lunedì 31 dicembre 2012

Il trenino della Val Gardena

Qui in un breve e raro video in bianco e nero.
Sembra impossibile, ma nel 1949 Selva di Val Gardena aveva questo aspetto.
C'era addirittura il trenino! E passava in mezzo ai prati. Ne è passata di acqua sotto i ponti, e di cemento nelle betoniere!
Qui più che altrove gli effetti collaterali della monocoltura dello sci si sono manifestati alla grande.
👉Oggi l'intera alta valle è un continuum edificato, una crosta di cemento  e asfalto che salda gli antichi centri abitati in una morsa. Da Ortisei a Selva è ormai come da Monza al Pian dei Resinelli, incredibile ma vero, e pensare che tutto è iniziato con i campionati mondiali del 1970!
Posti sempre più congestionati, convenzionali e affollati, sempre più simili ad un autogrill, carichi di cartelli e banderuole, inviti e divieti, viadotti e rotonde pagate con soldi europei. Posti sempre meno vivibili e sempre più, più, più. Mi vien da dire che capisco Alex Schwazer, lo vedo travolto dalla sua Heimat attuale...
Il trenino a Selva in un paesaggio innevato. Nel 1969 il tracciato dismesso, nella tratta Chiusa-Ortisei, fu reimpiegato per la costruzione di una nuova strada di accesso alla valle, in vista delle gare dei Campionati mondiali di sci alpino 1970. La sede ferroviaria della parte alta della valle è invece diventata un sentiero pedonale di collegamento tra i diversi paesi.





La classica carta stradale 1:200.000 Touring (del 1957) riporta con buona precisione il percorso della ferrovia, all’epoca ancora attiva.

giovedì 27 dicembre 2012

Compagni di traccia (per un giorno)

Il difetto strutturale degli smartphone usati come  GPS è la batteria. Il pregio principale del logger usato a sè stante: accendilo e dimenticalo (la sua batteria resiste fino a 32 ore).
Il Galaxy SII con batteria Mugen da 3200 mAh con cui conduco le mie prove
d'uso dello smartphone come GPS accanto ad un logger a basso costo.
NB: per interfacciare i due attrezzi bisogna scaricare un'applicazione come
Bluetooth GPS (ce n'è più d'una, di solito sono gratuite) e ricordarsi di
lanciarla prima del software cartografico. Tutto qui, il resto viene da solo.
E allora basterebbe farli incontrare e il problema-batteria verrebbe ridimen-sionato (ma quanti condizionali!).
Provandoci, ho visto che bisogna tenere spento il GPS del telefonino e collegare i due dispositivi via Blue-tooth ed ecco che la batteria del telefonino dura molto ma molto di più.
Il perchè è chiaro: l'antenna GPS che tiene il segnale e batte il punto è quella del logger, un attrezzo progettato per resistere a molto più di 24 ore di utilizzo continuato.
Il software cartografico dello smartphone (io uso TwoNav) mostra la posizione corrente sulla mappa dei sentieri e registra la traccia. Così le escursioni di una giornata si possono fare utilizzando lo smartphone dall'inizio alla fine, sempre vedendo la posizione corrente, la traccia del percorso fatto e il sentiero segnato sulla mappa.
Senza se e senza ma? Un "ma" purtroppo c'è: siccome i due dispositivi comunicano via Bluetooth (che è un segnale radio) perchè la cosa funzioni occorre che il telefonino non sia in modalità aereo: nei coni d'ombra la continua ricerca del segnale telefonico pesa sulla batteria...
Eppure, nonostante ciò, dopo otto ore di cammino nelle Maddalene, spesso a schermo acceso per "vedere" il sentiero sotto la neve, in più altre due ore aggiuntive a telefono acceso e un'altra mezz'ora d'uso continuo del flash come torcia (siamo tornati col buio) la batteria Mugen aveva ancora il 20% di carica.

sabato 22 dicembre 2012

Pioneers - alpinisti britannici sulle Dolomiti dell'Ottocento

E' il titolo di un'antologia uscita da poco; l'argomento è di quelli che mi incuriosiscono da sempre.
Il disegno di Amelia B. Edwards che fa da sfondo è tratto dal
cap. X° - da Primiero a Predazzo del suo pregevole e mai
dimenticato "Untrodden peaks and unfrequented valleys"
e rappresenta il Monte Pelmo.
I 19 capitoli della raccolta pescano fra i classici del turismo esplorativo.
Classici anche in copertina, composta da una foto della "squadra" di Francis Fox Tuckett montata  sullo sfondo di un disegno di Amelia B. Edwards.
Ai classici il curatore affianca brani che provengono da scritti meno noti seppur altrettanto importanti, com'è il caso di Tucker. Un po’ per l’ingombrante fama del suo compagno di viaggi (Douglas Freshfield), un po’ per l’assonanza con il cognome di un altro “mostro sacro” (Francis Fox Tuckett), la sua rimane una figura non troppo considerata. Eppure fu il primo a calcare vette quali il Sass Maòr, il Catinaccio e la Cima Canali.
Mirco Gasparetto, "Pioneers - alpinisti britannici sulle Dolomiti dell'Ottocento", Nuovi Sentieri Editore, Belluno, 2012 (30 Euro).

