mercoledì 30 aprile 2014

Il Primo Maggio nelle terre alte

"Luft der Stadt macht frei", un richiamo che montanari, contadini e coloni della montagna hanno pagato caro.
I montanari del Novecento la festa del Primo Maggio non l'hanno mai sentita, nè
potevano sentirla. Scappavano dalla fatica e dalla precarietà delle terre alte per
approdare alle fabbriche dei fondovalle, ma finivano in un mondo in perpetua
ebollizione che li stordiva e che aveva in fondo il segno della perdita, dell'estra-
niazione e dell'abbandono.
Una delle valli trentine più colpite fu la Valle di Cembra: una grande fuga verso
le fabbriche di Lavis e Trento... che oggi è giunta a compimento: la "cattedrale
del lavoro" battezzata dal clericale Flaminio Piccoli ha appena chiuso i battenti.
Sempre oggi, quando vedo gli sgrebeni di cespugli e porfido della Val di Cembra
 trasformarsi via via in giardini a vigna così belli da fare invidia alle terre del
Chianti so bene che il processo può sembrare più un effetto collaterale della
"grande crisi" economica che una scelta consapevole. Una scelta capace di
guardare in avanti facendo leva sulle proprie radici. Eppure...
Quando ci hanno creduto, l'hanno pagata cara, sradicamento e abbandono, tanto che oggi i miti fondativi dei popoli di montagna evocano mondi pre-moderni.
L'industria, il progresso, l'affran-camento dal servaggio, le libertà personali, le leghe di mutuo soccorso, i sindacati e il sogno di una palingenesi sociale incarnata nella Rivoluzione d'Ottobre: per loro sono tutte storie di pianura, di grandi numeri e di grandi speranze, incapaci di legarsi alla loro vita, allo stesso tempo anarchica e conservatrice, individualista ma generosa, ignorante ma intelligente, religiosa ma libera, spesso portatrice di una spiritualità più in contatto con la terra che con i chierici.
Un'epica disperata, una perdita magistralmente fissata da Nuto Revelli nel suo "La guerra dei vinti", una storia piemontese che vale anche per il Trentino-felix. Che questi anni Duemila segnino forse il giro di boa?

domenica 27 aprile 2014

Fotografare il cielo azzurro

Coinvolgere i cieli azzurri nel tentativo di migliorare la nitidezza peggiora la "grana percepita".
 Cielo non mascherato
Quando un file Raw viene aperto la nitidezza (attiva per default) è impostata
su questi valori: fattore 25, raggio 1 pixel, dettagli 25, mascheratura 0.
L'immagine mostra una parte del file zoomato al 200% (click per ingrandire).
Per evitare questo "effetto collaterale" bisogna escludere il cielo dall'aumento di nitidezza.
Infatti, se i dettagli dei monti diventano più nitidi, purtroppo l'azzurro uniforme acquista uno sgradevole effetto grana sicchè l'effetto complessivo peggiora.
Il modo più veloce (ma non l'unico) per migliorare i risultati che Photoshop ottiene con le sue regolazioni di deafult è quello di "mascherare il cielo". Di che si tratta? 
Cielo mascherato.
Lo stesso file aperto con i gli stessi valori di default ma aggiungendo una
mascheratura del 33% (tenendo premuto il tasto Alt mentre si agisce sul
cursore si visualizza l'area interessata dalla mascheratura e se ne può quindi
controllare l'estensione). La nitidezza dai monti è rimasta quai uguale ma il
cielo azzurro è stato preservato dal fastidioso "effetto grana".
Se si lascia fare alle regolazioni di default del programma, già all'atto dell'apertura del file Raw, Photoshop applica automaticamente un fattore di nitidezza 25 con raggio di 1 pixel e
dettagli pari a 25, come nella prima immagine riportata a lato (cliccare per ingrandire).
I valori possono essere variati al volo dalla scheda Dettagli/Nitidezza della schermata iniziale ma ciò che ci interessa è che agendo col cursore "Mascheratura" si può escludere il cielo dal comando per minimizzare la presenza di artefatti particolarmente fastidiosi quando è uniformemente azzurro.
(foto scattata con una Lumix G2, sensibilità 100 ISO, lunghezza focale equivalente 28 mm, tempo 1/640, f:8)

