giovedì 28 novembre 2013

Sul Monte di Mezzocorona

Prima del 1965 il Monte di Mezzocorona si poteva raggiungere solo per una stradetta da muli o tramite il sentiero pedonale oggetto dell'escursione.
funivia di Mezzocorona
Il sentiero che sale ripido dal paese sbuca nei pressi della stazione a monte della
piccola funivia che da cinquant'anni collega la Piana Rotaliana e le sue residenze
"ai freschi". E' un giretto fatto apposta per le mezze stagioni.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Per il trasporto dei materiali esisteva già una teleferica ma le case "ai freschi" che già punteggiavano il piccolo altopiano andavano raggiunte a piedi.
Il tracciato in Google Earth.
Con gli anni del boom e della motorizzazione arrivò anche la funivia per le persone.
Un impianto piccolo, breve e ardito con una cabina minuscola, da 5 persone, le quali però venivano trasportate "a mònt" in soli 3 minuti, una novità incredibile. La fatica di vincere i 622 metri di dislivello veniva così annullata.
All'epoca la campata unica, così ripida e che passava assai vicino alla parete di roccia a strapiombo su Mezzocorona era vista come un prodigio della tecnica.
La funivia è stata rammodernata nel 2005 e anche parzialmente automatizzata.
Per fortuna non è stata trasformata in un impianto-monstre, i posti sono solo sette.
Il sentiero che sale dalla stazione a valle è ripido ma regolare e ben tracciato, a tratti è anche scavato

martedì 26 novembre 2013

Liberarsi dai rottami

Certe scoperte arrivano inaspettate, come fulmini a ciel sereno.
brutture della speculazione
Sbarcando a Firenze dopo molto tempo la domanda sorge spontanea: "Ohibò,
dov'è finita l'orrenda pensilina?". Costruita con la scusa di Italia 90 (campiona-
ti di calcio) la pensilina,  tirata sù con soldi pubblici dai rampanti di allora, si era
via via trasformata da sfregio  urbanistico ad attrattore del degrado e luogo di
spaccio. Nel 2010 l'amministrazione comunale ha finalmente deciso di abbat-
terla. Dunque, volendo, i rottami si possono abbattere e portar via...
Liberarsi dal ciarpame edilizio del craxismo/berlusconismo è possibile.
Confinare nel dimenticatoio gli inventori del condono edilizio, della politica appaltata agli affari, dell'urbanistica debole fatta di conoscenze e tangenti, dell'estetica del trend&brand purificherebbe l'aria che si respira, dalle città alle stazioni sciistiche ...
Oggi gli spazi attorno alla stazione di Santa Maria Novella hanno ripreso il loro
aspetto di un tempo e sono anche diventati decisamente più vivibili.
Mettere queste tossine in frigo, smettere il culto del pensiero unico del mercato e della frenesia urbana sarebbe anche una bella spugnata sui cognomi ingombranti, sempre ansiosi di essere coinvolti e compromessi, come quel Cristiano Toraldo di Francia che firmò lo stupro della stazione di Firenze, un gioiello architettonico che il mondo intero ammira e ci invidia.
Quassù da noi gli esempi che invocano un trattamento analogo non mancano, anche in Sudtirolo, dove il ventennio di Durnwaldner ha scaricato tonnellate di cemento un po' dappertutto, vellicando gli esibizionismi di piccoli architetti e geometri di provincia.
Non sarebbe ora di abbattere qual-cosa anche qui, nelle "terre alte"?


mercoledì 20 novembre 2013

Castel Pagano (tra Val di Bresimo e Val di Rabbi)

