sabato 28 giugno 2014

Castelloni di San Marco

Sono sul margine settentrionale dell'altipiano di Asiago, a picco sulla Valsugana.
Dai Castelloni si gode di una vista aperta sulla Valsugana e sui Lagorai. Nella foto si indovinano, dietro i boschi di Cima
Isidoro, le sagome di Cima Caldiera e Monte Campanaro. Siamo al margini settentrionale dell'altopiano di Asiago, teatro di furiosi scontri durante la prima guerra mondiale. Vicende di guerra raccontate e fatte capire prima da Emilio Lusso e poi da Mario Rigoni Stern. Ma anche vicende partigiane, ancora una volta magistralmente ricostruite dalla penna di Rigoni Stern.
I passaggi nell'intricato labirinto di roccioni hanno trattenuto la neve in quantità
inattesa e il 7 giugno sono ancora impraticabili.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Appena oltre Malga Mandrielle, alla secca curva destrorsa oscurata dagli alti abeti, ci aspetta una lingua di neve persistente, valicabile solo dai trattori. Siamo costretti a lasciare l'auto qui (di solito si arriva fino al bivio Tiffgruba).
Scarica la traccia GPS.
Il nostro giro si allunga di due chilometri ma la neve, più avanti, ci giocherà un'altro scherzetto: anche se siamo a giugno non ha ancora liberato gli spazi tra i grandi roccioni dei Castelloni e i minuscoli canjon, completamente intasati dalla neve, sono ancora del tutto impraticabili. Dobbiamo rinunciare, peccato, eravamo venuti soprattutto per la lapide che ricorda "il volo del Moretto".
Per il rientro compiamo e un ampio e forse un po' ozioso giro a sudest che si rivela più lungo del previsto: la prossima volta staremo più attenti, e soprattutto torneremo quando la neve se ne sarà andata!

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 1.539 (automobile)

mercoledì 25 giugno 2014

E stagionare le luganeghe in frigo?

Ero piuttosto scettico, ma l'esperimento è riuscito (sì, serve ancora qualche messa a punto).
L'idea me l'ha passata un parente. L'esperimento ha coinvolto le luganeghe
fresche prodotte da un premiato salumificio trentino. Le vediamo all'inizio e
al termine della stagionatura, che è durata due mesi... Tutti dentro il frigo.
Peccato che le luganeghe fresche siano state confezionate senza il tradizionale spago sottile; le ho dovute appendere "a strozzo" usando filo da cucito.
Bisogna fare attenzione che le salsicce non si tocchino fra loro, e che non tocchino le pareti del frigo.
Tenendole al livello di burro e uova due mesi sono risultati fin troppi. La pasta è diventata troppo dura e, soprattutto, secca.
Ci riproverò appendendole nello scomparto della verdura e accorcerò anche i tempi...

venerdì 20 giugno 2014

Il Nuovo Mattino di Gian Piero Motti

Alpinisti e montagna ai tempi del Sessantotto.
Negli anni 1974-76 le occasioni di convergenza fra l'anima spontaneista e fricchettona
della nuova sinistra e la controcultura underground di derivazione statunitense furono
numerose (in alto a sinistra: una copertina della rivista "Re Nudo" e il leader di Lotta
Continua Mauro Rostagno ripreso durante un comizio in Piazza Vetra a Milano).
Proprio in quegli anni Gian Piero Motti svolgeva le sue riflessioni sul senso dell'andare
in montagna (a destra, in bianco-nero, impegnato in parete).
Più in basso il logo del noto marchio d'abbigliamento sportivo che per diversi anni
sembrò ispirarsi all'estetica del "Nuovo Mattino".
Infine in basso a destra e a colori l'ispiratore di "Re Nudo" Andrea Valcarenghi e (in
bianco-nero) uno dei tanti scontri di piazza con la polizia, vero Leitmotiv dell'epoca.
In quegli anni la conquista della vetta aveva cominciato a perdere di importanza a favore dello stile di arrampicata. Aveva iniziato Reinhold Messner proprio nel 1968, polemizzando con l'uso dei mezzi artificiali e parlando di arrampicata libera.
👉Uno che portò all'estremo questi concetti fu Gian Piero Motti. Forti furono in lui le influenze degli arrampicatori californiani: come già per i climbers, la contro-cultura beatnik, underground, hippie e freak di quegli anni contaminò il cenacolo del Nuovo Mattino fino a mettere in discussione le ragioni stesse dell'arrampicare.

