sabato 30 agosto 2014

Giro del Piz Boè

Il più facile 3000 delle Dolomiti, molto più facile della Marmolada (m 3.343), dell' Antelao (m 3.264), della Tofana (m 3.245), del Cristallo (m 3.221) e della Civetta (m 3.220)...
Il panettone sassoso del Piz Boè si erge al margine meridionale dell'altipiano del Sella, il gruppo dolomiti racchiuso dai quattro passi: Sella, Gardena, Campolongo e Pordoi. Nella foto compare sulla destra, visto dalla stazione d'arrivo della funivia che collega Passo Pordoi con il Sass Pordoi. La via di salitasi si svolge lungo il versante in ombra.
Questo è il punto più esposto. In foto sembra molto più "ardito" di quanto
effettivamente sia. In basso a destra si vede il rifugio Boè.
Vedi le altre foto in Google Foto.
E' anche più facile di Cima Falkner che con i suoi 2.999 metri chiude l'elenco delle 51 vette over 3000 delle Dolomiti.
Dunque: salita in funivia e discesa a piedi dal canalone del Pordoi, solo per rimpolpare un'uscita che altrimenti sarebbe una semplice passeggiata (seppure in quota).
Scesi dalla funivia che arriva da Passo Pordoi, i metri di dislivello che restano da fare sono veramente pochi.
Scarica la traccia GPS.
Non solo: dalla stazione si discende brevemente (100 metri) fino alla forcella, da dove si sbarca sull'altipiano vero e proprio. Il posto è grandioso e inconsueto, con quell'aria da deserto di pietra sospeso sopra le verdi vallate dolomitiche.
Non fosse per un breve tratto di sentiero esposto (ma comunque largo, comodo e attrezzato con fune metallica perfettamente fissata) l'intero percorso, in quanto a difficoltà tecniche, sarebbe tranquillamente classificabile come "turistico". C'è però l'altezza (un tremila è sempre un tremila) e anche la lunghezza, non eccessiva ma comunque superiore a qualunque promenade cittadina.

mercoledì 27 agosto 2014

Al tempo dei nonni: il maso al Sudtirolo, l'emigrazione al Trentino

Südtirol e Welschtirol, non è solo questione di lingua, sono proprio due diverse strutture sociali.
Trentini in esubero, uomini e donne che De Bertolini si sforzava di non vedere.
La grande migrazione del secondo Ottocento proseguì fino agli anni Trenta, e
fu una realtà che dispiacque al regime fascista come prima era dispiaciuta al-
l'Impero Austroungarico. Una realtà imbarazzante ma radicata nel tessuto so-
cio-economico locale, debole di fronte alle crisi agricole e per tradizione, nota
anche ai funzionari di Maria Teresa e Giuseppe II°, refrattario ai cambiamenti.
Oggi sia il Trentino che il Sudtirolo vantano economie prospere e il maso chiuso
è sopravvissuto ai prefetti napoleonici e all'industrializzazione fascista.
La seconda guerra mondiale aveva bloccato il grande flusso migratorio verso le Americhe quando il prefetto di nomina nazista Adolfo De Bertolini sproloquiava, nel 1941, in materia di tradizioni e virtù trentine: "la diligenza, il risparmio, la sobrietà di successive generazioni sono arrivate a possedere tanta terra quanta possono lavorare le braccia dei suoi componenti".
In epoca imperiale il "Tirolo storico" austriaco era una grande regione alpina
amministrativamente divisa in quattro parti che qui vediamo celebrate in una
singolare installazione contemporanea.
Da sinistra: Welschtirol (Trentino), Südtirol (Alto Adige), Nordtirol e Osttirol.
Da notare che storicamente il termine "Südtirol" venne alternativamente riferito
sia al Trentino (più spesso indicato come "Welschtirol" o anche "Südwelsch-
tirol") che all'Alto Adige (ed è ciò che accade oggi). Attualmente il termine
"Südtirol" indica il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano (dal Brennero
a Salorno); per Claudio Magris, studioso germanista, l'impiego attuale del
termine "Südtirol" è d'uso recente, l'uso ufficiale risalirebbe solo al 1839.
Bisogna dire che la sua era un'affermazione in secco contrasto prima di tutto con la storia e poi con la realtà dei fatti.
Gli argomenti del trentino De Bertolini, infatti, si adattavano perfettamente all'istituzione del maso chiuso sudtirolese, ma non certo alla realtà trentina, dove la frammentazione della proprietà agricola tra i numerosi eredi condannava ciascuno di loro alla povertà e alla emigrazione nel giro di qualche generazione.
Uno stato di cose bene noto alle amministrazioni che si erano succedute sotto l'Impero Austro-ungarico e sotto il Regno d'Italia. Finita la WW2, l'emigrazione trentina proseguì per tutti gli anni Cinquanta, alla volta di Francia, Belgio, Svizzera.
Non così per il Sudtirolo, dove l'istituzione del maso chiuso, così estranea alla nostra mentalità, aveva salvaguardato la piccola proprietà agricola di montagna.
Oggi l'economia dei masi è uno sgabello che si regge su tre gambe: agricoltura, turismo, secondo lavoro in valle.
Il (largo) sostegno pubblico prolungatosi negli anni è stato capitalizzato e, scongiurato l'abbandono delle terre alte, il Bauer, il contadino di montagna, è oggi da annoverare fra i benestanti.