Si chiama così quel monte tozzo dove ha termine la Val di Bresimo, proprio sopra le due malghe Bordolona (Bordolone?).
Castel Pagano
Il passaggio alto fra la Val di Bresimo e la Val di Rabbi avviene attraverso il Passo
Palù (m 2.412) che separa Castel Pagano da Cima Tuatti e si trova oggi lungo
il Sentiero Aldo Bonacossa, l'alta via escursionistica che collega il Passo del-
le Palade a Rabbi (fraz. Penasa). Il Castel Pagano - da dove è stata scattata la
 foto - è in genere trascurato dagli escursionisti, e quindi garantisce tranquillità.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Siamo nel versante trentino delle Maddalene, bella, lunga e ariosa catena  montagnosa al confine linguistico italo-tedesco, dove più che altrove il mistilingue sembra essere un codice accettato da entrambe le parti.
GPS Castel Pagano
Il percorso visto in Google Earth.
Perfino gli orgogliosi sudtirolesi della Ultental/Val d'Ultimo riconoscono le loro cime poste a mezzogiorno come facenti parte del meridione italico, tanto è vero che ne parlano come dei monti della Nonstal (Val di Non), ponendo per un attimo da parte il diffuso termine weslch, ossia "levantino", che fuor di metafora significa praticamente terrone.
👉Questi monti mi piacciono perchè sono fuori dai circuiti degli impiantisti, un fatto che li avvicina ai Lagorai che ho giusto dietro casa.
Sono molto frequentati da quelli del posto, e ciò - sempre per me - è già da sola una bella garanzia.
Non assoluta, certo, ma insomma...
Tutto ciò detto, questo giretto estivo non ha molte pretese ma merita per l'ambiente, che definirei da estimatori, gente abituata alla sostanza del monte dietro casa ("a mont") piuttosto che a una notorietà

domenica 17 novembre 2013

Sul Monte Pin dalla Val di Bresimo

Arrivando a Cles non si può fare a meno di notare un'alta piramide erbosa che guarda Cles da settentrione e promette grandi panorami.
Facile cima panoramica ad un'oretta di cammino dal bivacco Malga Binagia.
Vedi le altre foto Google Foto.
E' il Monte Pin, una cima di per sè facile e che decidiamo di rag-giungere da dietro, prendendola dalla Val di Bresimo, più che altro per  avere una scusa per fare tappa al bivacco ricavato dai locali della Malga Binagia Alta, molto ampio e confortevole, da poco dotato anche di materassi e coperte, che fino allo scorso anno mancavano.
Nota: il tracciato della salita al Monte Pin é quello rosso. Quello giallo riguarda la
salita dal parcheggio auto al Bivacco Malga Binagia Alta.
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.
Diciamo fin troppo confortevole, visto che c'è perfino il w.c. e la doccia, una cosa cosa che secondo me sembra attirare qualche cafone di troppo (abbiamo trovato le proteste della sezione SAT per le condizioni in cui hanno trovato i locali).
Secondo me bivacchi un po' più spartani terrebbero a distanza un certo tipo di gente... personalmente non vado in montagna per farmi la doccia e per lavarmi basta l'acqua delle fontane, che almeno sono all'aperto.
👉Il bello della gita è proprio dormire in bivacco, il giorno dopo rimangono da fare solo 300 metri fino alla cima; la camminata sul comodo sentiero SAT è comoda e panoramica e l'ambiente delle Maddalene è come sempre ampio e rilassante. Peccato per la nuvolaglia stagnante sulla Val di Non, niente vista sul lago. Sarà per un'altra volta, magari salendo da Malga Lavazzè (versante di Rumo)...
Più noioso si prospettava il ritorno a valle lungo la forestale che cala in Val di Bresimo ma il malgaro (sudtirolese della Val d'Ultimo con aiutante rumeno) s'è offerto di darci un passaggio sul suo fuoristrada.
Come rifiutare?

Quote e dislivelli (dal bivacco): escursioni_estive
Quota di partenza: m 2.138 (Biv. Binagia) 
Quota di arrivo: m 2.419 (Monte Pin)
Quota massima raggiunta: m 2.419 (Monte Pin)
Dislivello assoluto: m 300 circa
Dislivello cumulativo in salita: m 343
Dislivello cumulativo in discesa: m 330
Lunghezza con altitudini: 4,85 chilometri
Tempo totale netto: 2:00 ore
Difficoltà: E
Nota: per raggiungere il bivacco dall'auto bisogna aggiungere altri 768 metri di salita su strada bianca.

