giovedì 31 gennaio 2013

L'ecologismo radical-chic che schifa il letamaio

La tradizionale malga con cinquanta vacche da latte aveva tutt'altro che impatto zero: cagavano e pisciavano alla grande ogni notte, dal tramonto all'alba, e l'hanno fatto tutte le estati, per decenni e per secoli, e ciascuna di loro pesava qualche quintale.

Il "carico bio" di manze a Malga Fossernica di Fuori, sopra Caoria (Lagorai).
Nonostante ciò i pascoli alti non ne sono usciti con le ossa rotte, deser-tificati o impestati, anzi. Malghe, campigoli e pascoli sono ancora lì a dirci che l'equilibrio si ricreava di anno in anno.
👉E i paesi situati solo qualche centinaio di metri più in basso non sono stati mai decimati dal colera e dalla peste indotti dalle malghe, semmai le epidemie arrivavano dalle città e dai porti di mare.
Il recente Biv. Gervasutti, nel gruppo del
Monte Bianco, che ha eccitato la stampa.
👉Il periodico trasferimento in quota di bestie e uomini aveva poi l'effetto collaterale di garantire la manuten-zione (oggi si direbbe la "messa in sicurezza") delle terre alte. I lavori fatti per portare sù questo carico "bio" hanno salvato, e continuano ancora oggi a salvare, fondovalle e pianura dai disastri idro-geologici (alluvioni e frane).
👉Questo succedeva quando sostenibilità ambientale e interesse economico andavano assieme, così assieme che non c'era nemmeno bisogno di ricordarlo.
👉A vedere certi progetti della new-age architettonica, invece, c'è da chiedersi a cosa servano. Un bivacco che ospita sì e no un migliaio di pernottamenti all'anno viene caricato di fronzoli tecnologici che lo rendono insieme più  costoso e più fragile.
Caricato di sfuggenti significati bio-etico-ecologici che chi va in montagna non sente il bisogno di esibire, un giocattolo così conquista le prime  pagine ma dopo qualche stagione in quota è già in default.
👉Cos'è dunque questo culto ossessivo dell'impatto zero? Impatto zero vuole forse dire che la capsula  viene trasportata in quota dall'elicottero e quello che c'è fra il paese e la capsula viene semplicemente ignorato?
Cos'è, una fissa urbanoide, un riflesso automatico di chi scrive di montagna abitando però in città? Magari nella Torre Velasca o in qualche altra location da archistar?

mercoledì 30 gennaio 2013

A Bolzano fra novembre e gennaio: la passeggiata del Guncina, la bélle-epoque e la betoniera

L'esposizione a sud favorisce la presenza di molte specie arboree mediterranee e asiatiche messe a dimora a fine Ottocento, secondo la moda dell'epoca.
Salendo si incontrano lecci, sequoie, palme, aranci, limoni, sugheri, agavi, fichi d'India, mirti, corbezzoli, olivi, lentischi, bagolari, carrubi, canfora, nespoli, giuggioli. escursioni_invernali
Grazie al suo affaccio a mezzogiorno, questa Promenade può essere piacevolmente percorsa anche nei mesi più freddi, ed in effetti era stata originariamente concepita proprio per questo motivo, un po' come la Winter Promenade di Merano.
Rimane a testimonianza di un'epoca, la belle époque, in cui le classi dominanti sapevano apprezzare il bello, oltre alla vita comoda, e non disdegnavano gli atti di liberalità. Fu ideata ideata e progettata da un rampollo imperiale, l'Arciduca Enrico d'Asburgo, che era grande appassionato di botanica.
Un proprietario della zona, il Dr. Karl von Hepperger, entusiasta dell'idea, cedette alla comunità di Gries il suo terreno sulla montagna e diversi sponsor privati misero a disposizione i finanziamenti per la realizzazione dell'opera.
Nel 1889 il sindaco di Gries, Lintner, nominò il comitato che doveva realizzarla. I lavori iniziarono nell'ottobre 1891 e furono coordinati dall'imperialregio giardiniere di Vienna, conte Vikary.
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La Promenade a gennaio, con il Catinaccio sullo sfondo.
Vedi le altre foto in Google Foto.
Il 30 ottobre 1892 fu inaugurato, con una fastosa cerimonia, il primo tratto della passeggiata fino all'ex Hotel Reichrieglerhof.
In quella occasione venne anche eretto il busto, poi scomparso sotto il fascismo, dell'arciduca Enrico d'Asburgo, che allora viveva a Bolzano.
Ma l'arciduca non ebbe l'occasione di vederla mai realizzata, perchè morì in circostanze misteriose in una suite dell'Hotel Sacher a Vienna, pochi mesi prima dell'inaugurazione.
Il tracciato in Google Earth.
La prima guerra mondiale prosciugò il turismo del bel mondo mitteleuro-peo, il fascismo accorpò il comune di Gries a quello di Bolzano e tutta la zona subì un'intensa urbanizzazione e perdette il suo carattere originario da "Bella Epoque".
In tempi più recenti la parte che scende verso il Rio Fago e sbocca presso la Torre d'Augusto è stata sconciata dalla costruzione della nuova strada provinciale che da Bolzano sale sull'altipiano.
L'ingresso alla passeggiata nel quartiere di Gries (già comune autonomo) com'è oggi a novembre e a gennaio. Si presta bene a variazioni che scendono nel centro della città antica.