giovedì 21 agosto 2014

Alla Malga di Naturno da San Vigilio

La NaturnserAlm/Malga di Naturno (m 1.910) si affaccia sul versante solatìo della bassa Venosta e permette una visione d'insieme dell'Alta Via di Merano, il lungo e formidabile tracciato in quota che rimbalza di maso in maso da Tirolo alla Val Senales. 
Al centro della foto campeggia lo Schnaltzer Leger/Alpe di Senales, il massiccio che condivide con il Texelgruppe/Gruppo di Tessa (sulla dx) la rete di percorsi dell'Alta Via Meranese. Sono sentieri facili, uno più bello e panoramico dell'altro che, un pezzo alla volta, entrano a far parte nel mio carnet di passeggiate in quota.



La Naturnser Alm/Malgadi Naturno, che i più raggiungono dal
versante venostano, salendo da Rabland(Rablà fino ai 1.600
di Aschbach/Rio di Lagundo in funivia, poi a piedi. Con
Aurelio seguiamo un approccio meno diretto, salendo dal
versante di Lana (sempre senza rinunciare alla funivia...).
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Con un buon binocolo, si possono studiare i percorsi e i masi toccati dall'Alta Via di Merano stando comodamente seduti ai tavoli della Naturnser Alm.
Saliamo da Lana, periferia di Merano, portandoci in quota prima in funivia e poi con una seggiovia che ci scodella alla storica "stazione di villeggiatura" di Vigiljoch/Monte San Vigilio (m 1.814).
Scarica la traccia GPS.
Il posto, molto alla moda ai tempi della belle époque (la funivia venne aperta nel 1912, la seconda d'Europa) appare oggi un po' scaduto di tono, nonostante il tentativo bio-bau di un grosso "cinque stelle resort" costruito abbattendo il precedente hotel più tradizionale. Mezzo interrato e fuori posto, esibisce una rampa garage in stile condominiale e il "suo lato B" sembra una piccola base Nato, con l'erba sul tetto piatto ad evidenziare ciò che vorrebbe nascondere.
Le eleganti villette in legno immerse nel bosco costruite ai tempi d'oro ci sono ancora, ma appaiono stranamente vuote e trascurate anche se siamo in agosto; più in sù, a pochi metri dalla famosa chiesetta di San Vigilio, c'è un albergo e poco oltre gru e ruspe sembrano intenzionate a duplicare il metodo "bio-bau-resort" sperimentato più in basso, una formula certamente in grado di ammorbidire le commissioni edilizie comunali.
Le perplessità terminano quando, sui 2.000 metri, incomincia

sabato 16 agosto 2014

Peronospora nell'orto

Le piogge continue hanno ormai distrutto quel po' di orto a base di pomodori e insalate (che di solito andava avanti da solo).
Nell'ultima settimana hanno ceduto tutti. Non se n'è salvato uno.
I primi a lasciarci le penne sono stati i pomodori, che sono stati attaccati e distrutti dalla temibile peronospora.
Penso sia la Phytophthora infestans, la stessa che colpisce la patata e che si è conquistata un posto nella storia come concausa decisiva nel causare la Great Hunger, la grande carestia irlandese del 1845-49.
Niente pomodori verdi in barattolo quest'anno!
A ruota hanno ceduto anche i trapianti di insalata, letteralmente inzuppati.