Motti si rifiutava di vedere nella vetta il fine ultimo della scalata.
👉Per lui, come per Herman Hesse, contava più quello che c'è fra la partenza e l'arrivo, cioè "il viaggio" e poneva polemicamente l'accento sulla scalata in sè, sul piacere di muoversi in parete in modo ludico.
Pare che il 15 giugno 1975 egli abbia vissuto (come dire?) un'esperienza visionaria mentre si trovava nella tanto amate Val Grande di Lanzo e Valle dell’Orco.
Tuttavia non si trattò (mi pare) di un ’68 dell’alpinismo, come da qualche parte s'è detto.
C'entrano molto di più la Beat Generation, le culture underground e l'immaginario psichedelico, la musica rock, la mitologia dei Gong, le filosofie yoga e zen.
👉Le idee di Motti erano sì rivoluzionarie, ma c'entravano poco con la protesta studentesca, con i gruppi rivoluzionari della sinistra e con l'autunno caldo operaio e sindacale. Semmai erano meno lontane da quelle dei successivi "creativi dell'77".
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Sulla figura di Guido Rossa Guido Rossa vedi il post di Terre Alte con la
diramazione al post di Andrea Corradi. Guido Rossa e Gian Piero Motti, che
oggi ci ci paiono così distanti e alieni, in realtà si conoscevano (quant'è
piccolo il mondo). Scriveva Motti:
"Incontrerò una sera di inverno Guido Rossa il quale fissandomi a lungo,
con quei suoi occhi che ti scavano e ti bruciano l'anima, con quella sua voce
calma e posata, mi dirà delle cose che avranno un valore definitivo. Mi dirà
che l'errore più grande è quello di vedere nella vita solo l'alpinismo, che
bisogna invece nutrire altri interessi, molto più nobili e positivi, utili non solo
a noi stessi ma anche agli altri uomini. Non rinunciare alla montagna, ma
andare in montagna per divertirsi, per cercare l'avventura e per stare in allegria
insieme agli amici. Io lo so e l'ho sempre saputo; ma dovevo sentirmelo dire da
un uomo che mi ha sempre affascinato per la sua intelligenza e per la sensibilità
artistica che scopri nel suo sguardo."

(Enrico Camanni, "Nuovi mattini", Vivalda, Torino, 1998, pag. 26)
La sua fuga dalla città era innanzitutto fuga da uno stato di impegno e di agitazione permanenti, con il suo corollario di riunioni, cortei, manifestazioni, scontri di piazza. Alle piazze preferiva le montagne. Un possibile parallelo, semmai, lo si può fare con il piccolo gruppo Re Nudo di Andrea Valcarenghi, che nacque a Milano nei primi anni '70. Chissà, potrebbero aver frequentato gli stessi posti, le trattorie e i negozietti dell'usato dei Navigli milanesi, che allora più di oggi assomigliavano al Quartiere Latino di Parigi, al Green Village di New York o al berlinese Kreuzberg. Sfondi urbani adatti a favorire incontri che altrove sarebbero stati altamente improbaili. Posti dove i militanti di Lotta Continua, di Avanguardia Operaia, Movimento Studentesco e dell'intera galassia della sinistra milanese erano di casa e avevano i loro punti di ritrovo.
Erano quegli gli anni in cui Guido Rossa abbandonava l'alpinismo per dedicarsi anima e corpo all'impegno politico nel sindacato. Gian Piero Motti, invece, si ritagliava un proprio spazio esistenziale fra i sassi della Val Grande. La breve effimera stagione del "Nuovo Mattino" si concluse il  22 giugno 1983 con il suicidio di Motti; Guido Rossa era morto ammazzato dalle Brigate Rosse quattro anni prima.

