completo, visto che lo dotò di una  nuova struttura portante in travi di legno lamellare e di un tetto rivestito da spesse lastre di rame.

giovedì 7 luglio 2011

E' lo stesso obiettivo?

L'appassionato di montagna non avrà dubbi: a pari qualità
si sceglie il più leggero! (Foto presa dal sito www.omuser.com)
Sì, è sempre il Summilux 25mm f/1,4 marcato Leica, ma in due diverse versioni: a sinistra per il formato Microquattroterzi, a destra per il formato Quattroterzi.
E' costruito su licenza in Giappone dalla Cosina seguendo standard qualitativi elevati ma non è un Summicron originale Leitz germanico (che infatti costa quattro volte di più).
Lunghezza focale e luminosità sono identici (25mm f/1,4) e corrispondono ad un 50 mm nel formato pellicola.

martedì 5 luglio 2011

Notizie dall'orto dopo le piogge

I colori dell'insalata riccia.
Piccoli frutti crescono: ribes, mirtillo nero e more sono ormai in dirittura di arrivo.

lunedì 4 luglio 2011

Felicità è una corsa nel prato

Mentre i padroni sono in vacanza al mare la barboncina intelligente e curiosa di tutto è nostra ospite nel fresco del verde.

domenica 3 luglio 2011

La strada per Malga Movlina

Pur non essendo un punto di ristoro o di bivacco Malga Movlina (m 1.786)
Malga Movlina. A sinistra il Carè Alto, a destra la Presanella.
Guardando a sud dai pressi della malga. Al centro in lontananza si
distingue la catena del Monte Baldo, che sta sopra il Lago di Garda.
va tenuta in considerazione per la sua posizione veramente panoramica e utile per le escursioni nel sottogruppo del Vallon e per le salite al Rifugio Dodici Apostoli. Si trova nel settore meridionale del Gruppo di Brenta.
Si raggiunge salendo la lunga Val D'Algone (o Val Algone) in auto sino al Rifugio Ghedina (m 1.128) su stradina asfaltata: da qui in poi accesso consentito ad un numero limitato di vetture (50 al giorno) previo pagamento di un ticket di 4 Euro ad un distributore automatico presso l'Albergo Brenta.
Il percorso è su strada bianca e si conclude appena sotto la malga (ampio parcheggio).
Fino a pochi anni fa la malga era caricata con vacche da latte; ora vi pascolano un centinaio di manze e un piccolo gregge di capre.
Con il latte di capra vi si producono formaggi, caciotte e cacioricotte.

Lo stallone di Malga Movlina sullo sfondo della Presanella.
Pare che: "Il giorno 6 giugno del 1155, alla presenza del Principe Vescovo di Trento, Eberardo, e del suo notaio Olderico, i due duellanti in armi sono uno di fronte all’altro, pronti alla sfida nell’interesse rispettivamente delle comunità di Rendena e del Bleggio. Di lì a poco il Rendenero cadrà trafitto dalla spada dell’avversario ed il “Giudizio di Dio” sancirà la proprietà dell’alpeggio di malga Movlina ai Bleggiani. Di questo duello esiste documentazione storica e questa ci dà l’idea di quanto fossero importanti il pascolo e le malghe nei tempi passati".
 (Fonte: www.trentinoagricoltura.com).