martedì 29 luglio 2014

Tra le trincee di Monte Fior (Asiago)

Escursione alla "chiave dell'Altipiano": da Malga Fratte alla conca di Malga Lora e poi giro in quota fra le trincee della prima guerra mondiale.
La conca di Malga Lora vista dalla cima di Monte Fior. Da sinistra: monti Castelgomberto e Tondarecar con in mezzola strada di accesso a Malga Lora, Monte Miele, Monte Spil. I posti sono quelli descritti da Emilio Lussu e Paolo Monelli, poi ripresi da Mario Rigoni Stern. Una serie di furiosi combattimenti nell'estate del 1916 fermarono la Strafexpedition proprio qui, quando gli austroungarici vedevano ormai profilarsi la laguna di Venezia.
La Selletta Stringa, che divide Monte Castelgomberto dal Monte Fior.
Sullo sfondo il margine nord dell'altipiano: catena Cima Dodici-Ortigara-Caldiera.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Si parte sulla strada bianca che prende lentamente quota nel bosco fra il Monte Badenecche e il Monte Tonderecar, una forestale che segue in gran parte il tracciato della carreggiabile militare aperta proprio negli anni della Grande Guerra.
Dalla conca di Malga Lora (che fu sede del comando dei reparti degli Alpini impegnati in zona) l'escursione prevede poi la breve salita alla famosa Selletta Stringa (tra Monte Castelgomberto e Monte Fior), per poi
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compiere, sempre in quota, il giro ad anello sui crinali erbosi che dall'anticima Piccola Meletta portano a Monte Fior e a Monte Spil, per tornare infine alla malga scendendo dal lato di Monte Miela.
Dal crinale il panorama sull'altipiano è vasto e completo e basta da solo a raccomandare un giro da queste parti anche a chi non fosse interessato all'aspetto storico.

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 1.370 (Malga Fratte)

sabato 26 luglio 2014

La triste storia di Maso Corto in Val Senales

Sci estivo: una storia fatta di cortezza di vedute, contiguità politiche, saccheggio ambientale e, in fondo, poca dignità.
Maso Corto Kurzras
L'ideatore e protagonista dello sfascio dell'alta valle viene ancora oggi incensato
nei siti ufficiali,  dove con spudoratezza si insiste che «Maso Corto è comunque
rimasto il paese piccolo di una volta». Un rigo più in basso, però, ci si vanta dei
«negozi, ristoranti, pizzerie, discoteca e pub, divertimenti serali, scuola di sci,
noleggio sci, ecc.». E' poi inquietante, cos'altro dire, che all'incredibile Gurschler
sia stato addirittura eretto un monumento.
Qui più che altrove etica ed estetica sono legate a filo doppio: a una pessima estetica corrisponde un'etica discutibile, e viceversa.
Un a brutta vicenda che s'è conclusa con il suicidio del geniale autore dello sfascio (dopo ripetuti fallimenti).
E' questo il triste caso di Kurzras (Maso Corto), ex-amena località alla testata della Val Senales, a quota  metri 2.011, oggi irrimediabilmente compromessa dalle prodezze edilizie dello sci (estivo).
Una vicenda che non sembra aver insegnato nulla, visto che il partito degli affari continua a considerarlo un santo.
Il sito turistico ufficiale della Val Senales lascia di sasso: «Gran merito va all’intraprendente proprietario del maso Kurz, Leo Gurschler che iniziò la costruzione della Funivia Ghiacciai della Val Senales che venne inaugurata il 12 luglio 1975».
Le immagini a corredo sono al limite del raggiro e non possono essere passate sotto silenzio.
Dopo lo tsunami di lire, euro e metri cubi, l'intera zona avrebbe bisogno di un risanamento radicale e sor-prende che gli amministratori locali sperino di cavarsela con Photoshop. Dal 2013 lo sci estivo in Val Senales ha chiuso i battenti.
Maso Corto Kurzras
Era il più grande maso della Val Senales, 1.326 ettari, un'enormità. Le speculazioni del giovane Leo Gurschler, tra l'altro, portarono alla perdita del maso di famiglia, una grande e prestigiosa costruzione oggi soffocata dall'anarchia urbanistica del posto, una vera babilonia di stili e metri cubi. L'uomo ha lasciato dietro di se' una scia di rovine difficilmente sanabile. A fare da contraltare alla brutta storia di Maso Corto, ci sono fortunatamente le storie riuscite dei tanti masi alti che in Sudtirolo sono sopravvissuti (e bene) anche senza lo sci alpino.