martedì 18 dicembre 2012

Il pascolo vagante nel terzo millennio

Mauro Corona non è esattamente in cima alla mia personale graduatoria degli scrittori di montagna, ma in questo caso "ci azzecca".
Se la prende con sindaci e amministratori locali dei paesotti alpini, «...branco di incapaci e furbastri che non muovono un dito per agricoltura e pastorizia ma permettono il proliferare di capannoni e ipermercati nei posti più belli delle regioni, in barba all'Unesco. La politica degli "arraffa" vede i pastori come invadenti, disturbatori, rompicoglioni e spesso maleducati, cui non spetta alcun diritto di territorio. Le autorità li denunciano per pascolo abusivo e non aprono bocca contro il furto di acqua, o la cementificazione di vecchi tratturi...»
(Mauro Corona in "Venti raccondi allegri e uno triste", grazie alla segnalazione del blog di Marzia Verona)

domenica 16 dicembre 2012

Cima Roccapiana, tra Val d'Adige e Val di Non

Il cielo bigio lascia cadere qualche svogliato fiocco di neve mentre riordino foto e "arretrati" estivi. C'è anche questo non banale giro ad anello che mi ha dato Gigi e che è in lista d'attesa da troppo tempo.
L'ampia vista sulla Val di Non che offre Cima Roccapiana.
D'inverno è improponibile ma prima del solleone estivo, quando la neve resiste solo alle quote più alte, è una meta certamente remunerativa. Qualora decidessi di farla, spezzerei il percorso in due facendo tappa al rifugio di Malga Kraun e salendo il mattino dopo al Roccapiana per poi ridiscendere al Monte di Mezzocorona.
Da Cima Roccapiana verso Trento.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Al contrario di Gigi, insomma, che ha fatto il percorso inverso, ma ognuno ha i suoi gusti.
A rifugio Malga Kraun chiuso, farei base al bel bivacco Malga Kraun ricavato nello stallone della malga.
Cima Roccapiana (m 1.873) fa parte della catena delle Cime di Vigo, nelle Alpi della Val di Non e non è molto conosciuta. A cavallo fra la Val di Non e la Val d'Adige è un bel punto panoramico
escursioni_invernali
Relazione, quote e dislivelli (tutto a cura di Gigi):
Il tracciato in Google Earth.
Con una piccola funivia da Mezzocorona si raggiunge la loc. Monte di Mezzocorona. Seguendo i segnavia SAT per il rif. Malga Craun e il M. Roccapiana si lascia alle spalle detta località, iniziando a salire con il sent 500 che per ora coincide con una larga strada sterrata. Dopo non molto si arriva nell’angusta Val del Piaget, dove troviamo un ruscello, una cisterna d’acqua, una vecchia “calchera” restaurata con tabella esplicativa. Oltrepassato il manufatto, si sale decisamente,

sabato 15 dicembre 2012

Le grappe arcobaleno (tutte a base di grappa bianca)

L'esercitazione sul tema "grappa bianca corretta con qualcosa" s'è svolta nell'orto, mentre strade e rifugi erano decisamente troppo pieni.
mangiare in montagna
Da sinistra: con le prugne di Dro, le pigne di mugo della Vigolana, la salvia selvatica di Cherso, il mirtillo nero di casa, la achillea millefoglie del Vanoi. Sempre in grappa bianca della Val di Cembra.
mangiare in montagna
Qui invece una grappa con pigne verdi di mugo, di qualche settimana prima
Dopo qualche settimana hanno cominciato a prendere e mantenere il colore.
Forse non sono un granchè, ma le bottigliette da mezzo del'olio Coop fanno la loro figura, con le tinte tenui lasciate dalla salvia, dal mirtillo nero, dalle pigne di mugo, dai fiori dell'achillea millefoglie e anche, alla fine, dalle prugne di Dro.
👉Le piccole prugne (o susine che dir si voglia) di Dro, poverette, sono le peggio messe perchè sono costrette a vedersela con la forte slivovica dalmatica, che non ammette mezze misure perchè la slivovica (pronuncia slivoviza) è un distillato e non una semplice infusione come questi goffi esperimenti casalinghi.
👉Un'altra cosa, invece, e più classica, è la "grappa al mugo", da sempre bene accolta in qualsiasi convivio alpino: si tratta di grappa bianca insaporita da qualche piccola pigna verde di mugo alpino...

