lunedì 30 marzo 2015

Sul Colle di Tenna (Valsugana)

Tra Levico e Caldonazzo lungo uno dei mille presunti tracciati della via consolare romana "Claudia Augusta Altinate".
tenna
Lungo il Colle di Tenna si snodava probabilmente il percorso della via consolare romana che da Feltre si portava a Trento per innestarsi sul ramo principale della Via Claudia Augustra ab flumine Pado, la strada consolare aperta da Druso nel 15 d.C. che portava al Passo Resia e alle terre dei Galli "tirolesi". Nella foto il lago di Caldonazzo con il gruppo della Vigolana (a sx) e la più piccola Marzola (a dx).
tenna
Un suggestiva stradella interpoderale sul versante meridionale del colle di Tenna.
Il ramo altinate della Claudia Augusta sarebbe passato di qui. Il colle può essere
raggiunto anche dal versante del lago di Levico, con percorso altrettanto facile.
Vedi le altre foto in Google Foto.

Questa è una breve, piacevole, facile e panoramica passeggiata ad anello con vista sul Lago di Caldonazzo, la Vigolana, la Marzola e i monti della Valsugana, da fare quando manca il tempo o la voglia per uscite più lunghe e impegnative.
GPS tenna
Il tracciato in Google Earth.
👉I due laghi della Valsugana sono separati da un basso colle allungato lungo il quale da qualche parte, sulla destra, al centro o sulla sinistra doveva transitare il misterioso ramo orientale della via Claudia Augusta, quello quello che dal porto romano di Altino, tra Venezia e Grado, saliva a Feltre per poi congiungersi a Trento col ramo principale che saliva da Ostiglia ("ab flumine Pado").
👉Da qualche anno le indicazioni turistiche "Claudia Augusta" si sprecano. Sulle tracce della Claudia Augusta sembra essere diventato lo slogan delle APT e dei sindaci locali a corto di idee. Al di là di ogni ragionevole evidenza il tracciato della storica "Via Claudia Augusta Altinate" viene evocato e invocato ovunque e da tutti e chi mette più cartelli ragione ha. Poi il finanziamento pubblico cessa e il cartello ingrigisce.

martedì 24 marzo 2015

Il Teroldego rotaliano e i frati agostiniani

Gli spazi dell'antico monastero agostiniano di San Michele all'Adige, che è culo e camicia con il celebrato vino principe del Trentino.
Monastero di San Michele all'Adige
I chiostri di conventi ed abbazie erano a pianta quadrata ma quello di San Michele
fa eccezione: è triangolare. Il monastero fu fondato nel 1144-45 dai conti di Appia-
no in favore dei "canonici regolari" agostiniani, parallelamente alla istituzione dei
conventi dei canonici regolari di Novacella presso Bressanone e di S. Maria in der
Au presso Bolzano.
Non c'è da stupirsene poichè nei tempi andati dove c'erano i frati c'era anche il buon vino.
Naturalmente anche gli Agostiniani di San Michele avranno conosciuto l'arte del vino retico, da queste parti la vite era coltivata fin dal tempo dei romani ma non esistono prove che il vitigno sia stato "inventato" o "scoperto" dai monaci.
Museodi San Michele all'Adige
Secolarizzato nel turbine napoleonico, passò poi all'amministrazione pubblica austriaca che nel 1874 vi attivò una scuola agraria con nnessa stazione sperimentale per fare rinascere l'agricoltura del Trentino, allora in grave crisi. Oggi l'antico monastero ospita il conosciutissimo Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina.

 

👉L'incertezza sull'origine non trattiene i divulgatori dal fare affermazioni apodittiche, come quella di Elio Fox (tratta dal suo "Storia delle osterie trentine", Editrice Innocenti, Trento, 1974, pag. 3): "Verso il 1145 furono i monaci agostiniani a curare amorevolmente la vite, e da un vitigno particolare che cresceva sulle colline nei pressi dell'Abazia di San Michele all'Adige, fecero un vino eccezionale: il Teroldego."
👉In ogni caso questa vigna è veramente autoctona e di antica origine, visto che nel basso medioevo il Teroldego era già conosciuto, come attestano atti notarile del tempo (anche se la datazione rimane incerta: 1383 oppure 1480?).
👉Nemmeno sull'origine del nome ci sono notizie certe; mentre alcuni ricordano correttamente un Teroldeghe toponimo locale, secondo altri sarebbe una deformazione del termine Tirodola, vitigno diffuso nell’alto Garda che prende il nome dalla tipologia di allevamento a tutore vivo, le cosiddette tirelle. Secondo altri il Teroldego altro non sarebbe che il Tyrolergold, vitigno "già conosciuto in Germania in epoca tardo-medioevale". Nel tentativo di retrodatare le nobili ascendenze le citazioni "ad minchiam" si sprecano: "In realtà si parla di questo vitigno già ai tempi del Concilio di Trento, ne parlò poi Paolo Diacono" (ma il Concilio si tenne dopo, dal 1545 al 1563, e il longobardo Paolo Diacono visse prima, dal 720 al 799 d.C.) Ancora: "il nome lo diede per la prima volta per scritto Paolo Diacono, alla fine dell’VIII secolo, raccontando nella sua Historia Langobardorum una cruciale battaglia tra i Longobardi e i Franchi per il controllo della via del Brennero" quando una veloce verifica mostra che la ricerca per lemmi nel testo originale latino ha esito negativo).
Teroldego
Dal Monte di Mezzocorona la cannibalizzazione dei terreni agricoli è drammaticamente evidente. Capannoni e edilizia in puro stile "Padania Classics" si sono bevuta una buona metà "patria del Teroldego".