sabato 26 gennaio 2013

Dentro quel bar di San Genesio

Non è ancora mezzogiorno quando entriamo in uno dei due bar di Jenesien-San Genesio. Il paese, sospeso nel vuoto, sfoggia una vista mozzafiato sulle Dolomiti.
(*) "I terroni se ne vanno".
Ma è completamente deserto anche se il sole splende alto e luminoso. Solo il bar è affollato, gli avventori sono tutti locali e tutti uomini, l'unica donna è quella dietro al bancone.
Loredana dribbla l'approccio on-deggiante di un uomo di mezza età completamente ubriaco e solo così riusciamo a raggiungere un tavolo.
Uscendo capto un farfugliante "Die Walschen verlassen"(*) che mette rapidamente al loro posto tutti i pezzi del puzzle.

Ecco da dove viene quel senso di chiusura avvertito entrando. Sta nella mentalità che Joseph Zoderer ha magistralmente ambientato in un paese identico a San Genesio. Un libro importante che secondo me è ancora troppo poco conosciuto.

giovedì 24 gennaio 2013

Le 6x9 a soffietto

Erano ideali per i viaggiatori ma anche per gli alpinisti dell'epoca.
Lavoravano su pellicola a rullo e producevano negativi di 6x9 centimetri. Ne ho ereditata una molti anni fa, quando ancora si trovavano in commercio le pellicole formato 120, usate anche dalle blasonate 6x6, le mitiche Rolleiflex e Hasselblad. La qualità dei negativi era decisamente buona, tanto che si  lasciava apprezzare a colpo d'occhio.
Una volta richiuse ingombravano più o meno come una delle celebri guide dei monti d'Italia del TCI-CAI.
A lato vediamo la Kodak Junior del 1933. Aveva un mirino sportivo a traguardo ripiegabile sul corpo macchina e un'altro galileiano a specchio accanto all'obiettivo. Oltre al mini-treppiede incorporato sfoggiava anche un'elegante custodia in cuoio. Che tempi!

domenica 20 gennaio 2013

D'inverno a Forte Dossaccio (Paneveggio)

Domina da nord il Lago di Paneveggio, ben piazzato fra la Catena di Bocche e i Lagorai orientali. Oggi è una cima insignificante che si perde nei panorami del parco, ma è stato un importante caposaldo austroungarico ai tempi della WW1. escursioni_invernali
Camminamento a Forte Dossaccio.
La sua natura appartata e minore la consiglia come meta di un breve giro invernale, volutamente non impegnativo, da fare quando le ore di luce sono poche ma la voglia di sganciarsi dai flussi automobilistici che portano agli impianti da sci è molta. I dati di quota e i tempi di percorrenza, così come tutte le foto e anche la relazione, sono di Gigi.
Relazione:
Scarica la traccia GPS da EveryTrail.
Zoom sul Cimon della Pala con a sinistra Cima Vezzana dal forte.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.