giovedì 13 dicembre 2012

Quadretto alpestre

Le altre foto sono in Picasa Web Album.
Un posto così s'incontra più facilmente nei depliant turistici che nella realtà.
Potrebbe essere ovunque, più vero del vero, più stereotipato di una location pubblicitaria.
Ma in fin dei conti mi piace, forse sono banale, ma in montagna non cerco la bio-bau delle Dolomiti, ma il paesaggio segnato dalla civiltà contadina e qualche indizio su come ci si viveva prima che i camini smettessero di fare fumo.
Non è che chi ha le chiavi di questi posti abbia già dimenticato come si accende il fuoco?
A proposito: dove sarà mai questo posto così stereotipato da sembrare uno spot del Mulino Bianco?

lunedì 10 dicembre 2012

A Merano in Piazza Fontana (pensieri negativi)

Ripassando da quest'angolo meranese mi sono sentito preoccupato. Non dovrebbe essere, e invece... forse il nome, Piazza Fontana, che fa scattare un'altra memoria. 
Alcune copertine della rivista femminile nazista Frauen-Warte,
(donne in attesa) che propagandano una figura di donna custode
della casa, mamma amorevole che sostiene i soldati e il regime
mentre alleva i figli e lavora nelle fabbriche di armi.
L'Italia sporca delle stragi e della strategia della tensione è iniziata in un'altra Piazza Fontana, a Milano, il 12 dicembre 1969. Ma non è solo assonanza.
Merano è stata a lungo rifugio sicuro per tanti nazisti in cerca di "privacy". Qui, bene accolti, sono vissuti a lungo molti personaggi nazisti. Si trovavano bene. Anche Giulio Andreotti ci si trovava bene. Era l'atmosfera, appunto. Ai giornalisti impiccioni che chiedevano "perchè qui" rispondeva evasivo: l'ebreo Singer, sapete, il dentista, mi servo da lui.
La Mitteleuropa cosmopolita e tollerante era già sparita da un pezzo, assieme alla funivia che da Maia Alta raggiungeva Avelengo (smantellata e sostituita da una strada asfaltata). All'iconografia turistica di sempre, il microclima, le terme, il pae-saggio e le passeggiate si sono aggiunte le bra-ghe di cuoio, le complicità travestite da folclore.
Tra le ville di Maia Alta si muovono ombre e riflessi di un mondo che speravamo alle spalle, con la sua estetica perbenista che soprav-vive agli anni, persino a quelli dei forni crematori.

venerdì 7 dicembre 2012

"Dolomites Mountains" è in anastatica nel web

Google Book Search ospita la versione anastatica dell'originale inglese, completa di stampe, timbri ed annotazioni e liberamente consultabile. Una vera rarità a portata di mouse!

La Libreria Campedel di Belluno vende anche via web.
Spero che questa ristampa sia ancora disponibile.
"Dolomites Mountains" (1864) merita un posto speciale nella libreria del bibliofilo montagnino, accanto a "Zigzagging through the Dolomites" di Elisabeth e Francis-Fox Tuckett (1872), all'impareggiabile "Untrodden peaks and unfrequented valleys" (1872) di Amelia Edwards, alle celebri "Wanderungen in den Dolomiten" (1877) di Paul Grohmann e a poche altre perle che raccontano la scoperta delle Dolomiti da parte della buona borghesia britannica ed europea di fine Ottocento.
👉Vuole la leggenda che i viaggiatori ed escursionisti inglesi Josiah Gilbert e George Churchill abbiano visto nel 1862, in una locanda, un quadro raffigurante il Cimon della Pala e, restandone affascinati, abbiano voluto vederlo di persona. Resta il fatto che dopo il loro viaggio esplorativo nelle Dolomiti, al rientro a Londra i due diedero alle stampe il celebre "Dolomites Mountains" destinato a diventare un classico del turismo esplorativo fien de secle.
👉Questa riedizione è del 2003 e riporta anche i disegni degli autori (all'epoca le macchine fotografiche non esistevano ma Gilbert era un ritrattista).