Descrizione del percorso:
Lasciata l'auto a quota 1.370 si segue la forestale fino a Malga Binagia di Sotto (m 2.010) e poi a Malga Binagia di Sopra (m 2.138). Dalla malga-bivacco si segue il sentiero SAT 131B che da quota 2.300 in avanti prosegue come SAT 131 fino alla vetta del Monte Pin (m 2.419). Ritorno sul medesimo percorso.

Come arrivare:
Da Cles si prosegue verso Malè. Superato il Ponte di Mostizzolo prendere a destra per Cis e quindi per Bresimo. Si prosegue oltre il paese di Bresimo su strada asfaltata ma stretta fino a quota 1.370 dove sulla destra (piccolo spiazzo per parcheggiare) si diparte la sterrata chiusa al traffico che sale alle due malghe Binagia.

giovedì 14 novembre 2013

L'autunno, le castagne e il Cacìn ligure

L'autunno è tempo di castagne e vino novello, questo vale sia per le Alpi che per l'Appennino, in questo caso ligure. E' passato un quarto di secolo e prima che tutto finisca nel dimenticatoio...
cacin ligure
Farina di castagne, acqua e sale sono
i soli ingredienti del cacìn, focaccette
rustiche cotte in formelle di terracotta
 che nell'alimentazione d'un tempo ave-
vano un'importanza pari alla polenta.
Foto scattate nel 1989, in un piccolo paesino dell’Appennino Ligure: siamo in quel di Agnola, 500 metri d’altezza e un pugno di case in provincia di La Spezia.
"Nelle foto è ritratta Liliana mentre prepara il Cacin. Un cibo un tempo fin troppo normale, per non dire quotidiano, della cucina ligure di montagna, oggi divenuto cosa rara. Allora, senza neanche rendermene conto, ho documentato una testimonianza, uno scampolo importante della ormai scomparsa civiltà contadina della Liguria, ma andiamo con ordine.
Un tempo l’Appennino ligure era, in pratica, un’unica distesa di boschi di castagno – le conifere odierne sono conseguenza di pratiche forestali del ‘900 – tanto che alcuni studiosi parlano di “civiltà della castagna”, infatti, era la castagna a rappresentare, fin troppo spesso, l’alimento a disposizione più abbondante. La castagna ridotta in farina era la “polenta” di questi monti e, come mi hanno raccontato anziani contadini, senza di essa la fame sarebbe stata certamente signora incontrastata!
Quando si tenevano le “veglie”, quelle che in Trentino si chiamavano “filò”, le riunioni serali nelle cucine o nelle stalle, si cucinavano le “rustie”, castagne arrostite al fuoco dei camini nella classica padella forata.
Le umili castagne si prestavano anche per fare i “balletti” quando erano semplicemente lessate con la buccia e poco sale. In questo caso l’acqua di cottura assume un colore marrone per nulla trasparente, ecco allora che un antico detto genovese, riferendosi a un affare infido o a un losco individuo, li definisce con sarcasmo: ”Caeu comme l’aegua de balletti”.
Chiedo venia per la grafia inesatta, infatti, il grafema ae di caeu e aegua andrebbe scritto sormontato dalla dieresi ^ (la pronuncia è: “cieu cumme l’egua de balletti” – la traduzione: “chiaro come l’acqua dei balletti”).
Se le castagne erano lessate fresche con un po’ di semi di finocchio, si parlava delle “peae”, le pelate. Ancora con farina di castagne si prepara il conosciuto “castagnaccio” dove uvetta, pinoli, semi di finocchio e olio rendono la pietanza un ricco piatto.
Un altro tipo castagnaccio è la “pannella” i cui ingredienti sono latte, pinoli, noci, olio, sale e bucce di mandarino; quest’ultime sono tagliate a pezzetti e sparse sull’impasto per poi passare alla cottura. Un dolce della mia giovinezza che cucinava mia madre, le chiamava “cuculli”, erano delle frittelle preparate con la farina di castagne, acqua e un po’ di lievito, quindi fritte e 
cacin ligure
Per la cottura del cacìn si utilizzavano
piccoli tegami di terracotta arroventati.
cosparse di zucchero a velo.
Ma torniamo al Cacin!
Gli ingredienti sono veramente semplici: farina di castagne, acqua e un pizzico di sale.
Con questi si prepara una pastella, accuratamente mescolata per evitare grumi, quindi si passa alla cottura.
Ora servono i “testi”, tegami di terracotta spessi circa un paio di centimetri e con un bordo poco profondo, le foglie di castagno e una stufa a legna.
Attenzione però perché, come mi ha insegnato Liliana, non tutte le foglie di castagno vanno bene! Ci sono foglie più strette e altre più larghe, solo queste ultime vanno bene. Colte per tempo, messe a seccare accuratamente, poi impilate in mazzetti sotto un poco di peso, così da avere alla bisogna una foglia bella piatta.
I “testi” vanno messi direttamente nelle fiamme della stufa, dove si sarà preparato un bel fuoco, utilizzando buona legna da ardere del diametro di circa 3 cm.
Quando i tegami saranno caldissimi e di colore rosso, si tolgono dal fuoco, impilandoli uno sopra l’altro perché non si freddino, quindi si cucina il cacin.
Preso un tegame, si copre con tre foglie di castagno, si versa la pastella di castagne, si copre con altre tre foglie disposte parallelamente al primo strato, quindi si aggiunge un altro tegame e così via.
La pastella, protetta dalle foglie di castagno, è cotta in pochi minuti dal forte calore dei tegami. Infine si procede a pulire il cacin dai rimasugli delle foglie, che si sono più o meno bruciate, e si può consumarlo subito così com’è, oppure assaporarlo dopo averlo cosparso con un buon gorgonzola o con fette di salame o della salciccia, roba da signori insomma!
Ai contadini di un tempo, andava già bene, quando lo consumavano nella sua forma più elementare, era il pane quotidiano spesso senza companatico."
(sia il testo che le foto sono di Gigi, è lui che dovete ringraziare...)