Salendo da Predazzo si supera Bellamonte, si costeggia tutto il lago di Paneveggio e si arriva al breve ponte sul Rio della Val dei Buoi a poche decine di metri da un albergo nei pressi del recinto dei cervi di Paneveggio. Se non si trova parcheggio all’inizio della strada forestale, occorre cercare parcheggio nei pressi dell’albergo e tornare indietro. 

Tenendo a destra il corso d’acqua si arriva nei pressi di uno slargo adibito a piazzale per il deposito di legname e subito dopo ecco un ponte che ci permette di superare il rio. Continuando si arriva in breve a un bivio. A destra la forestale prosegue per Malga Bocche, mentre noi prendiamo a sinistra traversando nuovamente il rio con un ponte.

Si sale attraversando i boschi di abete rosso della Riserva speciale faunistica del Gallo Cedrone denominata Lusia RS1, dapprima con pendenza decisa che poi diventa più comoda intorno ai 1.600 metri.

sabato 19 gennaio 2013

Neve a singhiozzo in questo gennaio 2013

Queste foto sono solo dell'altro ieri. Adesso sta di nuovo nevicando, chissà che cosa ne penseranno i noccioli che, ingannati dal caldo dei giorni scorsi, sono già fioriti. Nel frattempo penso alle belle grigliate di carni e di verdure che stanno già aspettando...

giovedì 17 gennaio 2013

Gli Alpini e la ritirata di Russia - 17 gennaio 1943

Prima del sergente nella neve.
Gli alpini (elmetto bianco) erano in fuga e i russi (divisa
chiara) li travolgevano. Ma era piuttosto difficile da capire,
per chi s'affidava alle frottole delle copertine di Beltrame!
La didascalia recita: «La grande battaglia nell'ansa del Don. - Nei combattimenti che si sono accesi in seguito all'offensiva sovietica, si sono distinti i nostri Alpini, particolarmente quelli della Divisione «Julia», che, con vigorosi contrattacchi, hanno fermato il nemico e lo hanno ricacciato vittoriosamente».
Questa era la propaganda di guerra del regime fascista, cui la stampa era tenuta ad uniformarsi.
I pennivendoli dipingevano un quadro ben diverso da quello che cominciarono a raccontare i sopravvissuti, dopo essere tornati fortunosamente alle loro case.
Non basta: bisognò attendere ancora anni e anni perchè dal torpore democristiano del dopoguerra emergessero le due testimonianze che hanno definitivamente squarciato il velo: "Il sergente nella neve" di Mario Rigoni Stern e "La strada del davai" di Nuto Revelli.
Ed è stato solamente molti anni più tardi che qualcuno, non a caso non italiano, ha finalmente piazzare l'indispensabile tassello: "Invasori, non vittime", alla faccia del mito degli "italiani brava gente".