venerdì 25 aprile 2014

La strage di Stramentizzo

Un fatto poco noto è che l'ultima strage nazista in Italia avvenne proprio in Trentino.
Storia e memoria non sempre vanno d'accordo. Tra i civili,
molti ignoravano le ragioni e le dinamiche della guerra e
attendevano semplicemente la sua fine dimenticando
che la strategia nazista prevedeva di instaurare il terrore
come mezzo di controllo e sottomissione.
C'erano anche i collaborazionisti locali, che nel dopo-
guerra si sarebbero dati da fare per diffondere nell'opi-
nione pubblica una storia riscritta e tentare un'impossibile
riabilitazione delle ragioni naziste appoggiandosi a quanti
allora attuavano una "politica della dimenticanza".
Più che un singolo episodio si tratta di un grappolo di scontri e rappresaglie che accompagnarono la ritirata nazista lungo le valli dell'Avisio e che culminò nel massacro di 31 persone, fra partigiani e civili,  nei pressi di Cavalese tra Stramentizzo e Molina di Fiemme:
il 28 e 29 aprile a Piazzol, vicino a Molina: morti un partigiano e un soldato tedesco;
 il 2 maggio tre giovani (di 17, 18 e 19 anni) uccisi per rappresaglia a Castello;
 il 3 maggio in località Miravalle, presso Capriana, in uno scontro a fuoco tra una pattuglia di partigiani e l’avanguardia di una colonna di SS perdono la vita un partigiano e due soldati tedeschi e in un successivo scontro presso Stramentizzo cadono un altro partigiano ed un altro soldato tedesco; numerosi i soldati tedeschi fatti prigionieri;
 il 4 maggio, un battaglione di SS attacca prima Stramentizzo e poi Molina: 31 i morti accertati (17 partigiani e 14 civili inermi: uomini e donne, uccisi nelle loro case), 9 le case bruciate a Stramentizzo, 19 a Molina. Le cronache parlano anche di 30 morti e 10 feriti tra i soldati tedeschi.

A margine va ricordata la vicenda di Giorgio Marincola, il "partigiano nero" caduto a negli scontri di Molina (accuratamente censurata nel cinquantennio DC).

giovedì 24 aprile 2014

Quando il cuore batte a destra (piccole patrie vs grandi democrazie?)

I Gurkha assoldati dai britannici, gli Ascari assoldati da Mussolini, le Guardie Svizzere assoldate dal Vaticano...
Nella città della Controriforma iniziative come questa
fanno ben sperare. Vuoi vedere che nonostante le
tossine del ventennio berlusconide,  i valori dei
padri fondatori sono ancora riconosciuti dai nipoti?
...ma anche gli Schützen tirolesi che barattano la sottomissione feudale con l'esenzione dalla coscrizione nell'esercito asburgico, o i volontari del CST trentino che agli ordini dei nazisti danno la caccia ai "Banditen" della resistenza locale.
Insomma, quando i regimi reazionari cercano gente disposta a tutte le infamie e priva di freni etici, dove vanno a cercarla?
Purtroppo, la risposta è: spesso il reclutamento avviene fra i popoli montanari, composti da individui poveri e chiusi in sè stessi. Magari ci fosse una ragione meno innominabile ma, eventualmente, qual'è? 
Guardando le cose dall'alto e da lontano vedo solo regimi tirannici o reazionari in lotta con la storia che preferiscono reclutare i loro mercenari fra le genti delle "terre alte", una faccenda che si è ripetuta ad ogni latitudine e in ogni stagione, un dato di fatto che a noi amanti della montagna pone di sicuro qualche problema.
Insomma, che esista una qualche forma di "dark side of the alps"?
So bene che una domanda così imbarazza le anime belle abituate a guardare le terre alte attraverso gli occhiali rosa.
Ma non ci si può passar sopra, come non si può dimenticare che l'ineffabile Svizzera ha  continuato a negare il diritto di voto alle donne fino all'anno 1971.

martedì 22 aprile 2014

Il primo Giorgio Bocca è diventato e-book

E continua ad occupare un posto d'onore negli scaffali dell'identità e della memoria.
Giorgio Bocca
Per il download vedi qui, nel sito www.ebookizzati.it.
Giorgio Bocca ha scritto molto, e molto bene, sugli anni cruciali delle scelte individuali, dell'antifascismo e della guerra di liberazione. "Partigiani della montagna" è stato il suo libro d'esordio.
Oggi, dopo un ventennio di squadrismo mediatico e revisionismo storico l'ho ripreso in mano: niente ufficialità paludate ma piuttosto carte d'identità degli uomini che ci hanno regalato il biglietto di ritorno alla democrazia.
Il libro racconta dei primi partigiani, di quelle persone capaci di scegliersi il futuro, una lezione per tutti noi, che grazie a loro siamo nati e abbiamo potuto vivere una vita senza guerre.