giovedì 14 agosto 2014

Sul Picco di Vallandro da Prato Piazza

Siamo nelle Dolomiti di Sesto, al confine settentrionale dell'area dolomitica. La vetta del Dürrenstein/Picco di Vallandro è fra le mete più facili e remunerative.
La vetta del Picco di Vallandro/Dürrenstein si affaccia sulla Val Pusteria/Pustertal dai suoi 2.839 metri di quota, con un salto di quasi 1.600 metri. Sull'altro versante, la vista spazia su numerosi gruppi dolomitici: Dolomiti di Sesto, Cadini di Misurina, Croda Rossa, Cristallo, Croda del Beco...
La salita si snoda sul versante meridionale, con vista aperta sui 3.146 metri della
Hohe Gaisl/Croda Rossa d'Ampezzo. Le piogge abbondanti di questa estate
ne hanno dilavato i versanti, le sue macchie rugginose sono più rosse del solito.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
I vasti pascoli di Plätzwiese/Prato Piazza sono fra i luoghi più scenografici e "meravigliosamente stereotipati" delle Dolomiti, questo spiega la pressione antropica e speculativa (nell'era Durnwalder sono comparse due ulteriori strutture, un "rifugio" che confina con l'hotel ed un ristorante-malga; inoltre l'Hotel Gaisl ha più che triplicato la volumetria a vista e tenta di nascondere sotto terra la piscina coperta che è stata aggiunta dietro).
Più in alto, comunque, il picco rimane
Scarica la traccia GPS.
una meta affascinante con la cima affacciata sulla Val Pusteria, che compare improvvisamente quando si è ormai quasi in vetta. Oltre la valle si stendono gli ampi e ariosi panorami alpini, così diversi dai verticali pinnacoli dolomitici.
La salita non presenta difficoltà alcuna (forse qualche metro un po' aereo per passare dall'anticima alla vetta vera e propria.).
Nonostante il tempo inclemente la zona è frequentata, ma con lo stratagemma di dormire in auto al parcheggio siamo riusciti a dribblare l'affollamento sia la sera che al mattino.

giovedì 7 agosto 2014

Tra le trincee di Monte Zebio (Asiago)

Escursione autunnale al Museo delle Trincee sullo Zebio di Asiago.
Il Monte Zebio, situato appena a nord del capoluogo, offre anche una bellissima, ampia veduta sulla conca centrale dell’altipiano di Asiago, con vista diretta su Gallio e sul massiccio delle Melette, con il Monte Fior e le altre cime su cui s'arrestò l'avanzata della Strafexpedition dell'estate 1916.
La foto, scattata dalle alture  del Monte Zebio poste a nord dell'attuale Malga
Zebio, mostra sullo sfondo l'insieme di cime tondeggianti del massiccio
delle Melette con ben visibile, al centro, il Monte Fior. Le vicende narrate
da Emilio Lussu nel suo "Un anno sull'altipiano" si svolsero proprio fra
Monte Fior e Monte Zebio, dall'estate del '16 a quella del '17.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Questi sono i luoghi in cui Emilio Lussu ha combattuto e ambientato il suo libro “Un anno sull’Altipiano”.
Le cicatrici della WW1 sono ancora ben visibili: camminamenti, trincee e gallerie di cui alcune ripristinate (e ben documentati dal sito magicoveneto.it).
Il percorso, qui visto in Google Earth, fa una breve digressione verso il
cimitero della Brigata Sassari dove si trovano anche alcuni tratti di trincea
perfettamente restaurati. Per il resto si dipana ad anello attorno alla depres-
sione dell'attuale Malga Zebio, tra la Crocetta, la Lunetta, il Monte Zebio
e i roccioni sopra Casara Zebio Patorile.
Scarica la traccia GPS.
Qui,  e sugli altri monti vicini, gli austro-ungarici si attestarono dopo l'arenarsi della Strafexpedition. Costruirono un formidabile sistema di fortificazioni, con trincee rinforzate in calcestruzzo e profonde caverne, difese da più linee di reticolati.
Grazie alla sua posizione centrale, tra la primavera del 1916 e l’autunno del 1918, divenne un importante caposaldo della linea di resistenza austriaca tra la Val d’Assa e l’Ortigara.
Dal luglio 1916 fino al 10 giugno 1917 (inizio della battaglia dell'Ortigara), l'esercito italiano tentò innumerevoli volte di conquistare la cima dello Zebio, senza mai riuscire a superare la strenua resistenza degli imperiali. Quando cominciò la famosa battaglia dell'Ortigara, il monte Zebio figurava fra i tanti obiettivi da conquistare...
Da tempo le truppe italiane si erano attestate alle pendici dello Zebio, poco sotto le trincee austriache, costruendo anch'esse delle fortificazioni da cui partire per l'attacco alla posizioni imperiali: si pensi che sotto la Crocetta di Zebio la trincea austriaca e quella italiana si trovavano a qualche