mercoledì 5 dicembre 2012

Sul Monte Luco, aspettando l'inverno

Il Monte Luco (Laugenspitze in tedesco) fa parte della Catena delle Maddalene, montagne poste a cavallo di due distinte aree etnico-linguistiche, la trentina Val di Non e la sudtirolese Val d'Ultimo-Ultental. escursioni_invernali
GPS Monte Luco
Dalla cima in direzione della conca di Merano.
Queste cime sono poco note al grande pubblico ma assai apprez- zate dagli amanti della montagna, come accade nel vicino Trentino con la Catena dei Lagorai.
C'ero già stato salendo dal Passo delle Palade e Malga Luco-Laugen alm, la via forse più praticata e più nota, ed ora ci torno in un autunno inoltrato ma ancora poco nevoso arrivando però da ovest ossia da Malga Castrìn.
GPS Monte Luco
Scarica la traccia GPS da EveryTrail.
GPS Monte Luco
Arrivando dalla cresta ovest: l'anticima, con la cima (e croce di vetta) sulla destra.
La malga è posto di ristoro in estate e si trova poco sopra l'omonimo passo, Hofmahdjoch in tedesco, dove si lascia l'auto. I pascoli della malga hanno la particolarità di essere sottopassati da un tunnel stradale aperto nel 1998 per colle- gare l'enclave tedesca di Lauregno-Laurein e Provès-Proveis con la bassa Val d'Ultimo-Ultental consen- tendo così ai locali di sbrigare le loro faccende senza essere costretti a lunghi "giri dell'oca".
Bait del Batista
Sulla via di rientro: il suggestivo bivacco "Bait del Batista" è  ben arredato ma
privo di posti letto. A dispetto del nome va bene solo come ricovero di emergenza.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Il percorso ad anello di oggi è piuttosto lungo: salire dalla cresta ovest, percorrere il bel crinale di vetta e ridiscendere dalla cresta est (attrezzata con brevi scalette in legno assistite da grosse funi). Per tornare a Malga Castrin ci aspetta un lungo traverso rivolto ad ovest con saliscendi che la neve fa sembrare più lunghi, ma finalmente arriva al bivacco Bait dal Batista (m 2.000), originale costruzione in pietra che s'appoggia alla roccia, un ottimo ricovero in caso di mal- tempo. Il traverso nevoso senza traccia ci ha stancati e rallentati, il lungo ritorno a Malga Castrin ci preoccupa un po'.
In effetti arriviamo alla malga col buio. L'ultimo pezzo che porta al parcheggio si svolge nel bosco, usando il flash dello smartphone come torcia arriviamo senza problemi. C'è proprio un buio pesto!
Sei ore abbondanti (più le soste) per l'intero giro. Il dislivello non supera i 700 metri che salgono però a 1.000 con i vari sù e giù.

lunedì 3 dicembre 2012

Inquadrare col display in montagna?

Chi ci riesce è bravo ma di solito la luce, che in alto abbonda, è di grande ostacolo. Meglio il mirino ottico, anche se datato.
Sulla neve si fa molta fatica ad intravedere qualcosa sui display.
Ed altrettanto al mare, del resto. Così le piccole tascabili senza mirino (e ce ne sono alcune davvero buone) diventano un handicap.
Tanto che spesso ci trasciniamo dietro pesanti e ingombranti reflex solo per poter inquadrare con calma.
👉In attesa di meglio mi accontento di un compromesso accettabile, il sistema "ibrido" microquattoterzi, sensore più piccolo ma qualità sufficiente, obiettivi intercambiabili ma pesi dimezzati e - soprattutto - poter inquadrare col mirino.
👉Per la fotografia di montagna siamo ancora lontani dai risultati che si potevano ottenere con la mitica Minox 35: piccolissima, con l'obiettivo protetto, ed in più manovrabile con una sola mano.
👉Sia l'esposimetro che la lente erano di grande qualità. E la macchinetta aveva un suo bravo mirino galileiano, così ben progettato che te lo trovavi sempre al posto giusto nel momento giusto.

sabato 1 dicembre 2012

Con la scusa del fotovoltaico

Quando le energie alternative diventano una gran bella foglia di fico...
Altopiano di Asiago (Veneto): presso l'agritur di Porta Manazzo.
(foto Mario Otello)
In Sicilia la mafia ringrazia: i grandi campi di pale eoliche sono stati la new-entry del decennio.
👉Qui al nord le cose si declinano in altro modo e l'affarismo di provincia resta cosa minore quando non riguarda il core-business dello sci. Un povero impasto fatto di pochi schèi publici, spesso più europei che locali, qualche amicizia parentale, amministrazioni in mano a geometri e commercialisti di paese. Sullo sfondo di una indifferenza schietta e diffusa, quasi esibita.
E' il popolo dei capannoni che sale in quota, e cosa non fa per un Euro di contributo! A futura memoria resta il saccheggio ambientale, un bel lascito per figli e nipotini, verrebbe da dire.