sabato 19 aprile 2014

La Birreria Cornale nel Canale di Brenta

Strizza l'occhio alla Baviera dell'Oktoberfest ma la sua natura rimane schiettamente veneta e molto nazional-popolare.
Birreria Cornale
Si trova in Valsugana, alla stretta di Forte Tombion, proprio al confine fra Veneto
 e Trentino, dall'altra parte del fiume,  lungo la ciclabile della Valsugana che per-
corre il Canale di Brenta, sfiora il Covolo di Butistone e passa vicino ai 4444
gradini della Calà del Sasso. Ai piedi dell'altipiano di Asiago e giusto sotto il forte
di Monte Lisser e al suo dirimpettaio di Cima Campo. E' stata ricavata dal signor
Cornale dai vecchi alloggi per i finanzieri in servizio al confine di Forte Tombion.
Gli striscioni di plastica annunciano una improbabile "Cucina Bavarese" che non c'è, e la birra è solo la normale Augustiner, nulla di più.
Eppure, anche se la sua anima resta di incerta collocazione, di questo locale tutto si può dire, tranne che non abbia un suo riconoscibile carattere, magari sfuggente e provvisorio ma per contro assai vitale, popolare e meticcio.
Birreria Cornale
Il posto si sforza di esibire atmosfere da pub inglese o birreria germanica. Non
mancano richiami motoristici mischiati ad echi contadini da anni Cinquanta. Uno
stile agro-industriale che Bruno Munari avrebbe definito "arabo-bergamasco".
👉Più che in Baviera, qui ci si sente piuttosto nella pianura padana, sospesi "tra la padania e il west", roba da camper e moto, con un po' meno leghismo e un po' più "lambrusco e pop-corn".
Il sito web della Birreria Cornale è ancora in costruzione. Vedi in Street View.
La birreria/pizzeria/trattoria è molto conosciuta in zona ed è meta dei cicloamatori che frequentano la ciclabile, ma si può raggiungere anche in auto direttamente dalla superstrada SS47 (per chi arriva da Trento) o dalla stradina in destra Brenta  (per chi arriva dal Veneto). Quando passo da queste parti mi fermo regolarmente, ormai è quasi un rito e non fermarsi suonerebbe bestemmia.
👉E il menù? Lasagne al forno, gnocchi, tortelloni, trotine fritte, baccalà alla vicentina, prosciutto e mozzarella, zuppa di porcini, spatzlei (anzichè spätzle), canederli, stinco, gulash (anzichè gulasch), wurstel (anzicè würstel), pizze-toast, panini, radicchio di Chioggia, spaghetti, zuppa di cipolla, carne salada con fasoi, roast-beef all'inglese, pollo e patatine, trancio di "wurstel", bigoli di Bassano, eccetera. Di certo poco bavarese, come il gestore sicuramente sa, ma è anche vero che si tratta di piatti ruspanti e quasi sempre molto mangiabili.
Birreria Cornale
E' un posto ruspante e sboccato come si usa tra il popolo dei capannoni, ma senz'altro meno angosciante di quei non-luoghi fatti di cemento e plastica che si estendono a perdita d'occhio nei territori della "padania classics" più autenticamente leghista.

giovedì 17 aprile 2014

Le uova sode dei giorni di Pasqua

Uova sode multicolori che salutano la primavera e il ritorno alla vita.
Uova sode in insalata con il tarassaco o accompagnate agli asparagi, magari dopo averle colorate con i metodi di un tempo?
Un'area alpina dove la decorazione delle uova pasquali rimane viva è la Slovenia.
Colorare le uova sode è una tradizione che in forme diverse si ritrova in tutto l'arco alpino: il metodo antico prevede l'uso di ingredienti alimentari e naturali come agente colorante: buccia di cipolla, menta, caffè, barbabietole, carote, ribes, eccetera.
👉Erano semplici regali da guardare e da mangiare. Le mie abitudini guardano alle uova di Pasqua come a delle uova sode da consumare in insalata con le foglie del giallo tarassaco o accompagnate agli asparagi, che di solito vengono raccolti proprio in questo periodo.