mercoledì 13 novembre 2013

Mezza tenda e mezzo sacco a pelo

E' una struttura gonfiabile super-economica fatta con il materiale dei teli isotermici d’emergenza e pesa 270 grammi: metterebbe al riparo a una persona e da chiusa occuperebbe il volume di un maglione.
Il progettista Andrea Paroli dice che potrà essere utilizzata per tre giorni consecutivi e ne stima il costo di produzione in circa 3 euro.
Presentato come tesi di laurea nel 2010, il progetto ha suscitato l’interesse di un’azienda privata, che ha avviato la prototipizzazione. Staremo a vedere.
Da mettere nel bagagliaio dell'auto sotto la voce "per ogni evenienza"?

domenica 10 novembre 2013

Sul Corno di Pichea (nelle Alpi di Ledro)

Un triangolo di montagne incastrate fra il Garda e le Giudicarie, periferico e dimenticato da (quasi) tutti.
Il Corno di Pichea, lungo la cresta che unisce la Bocca di Trat alla Bocca
dell'Ussol, tra il Lago di Garda e le Giudicarie, con l'Adamello e la Presa-
nella sullo sfondo. Siamo nell'alta Val di Concei, vicino a Bezzecca, tra
il Trentino e la Lombardia.
Non più terre dolomitiche ma non ancora prealpi lombarde.
Qui correva il vecchio confine fra il sabaudo Regno d'Italia e l'imperialregio Impero asburgico  dopo il 1866, quando gli imperiali persero i  territori del lombardo-veneto e tra queste cime minori passava un tratto di fronte della "guerra delle trincee".
I colori dell'autunno ci accompagnano lungo i vecchi percorsi militari della WW1.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
L'attuale rifugio "Nino Pernici", che raggiungiamo con breve deviazione dalla Bocca di Trat, è ricavato dalle vecchie costruzioni militari austriache. L'intera escursione, del resto, si svolge su percorsi ex-militari.
I segni della WW1 sono ovunque: trincee, scalette, caverne, postazioni.
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
Il nostro percorso utilizza appunto sentieri militari e si snoda lungo la aerea cresta che nell'alta Val di Concei collega la Bocca di Trat alla Bocca dell'Ussol, tra il Lago di Garda e le Giudicarie con al centro il Corno di Pichea (m 2.147) e il monte Tofino (m 2.151).
Queste due cime sono vicine ma separate da una marcata insellatura e, visto il tempo nuvoloso, ci siamo limitati alla prima.
Sarebbe stata una camminata molto remunerativa, peccato per le nuvole che coprivano il Lago di Garda.
Per fortuna il cielo a nord era più libero, e così una fugace occhiata ad Adamello e Presanella abbiamo potuto darla.
Sulla via del ritorno abbiamo fatto una breve digressione per salire alla Mazza di Pichea (m 1.879), che guarda dall'alto la Bocca di Trat e il rifugio Pernici.