martedì 15 gennaio 2013

Sul Macaiòn dalle Regole di Malosco

Questa bassa cima (m 1.868) fa parte della lunga Catena della Mendola, che separa la Valle di Non dalla Val d'Adige e che ha nel Monte Roèn (m 2.116) la sua massima elevazione. escursioni_invernali
La vetta del Macaion con il segnale trigonometrico di quota 1.868.
La Val d'Adige verso Bolzano. Sciliar, Catinaccio e Latemar sullo sfondo.
Il Gantkofel (è il suo nome tedesco) può essere raggiunto dal Passo delle Palade ma per chi viene dal Trentino è meglio optare per l'alta Val di Non e partire dal Lago di Tret oppure dalle Regole di Malosco.
Questa seconda scelta, che è la nostra, impone 300 metri di dislivello in più.
La nostra meta ha la forma di uno spiazzo erboso che si trova a perpendicolo sulla Val d'Adige di fronte a Terlano, in una posizione panoramicamente invidiabile.
In vista non c'è solo la conca meranese con le cime di Tessa e delle Passirie ma anche la Val d'Adige nel tratto Bolzano-Merano, i monti Sarentini e le più classiche cime delle Dolomiti, a partire da Sciliar, Catinaccio e Latemar.
Più a sud i monti dei Lagorai, perfettamente distinguibili.
Una zoomata verso il grigio Picco Ivigna, la montagna di Merano.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Ci si può salire dal Passo delle Palade ma per chi viene dal Trentino è meglio optare per l'alta Val di Non, partendo dal Lago di Tret oppure dalle Regole di Malosco.
Questa seconda scelta, che è la nostra, impone 300 metri di dislivello in più.
Si lascia l'auto al parcheggio situato alle Regole di Malosco, località
che si raggiunge seguendo la strada asfaltata che abbandona la sta-
tale della Mendola presso Ruffrè. Fra andata e ritorno 5-5:30 ore,
più le soste. Il dislivello è di 550 metri, quello cumulativo è di 800.
Scarica il tracciato GPS da EveryTrail.
Il percorso si svolge interamente nel bosco, prevalentemente su forestale e non presenta difficoltà alcuna.
D'inverno è un bel percorso da ciaspole, ma il clima insolitamente caldo degli ultimi giorni ha sciolto e righiacciato la poca neve che c'era e così abbiamo trovato le forestali impestate da lunghe chiazze gelate con ghiaccio duro e ostinato, vere trappole per gli scarponi.
Ma Gigi ha dei ramponcelli con catene e punte ed io sono qui a collaudare un paio di pedule "chiodate" autocostruite.
Entrambe le soluzioni ci hanno tenuti in piedi dall'inizio alla fine.
Solo Gigi ha fatto un volo quando, di ritorno all'auto, se li è tolti cadendo vittima del "volo dell'ultimo metro" ma, appunto, non è stata colpa dei ramponcini.
Le due diverse soluzioni hanno fatto degnamente il loro lavoro.

domenica 13 gennaio 2013

Scarponi bullonati

Come alternativa alle catene da scarpa ho provato i chiodati. Meglio: me li sono autocostruiti, perchè in commercio non si trovano.
scarponi bullonati
Le pedule con chiodatura fatta in casa: viti a testa esagonali 4,2x13 millimetri.
Per i perfezionisti segnalo il sito della Best-grip che produce chiodi specifici da
scarpone pesante. Ma il negozio di Strigno (Valsugana), li aveva finiti e quindi...
Niente di nuovo sotto il sole, visto che i nostri vecchi usavano corren-temente le scarpe "co' le broche".
👉In ferramenta non avevano viti autofilettanti a testa esagonale della misura giusta e così ho ripiegato sulle autoforanti (hanno in punta un simil-scalpello).
👉Il montaggio non richiede astuzie particolari e li ho provati in giardino, sembravano funzionare bene.
👉Il collaudo sul campo è stato fatto sulle strade forestali della Val di Non, ghiaia, sassi, lastre di ghiaccio duro, neve ghiacciata.
Al ritorno dal Monte Macaiòn tutti i bulloni erano ancora al loro posto e non ero volato neanche una volta.

giovedì 10 gennaio 2013

Il modesto Monte Biaena, tra lo Stivo e Rovereto

E' una cima minore, sempre trascurata a vantaggio del vicino Monte Stivo che con il suo panorama circolare s'impone di prepotenza. escursioni_invernali
L'alta Val di Gresta e il paese di Ronzo Chienis visti dal Monte Biaena.
Ma nei mesi invernali come questi, con poca neve, giornate brevi e tempo ballerino cimette così possono diventare interessanti.
Dal parcheggio auto, poco lontano da Passo Bordala, sono solo 400 metri di dislivello. Tutte le foto e anche la relazione sono di Gigi.

La lunga dorsale Monte Stivo-Monte Bondone vista dal sentiero di rientro.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Dal Passo Bordala s’imbocca la strada asfaltata per Malga Somator seguendola fino a un bivio con un parcheggio. Un segnavia indica il M. Biaéna a destra mentre noi saliamo seguendo le indicazioni per Malga Somator. La strada conduce in salita fino a 1.330 metri per poi calare alla Malga dove, proprio di fronte a quest’ultima, inizia il sent. 673; sentiero classificato EE con tratti attrezzati.
Scarica la traccia GPS da EveryTrail.
Il sent. sale subito ripido per poi pianeggiare arrivando in un bel punto panoramico (tavolo e panche) da dove riprende l’erta giungendo alla cresta sud/est del sovrastante M. Biaéna. Il sent. 673 segue tutta l’articolata cresta, tenendosi quasi sempre fuori dai ripidi boschi che abbiamo a destra, con un paio di perdite di dislivello e ampli panorami sul Trentino orientale (dal Lagorài a C. Carega) e la sottostante Val dell’Adige.
Nella parte alta del percorso troviamo da 1.500 metri circa in avanti il primo dei tre tratti di sentiero attrezzato; l’ultimo spezzone oltre al cavo metallico