mercoledì 18 giugno 2014

La precisione dei tracciati GPS

Questa brutta grana riguarda la attendibilità della misurazione della quota; il problema sarebbe facilmente risolvibile via software ma è una cosa che lascia indifferenti i produttori.
Ingrandendo l'immagine si leggono distintamente le due tracce lasciate dal
Data Logger (in viola) e da Every Trail installato su un Galaxy S2 (in arancio).
La precisione sul terreno è veramente ottima, la fascia entro cui si collocano
tutte e quattro le tracce in andata e in ritorno non supera i due metri. Il software
ospitante è il versatile Land7 della CompeGPS. La cartina è della 4Land.
Camminando sul Coppolo (sentiero sempre in campo aperto e in posizione dominante) trovo conferma di quanto avevo già osservato in situazioni diverse con il Data Logger: nelle nostre zone (Alpi centro-orientali) l'errore nella misura della quota si aggira sui +45/50 metri. (Every Trail, che tenevo acceso nello zaino ha fatto anche peggio).
I due tracciati di andata e ritorno caricati in Google Earth. Anche in questo
caso sono praticamente sovrapponibili.
L'origine dell'errore è chiara: il sistema GPS non misura l'altimetria riferita al livello del mare (come gli altimetri basati sulla pressione atmosferica), ma rispetto alla posizione dei satelliti. La terra non è una sfera perfetta, anzi, perciò misurando l'altimetria dal satellite, si devono apportare delle correzioni in base alla zona geografica.
Purtroppo il software in dotazione ai vari dispositivi escursionistici in genere ancora non lo fa.
Per il DataLogger, in attesa di una soluzione "nativa" segnalo che il sito girovagando.net spiega bene come correggere i dati smanettando.
In ogni caso, la precisione della traccia sul terreno è risultata per entrambi i dispositivi veramente buona, confermando un dato già

domenica 15 giugno 2014

Sul Monte Coppolo da Passo Brocon

E' la montagna di Lamòn, il paese del fagiolo, ma si raggiunge molto più facilmente da Passo Brocon.
Montagna bifronte e dotata di tre distinte cime, il Coppolo con la sua lunga cresta stabilisce il confine tra le montagne vere dei Lagorai e le prealpi venete, tra il regno dell'alpe e quello dei boschi, dove s'incuneava la strada consolare romana che da Feltre portava a Trento (la Claudia Augusta Altinate). D'inverno diventa più che impegnativo, anzi pericoloso.
Sul versante settentrionale il Coppolo digrada dolcemente verso il Passo
Brocon, che mette in comunicazione l'altipiano del Tesino con il Vanoi e il
Primiero. A meridione, invece, precipita su Lamon, il paese del fagiolo.
Vedi le altre foto in Google Foto.
Il Monte Coppolo è costituito da una articolata cresta rocciosa disposta in direzione est-ovest e dotata di tre distinte elevazioni.
Il tracciato in Google Earth.
Quella più occidentale (m 2.069) è anche la più facile da raggiungere ed è appunto il Coppolo, quella centrale (m 2.062) è la più rocciosa e alpinistica e si raggiunge solo arrampicando. Infine quella orientale è la meno attrattiva, direi da prendere in considerazione solo da chi intraprende il giro completo, che ritorna a Malga Arpaco transitando da Malga Valarica di Sotto, tagliando cioè l'ampia conca di boschi e pascoli posta tra il Coppolo e Passo Brocon.
👉La nostra intenzione era appunto questa, ma la persistenza di chiazze di neve su un terreno marcio e infido ci ha portato a più miti consigli: andata e ritorno sulla prima cima, e basta.

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 1.663 (Malga Arpaco)
Quota massima raggiunta: m 2.069 (Monte Coppolo)
Dislivello assoluto: m 406
Dislivello cumulativo in salita: m 409 (circa)