lunedì 21 luglio 2014

Peilstein (Il Sasso)

C'è una lunga dorsale panoramica che si affaccia sulle Maddalene (Nonsberg per i sudtirolesi) a sud e sulle Venoste (Ötztaler Alpen)  a nord.
La lunga e articolata catena montuosa che parte da Lana (periferia meranese) e si spinge dapprima fino alla larga cima dell'Orecchia di Lepre per poi risalire in direzione del Cevedale ha in serbo passeggiate di prima scelta.
Alla vecchia malga dello Schweinsteig (=sentiero dei maiali) si sta svolgendo
la festa popolare che il paese di St. Walburg consacra (c'è anche il prete che
dice messa sull'altareda campo) all'avvenuta monticazione (le vacche sono
già da una settimana alla soprastante Marschnellalm.
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E' costellata da cime facili e remunerative, con dei bei percorsi che si snodano in quota. Il Sasso, questo il nome affibbiatogli da Ettore Tolomei, si trova sulla verticale del capoluogo e del grande lago artificiale, lo Zoggler Stausee/Lago di Zoccolo.
Lasciata l'auto ai masi di Riem (m 1.690) e vinti i 300 metri che separano dalla Schweinsteig (m 2.109), il resto del percorso si svolge su facili sentieri che prendono piacevolmente quota e consentono
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giri ad anello come quello di oggi, che al ritorno passa dal piacevole posto di ristoro della Riemergergalm (m 2.049).

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 1.690
Quota massima raggiunta: m 2.541
Dislivello assoluto: m 851
Dislivello cumulativo in salita: m 911
Dislivello cumulativo in discesa: m 937
Lunghezza con altitudini: km 12,3
Tempo totale netto: ore 4:30 AR
Difficoltà: E

Descrizione del percorso:
Dal parcheggio (m 1.690) si imbocca

sabato 19 luglio 2014

E se fosse vero antifascismo?

Il risentimento anti-italiano è piuttosto diffuso in Sudtirolo e ha fondate ragioni storiche.
L'edicola che ricorda l'accaduto è situata in alta
Val di Fosse, una laterale della Val Senales.
Ama però la dissimulazione, preferisce i colori del folclore contadino, i fuochi del Sacro Cuore, le radunate degli Schützen, le celebrazioni della piccola Vandea tirolese. Quando chiede l'abbattimento del monumento agli Alpini o di quello alla Vittoria esprime un sentimento anti-italiano che non è democratico ma nazionalista, conservatore, non progressista.
Vorrei poter guardare con fiducia a questa targa che indica con chiarezza e senza riserve l'identità politica dei colpevoli. 
«A causa di violenza fascista in questo luogo è venuta a mancare una vita il 21 luglio 1942.
Il pastore 72enne, Johann Spechtenhauser di La Madonna, detto Jochenweberhaus, intento a portare sale lecca alle pecore, fu sparato senza motivo da un miliziano diciottenne.
Il torto non fu mai espiato.
Pellegrino viandante, rallenta il tuo passo e prega per la pace!»
Che sia un piccolo passo in avanti verso l'Europa dei popoli? (d'accordo: cerchiamo di non esagerare...).

mercoledì 16 luglio 2014

Uinaschlucht, il sentiero tagliato nella roccia

Un'impressionante "Via delle Bocchette" in salsa svizzera che collega l'Engadina con la Venosta.
Tagliato ad inizio Novecento per fini turistici, poi usato a lungo dai contrabbandieri, oggi è tornato alle origini.
Il sentiero sbuca sopra i pascoli della piccola Valle Uina, in Svizzera.
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Dal rifugio Sesvenna Hütte, è possibile visitare la rocciosa e "romantica" Uinaschlucht/Gola Uina avvalendosi dell'impressionante sentiero scavato nella roccia tra il 1908 e il 1910, all'epoca del nascente turismo alpino.
Il sentiero,  lungo 900 metri e largo 130 centimetri, mette in comunicazione i pascoli della valle Uina, in bassa Engadina, con la Schlinigtal/Valle di Slingia, in alta Venosta.
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Dopo la prima guerra mondiale il Sudtirolo passò al Regno d'Italia e lungo l'ardito tracciato fiorì il traffico di tabacco e cioccolata svizzeri, ma anche di bovini da carne, le cui file passavano di notte con i campanacci imbottiti di fieno. In Svizzera questo trasporto era legale e si chiamava “Export II”, in Italia però non lo era e e chi lo praticava veniva perseguito per contrabbando.
Oggi il contrabbando Svizzera-Italia non paga più e la Uinaschlucht ha conosciuto una riscoperta turistica,
tornando così alle origini.