lunedì 7 gennaio 2013

L'Atlas Tyrolensis in alta risoluzione

cartografia alpina
Wikipedia tedesca dedica all'Atlas Tyrolensis una bella pagina che contiene quattro link a file in alta risoluzione.
Metto qui il solo link al quadrante sud-ovest che comprende il Sudtirolo ed il Trentino occidentali, ma sulla pagina Wiki c'è l'intero l'Atlas.
Anche per avere notizie sul suo autore bisogna ricorrere alla versione tedesca.
Mentre l'assessorato all'urbanistica della Provincia Autonoma di Trento se la cava con un misero rimando a quella di Bolzano (che non è poi così ben messa neppure lei).
E pensare che quest'opera settecentesca di Peter Anich è una pietra miliare della cartografia del Tirolo storico, un riferimento noto e unanimemente riconosciuto.

sabato 5 gennaio 2013

Birra e Würstel, sangiovese e salamelle

La montagna non è molto vegetariana, piuttosto va di würstel e salsicce; nelle attese di chi s'avvicina al rifugio ci sono di solito più insaccati che brodini.
Nel parco della piazza di Felino (Parma): il monumento al
baghino che è stato eretto nel 2003 dalla amministrazione
 comunale della cittadina per esprimere riconoscenza all'ani-
male che (come è stato scritto nella motivazione ufficiale)
tanto ha contribuito a "creare benessere economico
e sviluppo sociale".
Paese che vai, maiale che trovi. Popoli parimenti legati all'economia suina possono infatti esprimere sensibilità molto diverse.
La parmense Felino dedica al maiale un tributo, un riconoscente ringraziamento.
Nella piazza del mercato della danubiana Ulm, viceversa, la targa che celebra le vittorie prussiane del 1870 scandisce che «Auch auf der Markt der Säue / wohnt echte deutsche Treue», anche al mer-cato del maiale batte un cuore tedesco leale.
Come ha osservato acutamente Claudio Magris «Questa rima tra scrofe (Säue) e fedeltà (Treue) è già una maligna caricatura di quella che, in pochi anni, sarebbe diventata la volgarità del ricco e potente Secondo Reich» del re-imperatore Guglielmo II° e, soprattutto, del Cancelliere Bismarck». Eh già!

mercoledì 2 gennaio 2013

Il Vinschger Paarl, pane nero a forma di 8

E' originario della Val Venosta ma preparato in tutto il Sudtirolo. E' composto da u-
na una miscela di farine di segale e di frumento tipo zero. La segale era il cereale
più diffuso in Val Venosta perché resiste bene all'aridità e al freddo, cosa che spie-
ga come mai la media e alta valle fossero considerate il granaio del Tirolo.
Si sa, i sudtirolesi sono degli artisti della panifi-cazione e certe vetrine natalizie sono delle vere "boutique del pane".
Questo pane nero si presenta come una coppia di pagnotte di forma rotonda e appiattita (diametro dai 10 ai 30 cm e spessore di 2-3 cm).
Ha crosta marrone, mollica soffice e brunita, sapore intenso e speziato, soprattutto di semi di finocchio, ma anche cumino. Non è dunque un pane a lunga conservazione, come il classico Schüttelbrot, ma di pronto consumo.
La bianca Abbazia di Monte Maria (foto Wikipedia) presso Malles Venosta.
La sua variante Ur-Paarl nach Klosterart,
che significa più o meno "l'originario pane di segale doppio alla maniera del convento”, è la variante più antica del Vinschger Paarl.
I depositari della formula madre sono stati i frati benedettini del'Abbazia di Monte Maria che sta sopra Burgusio, nel comune di Malles.
👉La riscoperta dell’Ur-Paarl si deve al l’ultimo frate fornaio, frate Alois Zöschg, e a un gruppo di panificatori dell’alta Val Venosta, che oggi confezionano questi pani.