lunedì 9 giugno 2014

Cimon di Bolentina

Giro arioso, facile e panoramico con pernottamento nella piccola e accogliente costruzione in pietra del Bivacco Marinelli.
La facile cima panoramica si trova alla biforcazione fra Val di Sole e Val di Rabbi, proprio sopra Malè e al punto in cui le acque del torrente Rabbies confluiscono in quelle del fiume Noce.
Fioritura di Pulsatilla Vernalis davanti al Bivacco Marinelli, con l'intero
gruppo delle Dolomiti di Brenta sullo sfondo.
Vedi le altre foto in Google Foto.
Il percorso è completamente privo di difficoltà tecniche e assolutamente elementare sia nel tratto che raggiunge il bivacco, sia in quello della salita finale al Cimon di Bolentina. Gli unici intoppi sono venuti dal meteo (tempo stabilmente coperto) e dalla stagione (l'inverno eccezionalmente nevoso ha lasciato in eredità tanta neve che non si è ancora sciolta, nonostante l'esposizione a sud-est del crestone erboso lungo cui si snoda l'elementare via di salita.
Scarica la traccia GPS.
👉Una bella sorpresa è venuta dal bivacco "Dino Marinelli" situato 200 metri sotto la cima. Si tratta di una piccola costruzione in pietra, completamente rifatta nel 1993 rispettando dimensioni e materiali originali, un vero restauro, insomma. E' arredato con tavolo, panche e tre posti letto a castello con materassi e coperte. Arredo in legno semplice e funzionale, come si può vedere dalle foto.

Quote e dislivelli (andata):
Quota di partenza: m 1.400 (parcheggio)

martedì 3 giugno 2014

Una facile escursione nella Val Rosandra

Il sesto grado dei rocciatori italiani è nato qui, in un una valletta dell'entroterra triestino.
Anche se siamo ancora in piena periferia cittadina il cambio è netto. Basta casino, rumore, rotonde e capannoni. Gli stormeniti non salgono fin qui, anche se siamo solo a quota 90. Il Monte Carso, col suo nome evocativo e carico di storia, la chiude sul lato istriano. Giusto sopra la chiesetta medioevale di Santa Maria in Siaris si indovina il profilo del Cippo Comici, memoriale del sestogradista che fu una sorta di "fascista a sua insaputa". In ogni caso, una buona sintesi dei sentieri segnati si trova nel sito www.gmdb.it e credetemi, ne vale la pena! (naturalmente la valle può essere percorsa anche partendo dalla Slovenia).

Lo storico rifugio "Mario Premuda" si trova a Bagnoli Superiore, alla periferia di
Trieste, all'imbocco della Val Rosandra e a soli 80 metri di quota. Realizzato
dalla "Società Alpina delle Giulie", dal 1933 è sede della Scuola Nazionale di
Alpinismo "Emilio Comici", legata a filo doppio col Gars (=gruppo alpinisti
 rocciatori sciatori) fondato nel 1929 da Emilio Comici. Mi piace ricordare che
fu anche base di partenza dei "Bruti de Val Rosandra" raccontati da Spiro
Dalla Porta Xydias, contestatori ante-litteram dell'alpinismo modaiolo e suc-
cube delle esigenze propagandistiche del potere impersonato da Comici
 nonchè membri piuttosto critici della "XXX Ottobre", la sezione CAI
triestina (un po' come accaduto e accade a Trento fra CAI, SAT e Sosat).
Svolge solo servizio di ristoro, ma lo fa bene.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.

E' un posto che ha molti altri legami con la storia: quando si lascia il rifugio "Mario Premuda" che fu di Emilio Comici e Julius Kugy, ci si incammina lungo un'antica via del sale, che collegava le saline istriane con l'entroterra.
👉Si risale l'unica vena d'acqua superficiale che dal Carso scende direttamente al mare, risorsa preziosa già utilizzata dai romani per il loro acquedotto per Tergeste e successivamente colonizzata da un rosario di mulini che macinavano i grani per la città portuale asburgica.
L'abitato di Botazzo (o Bottazzo, m 183) si trova in fondo alla valle giusto
al confine con la Slovenia.
Scarica la traccia GPS.
👉Il sentiero odierno è molto suggestivo, penetra la verzura fra salti d'acqua e vasche naturali, passa sotto le tonde vedette in pietra bianca costruite coi soldi del Piano Marshall per lenire la disoccupazione post-bellica e risale fino al grumo di case di Botazzo (o Bottazzo), con il pennone e la barra confinaria ancora dipinta in bianco, rosso e blu, che furono prima i colori della Jugoslavija comunista e autogestionaria di Tito e poi quelli dell'identitaria piccola patria slovena.
Appena più avanti svettano le strapiombanti pareti dove Emilio Comici perfezionava la sua tecnica funambolica.
👉Al ritorno, per chiudere ad anello, si può percorrere l'itinerario che corre a mezza costa sull'altro versante della valle e che utilizza, prima di picchiare con un ripido sentiero sul rifugio Premuda, un tratto