domenica 13 aprile 2014

Sul Monte Lisser con le ciaspole

Il forte del Lisser faceva coppia col dirimpettaio forte di Cima Campo, per sbarrare la Valsugana.
Siamo sull'altipiano di Asiago, proprio nei luoghi descritti da Emilio Lussu nella prima parte di "Un anno sull'altipiano": la Val Frenzela, Stoccareddo, Monte Fior e Monte Spil sono ad appena qualche chilometro di distanza.
Arrivati sulla pianeggiante sommità del Monte Lisser si vede tutto il campo d'azione della Strafexpedition prodotta dal furbastro Patto di Londra: in basso a destra la spianata di Valmaron e sulla sinistra il massiccio delle Melette con il Monte Spil e il Monte Fior. Sullo sfondo a destra, la striscia bianca Portule-Cima Dodici-Ortigara-Caldiera.
Il forte del Monte Lisser e il forte Leone, sulla dirimpettaia Cima Campo, erano
stati pensati come due guardie armate capaci di battere l'ingresso del Canale
di Brenta per cannoneggiare la rotabile della Valsugana e le sue alture, consi-
derata la porta d'ingresso in caso di invasione. Le vicende belliche si dipana-
rono in modi non conformi al pensiero degli strateghi del Regio Esercito
cosicchè il forte non venne mai realmente impiegato in battaglia.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
I lavori di costruzione iniziarono in fretta e in furia sul finire del 1911 per bloccare un eventuale attacco austroungarico verso la pianura veneta.
Il nostro cambio di casacca, infatti, era nell'aria da tempo e giunse a maturazione nel gennaio del 1915 con il Patto di Londra.
Il tracciato in Google Earth.
Gli austroungarici non la presero bene e nella primavera del '16 lanciarono la Strafexpedition, la "spedizione punitiva".
L'8 giugno del 1916, proprio nel corso della Strafexedition, il Forte Lisser entrò in azione cannoneggiando per errore le truppe amiche in azione sul vicino massiccio delle Melette e venne anche colpito da alcuni colpi di mortaio austriaci.
Negli anni seguiti alla WW1 fu poi depredato delle sue parti metalliche dai "recuperanti" e, passato il fascismo e la WW2, si salvò per un pelo dall'assalto degli impianti sciistici, che invece travolsero il vicino Monte Fior.
Il piccolo impianto costruito a Casara del Tombal fallì in breve tempo lasciandosi dietro la consueta scia di cemento e rottami.
Oggi, come numerose altre fortificazioni risalenti alla Grande

lunedì 7 aprile 2014

L'insalata di dente di leone

Sono i fiori gialli del tarassaco o dente di leone ad avvisarci che la tanto agognata primavera è finalmente arrivata. L'inverno è finito.
I boccioli dei fiori non ancora dischiusi e i bottoni che portano i nappi possono essere tranquillamente aggiunti all'insalata. L'importante è lavare bene in acqua corrente, per togliere completamente i residui di terra. Chi avesse voglia e pazienza potrebbe recuperare anche le radici, anch'esse commestibili, per consumarle lessate e condite.
Insalata di dente di leone (taraxacum officinale) con patate appena saltate in padella,
un saporitissimo piatto di stagione che è inutile cercare nei ristoranti.
E quando la primavera arriva i prati falciabili, ma anche quelli incolti, si riempiono di un'insalata a chilometro zero segnalata dal giallo squillante della fioritura che precede i "soffioni". Sono fra i primi fiori ad attirare l'attenzione degli insetti.
👉Le foglie del tarassaco novello si mangiano in insalata ed hanno un sapore amaro ma non troppo, proprio come uno se lo aspetta. E' un rito primaverile che ripeto ogni anno con gran soddisfazione anche perchè segna la fine del freddo.

venerdì 4 aprile 2014

Il Col di Lana in veste invernale

Noto più per i suoi trascorsi di guerra che per le qualità alpinistiche, questo monte è piazzato al centro di un panorama dolomitico strafigo.
Col di Lana
Guardando a nord dalla cima del Col di Lana: sulla sinistra le rocce scure del monte Sief e a destra quelle delle Pale. Sullo sfondo le guglie del Sett Sass completamente appiattite sulle Conturines, poi il gruppo di Fanes e infine le Tofane all'estrema destra. La prima linea avanzata austriaca si spingeva sin qui arrivando dal Passo di Valparola, passando dal Sett Sasse e dal Monte Sief ed è facilmente indovinabile sotto la neve. E proprio in un ridotto sul Sief combattè il tenente Ljudevit Pivko, che poco tempo dopo si rese protagonista del clamoroso Fatto di Carzano (il mondo era piccolo già allora?).
Gigi si avvia verso il cratere lasciato dalla mina che ha fatto entrare il Col di
Lana nell'immaginario collettivo assieme agli altri luoghi-simbolo della
prima guerra mondiale: Ortigara, Bainsizza, Pasubio, Caporetto, eccetera.
Quando arriviamo in cima la neve abbondante ammorbidisce l'orlo del cratere lasciato dalla grande mina italiana della primavera del 1916. L'esplosione polverizzò il versante nord-est della cima e si portò via metà del contingente austriaco; oggi il grande cono rovesciato è riempito dalla neve e assomiglia a un catino, un'infossatura del terreno.
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.
Da quassù il giro d'orizzonte comprende cime e gruppi tra i più blasonati: la Marmolada, il massiccio del Sella, le tre Tofane, il Pelmo, la Civetta, le Dolomiti di Fanis...
La salita con le ciaspole non è difficile ma una volta usciti dal bosco la pendenza si fa sentire.
In discesa, se la neve non tiene e si rischiano scivoloni, è bene togliere le ciaspole perchè verso est pendenza ed esposizione si fanno pericolose...

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 1.676 (frazione Palla)
Quota massima raggiunta: m 2.452 (Col di Lana)
Dislivello assoluto: m +776
Dislivello cumulativo in salita: m 874