giovedì 7 novembre 2013

Lo Zwiebelrostbraten e la mutazione delle birrerie Forst

Lo stabilimento di produzione ha sede a Forst/Foresta, all'imbocco della Val Venosta, lungo la statale che porta a Passo Resia.
E' una delle poche birrerie cittadine a conservare un vero e proprio Biergarten interno.
L'interno della birreria dopo la ristrutturazione del 1951-51.
Il centro storico di Merano ospita invece l'antica Birreria Forst, che risale al 1869 ed è tutt'ora in attività.
👉Il suo aspetto attuale risale al 1952 ed è quello riportato nella foto in bianconero.
Ben conservati gli arredi in legno, improntati ad un gusto "anni '40" di stampo razionalista, mischiato con elementi e motivi tirolesi.
👉In puro stile "bavarese" è invece il Biergarten, il cortile interno alberato, con tavolini e sedie tipo "festa campestre".
cucina sudtirolo
Lo Zwiebelrostbraten (arrosto di manzo con cipolle) è uno dei piatti forti della tradi-
zione gastronomica tirolese. E' strano che sia silenziosamente scomparso dal me-
nù delle birrerie Forst, che si fanno fanno un vanto di queste cose. Pare inspiegabile.
Questa birreria-ristorante meranese fa parte della catena di birrerie Forst ufficiali, una rete che arriva fino a Trento e a Trieste (città che d'altronde sono state austroungariche fino al 1918). Ce n'é una (molto piccola, perfino a Venezia.
👉Le pietanze dovrebbero essere ancorate ai piatti della tradizione austriaca, alpina e tirolese ma ci sono vistose assenze: non ho trovato nè la Wienerschnitzel, nè i Gröstl, nè i giustamente celebri Kaiserschmarren.
👉Ma sopra ogni cosa manca il vecchio Zwiebelrostbraten. Non è una bella impressione, insomma è proprio come se nelle trattorie dei Navigli avessero cancellato dal loro DNA il risotto alla milanese. Mah!

sabato 2 novembre 2013

Sul Monte Cengello da Conseria (Lagorai)

Lunga e varia escursione ad anello che comprende la salita su uno dei profili più belli del gruppo di Cima d'Asta.
Dalla cima sassosa e erbosa del Monte Cengello (dopo esserci arrivati) si gode una magnifica vista aperta sui Lagorai centrali.

La Forcella delle Buse Todesche, dove il percorso cambia versante, qui ripresa
dal lato che si apre verso Malga Conseria e i Lagorai occidentali.
Vedi le altre foto in Google Foto.
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.
Questo giro utilizza la Forcella delle Buse Todesche per passare da un versante all'altro (e così cambiare completamente i panorami).
E' un percorso molto vario e ricco di mete intermedie: il Baito Cengello, le Buse Todesche e la omonima forcella, la doppia cima del Cengello, il ricovero Tenente Cecchin, il Baito Lasteati.
Tanto che verso la fine ho lasciato perdere Forcella Magna (di per sè meritevole) e perfino i Laghetti di Lasteati, appena sfiorati al rientro.
👉La meta del giorno viene anche chiamata, con qualche esagera-zione, "il Cervino dei Lagorai" ma è anche vero che il suo profilo, come lo si vede salendo da Malga Conseria, non è affatto banale.
👉La salita a questo corno roccioso di 2.439 metri, a prima vista inattaccabile, avviene dall'unico lato debole, ovvero il versante nord, dove un erto passaggio sassoso permette di superare il muro che circonda quasi completamente la cima.