giovedì 10 luglio 2014

Al Rifugio Sesvenna in alta Venosta

Si trova alla testata della Schlinigtal/Valle di Slingia, piccola ed isolata valletta alpina che mette in comunicazione diretta la Val Venosta con l'Engadina.
Il rifugio Sesvenna Hütte (m 2.258) si trova alla testata della valle di Schlinig/Slingia. Sulla destra si intuisce la traccia che porta allo Schlinig Pass (m 2.309) e al vicino confine svizzero, da dove un ardito percorso tagliato nella roccia della gola Uinaschlucht scende in Engadina.
Il rifugio Sesvennahütte fu costruito nel 1980 dall'AVS perchè l'edificio del
vecchio rifugio Pforzheimer Hütte (in primo piano), pur già distrutto da un
incendio nel 1960 e inutilizzato, rimaneva di proprietà dello Stato italiano.
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Siamo sullo spartiacque fra Adige ed Inn, dove corrono altri confini invisibili, politici (Italia-Svizzera), religiosi (cattolici-protestanti) e identitari (tirolesi-grigioni).
La valle e i suoi pascoli rimasero a lungo monopolio dell'Abbazia di Montemaria che sotto l'impero asburgico vi esercitò anche l'amministrazione della giustizia fino al 1875.
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Fu il turismo alpinistico di fine ottocento a romperne il secolare isolamento Portò dapprima alla costruzione del rifugio Pforzheimer Hütte (1901) e successivamente all'apertura di un'ampia e ardita mulattiera che tagliava le rocce della gola Uina salendo dall'Engadina (1910).
Il periodo felice dell'Austria Felix si interruppe nel 1918. Con il passaggio del Sudtirolo al Regno d'Italia la valle divenne zona di confine e venne dimenticata da tutti, ma non dai contrabbandieri e dalla nostra Guardia di Finanza che trasformò il rifugio in base anti-contrabbando. Più recentemente il turismo l'ha riscoperta, tanto che oggi vi si tengono

martedì 8 luglio 2014

Lo Speck del Sudtirolo visto dal WWF

Lo “Speck Alto Adige IGP” mantiene le promesse della pubblicità oppure quelli del WWF rimarcano una imbarazzante verità?
La domanda sorge spontanea: perchè il consorzio IGP continua a giocare
sulla credulità del pubblico? Quando compriamo quel certo prodotto
alimentare acquistiamo anche il sogno di purezza, di tipicità, di gusto e
di cultura di quel prodotto e prendere per i fondelli non mi sembra così
lungimirante.
Perchè in effetti, anche se si spaccia lo speck come prodotto tipico locale, chi l'ha mai vista una porcilaia da queste parti?
«Lo vede, lo vede quel bel maiale lì? Ecco, domani diventerà un prosciutto di Parma e quello al suo fianco speck dell’Alto Adige». A parlare potrebbe essere qualsiasi allevatore padano, e smentirlo sarebbe difficile. Ce lo ricordano anche quelli del WWF bolzanino.
In tutto il web non si trova traccia di un marchio o un logo capace di identificare
l'autentico Bauernspeck per poterlo distinguere da quello semplicemente I.G.P.
Insomma, i furbetti che rifanno i furbi? Eh, pare proprio di si, visto che questo
speck virtuale esiste solo nei siti web...
 Vale la pena di dare un'occhiata al disciplinare IGP del consorzio dei produttori, nel cui sito la pagina "provenienza" tace proprio sulla provenienza dei maiali.
Qualcosa di peggio della semplice reticenza. Vien da dire che la tradizionale regola di produzione "poco sale, poco fumo e molta aria“ avrebbe bisogno di un'aggiunta: "ma niente maiali locali".
Beccata in flagranza, la consorteria dei produttori di speck si è affannata a metterci una pezza. E' nato così il Bauernspeck, presentato come prodotto di nicchia e dai piccoli numeri fatto partendo "suini selezionati e allevati in piccoli gruppi nei masi dell’Alto Adige. Disponibile in quantità limitate" (cito dal sito del consorzio).