venerdì 20 marzo 2015

Castel Leuchtenburg e Rosszähne (in Bassa Atesina)

Un breve giro ad anello nella Bassa Atesina, facile ma ricco di storia.
Leuchtenburg Castelchiaro
Il castello (qui la vista verso Caldaro con il Monte Roen sullo sfondo) aveva un muro di cinta rotondo che racchiudeva alcuni edifici abitabili. Risale al XIII secolo ed apparteneva ai signori di Rottenburg. Nel 1339 fu espugnato insieme al vicino castel Varco dal principe-vescovo di Trento. Infine Castelchiaro entrò in possesso dei signori di Tirolo, che lo concessero in feudo ai Capitani di Caldaro. Il castello fu a lungo sede di Corte di giustizia. Dopo il 1610 il castello non venne più abitato e cadde in rovina.
Leuchtenburg Castelchiaro
I punti notevoli in questa breve escursionesono due, le rovine del castello
e questo affascinante belvedere di pietra rossa.
Vedi altre foto in Picasa Web Album.
Leuchtenburg Castelchiaro
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
Risalendo la Val d'Adige in direzione Bolzano lo sguardo m'era caduto sullo sperone di porfido che divide in due la Bassa Atesina, la bassa dorsale che taglia in due il fondovalle e che si chiama Mitterberg/Monte di Mezzo. Sta in mezzo al fondovalle, con il lago di Caldaro da un lato e l'Adige dall'altro e culmina con il massico torrione medioevale di Leuchtenburg/Castelchiaro, punto strategico ben visibile anche dalla Bassa Atesina, fra Ora e Bronzolo.
Tutto il Monte di Mezzo è caratterizzato da tracce di fortificazione retiche, successivamente modificate dai romani. Sul sentiero che porta dalla strada alle rovine, inoltre, si costeggia un muro di difesa preistorico.
Attualmente il rilievo è tutto coperto dalla vegetazione ma quando il suo fianco occidentale era tenuto sgombro dalle coltivazioni dovevano spiccare i massi aguzzi della sua sommità, torrioni di porfido rosso chiamati Rosszähne (Denti di
Cavallo). E' fra questi denti che si raggiunge la massima elevazione della

mercoledì 18 marzo 2015

Le viole di San Giuseppe

A Trento l'inizio della primavera coincide con la fiera agricola del 19 marzo, giorno di San Giuseppe.
Le violette selvatiche assomigliano alle Bergenie, anch'esse piante umili e di
poche pretese. Tra le tinte spente del sottobosco invernale il loro colore vivace
e squillante annuncia il cambio di stagione in concorrenza con le primule.
La tradizione fiera di primavera continua ancora oggi e alle ban- carelle si affianca anche la mostra dell'agricoltura, con l'esposizione di animali, trattori e macchinari per la lavorazione della campagna.
Sui monti i prati e i boschi sono ancora marroni, le piante non hanno ancora deciso se uscire dal letargo invernale ma un anticipo di prima- vera arriva dalle colorate violette di San Giuseppe, che si fanno vive addirittura prima delle primule (e possono avere petali sia pari che dispari).

sabato 14 marzo 2015

La "Cà de Bezzi" di Bolzano

Difficile da definire: antica osteria, cenacolo di intellettuali, localino alla moda o cos'altro ancora?
Ca de Bezzi di Bolzano
I cavalieri del Deutscher Orden (Ordine Teutonico) avevano nel territorio bolzanino un Baliato, il Deutschordensballei An der Etsch und im Gebirge, creato intorno al 1202 e che sopravvisse fino al 1805, quando venne abolito da Napoleone. A cento passi c'è la chiesa di St. Georg in Weggenstein, che apparteneva all'Ordine Teutonico.

Ca de Bezzi di Bolzano
La Ca' de Bezzi in un bianco e nero del 1932.
In rete la definiscono "straordinaria", un'iperbole per ricordare che è la più antica (1404) osteria di Bolzano e tra le più antiche d’Europa.
In ogni caso rallegriamoci che sia sopravvissuta alle stagioni, come la Fiaschetteria Beltramme a Roma o certi vinai di Firenze, o certi posti della Milano operaia e socialista, poi digerita e sputata da Craxi&Berlusconi. 
👉Nacque come osteria del Deutscher Orden, ossia come luogo dove i Cavalieri Teutonici passavano il tempo libero. Più tardi, in secoli a noi più vicini, divenne cenacolo di intellettuali, artisti, politici.
Fu frequentata dal Duca della Bavaria, dal pittore austriaco Albin Egger-Lienz e da Sigmund Freud, conserva l’edificio originale su tre piani, la bellissima stube degli artisti e anche la parte della celebre raccolta di ritratti iniziata nel 1889 che non è andata persa durante la seconda guerra mondiale.
👉A pian terreno c'è un'aggiunta contemporanea (2012) che non mi fa impazzire, ma che accetto come "segno dei tempi".
Altro segno dei tempi: la fissa di dotarsi di una birreria "artigianale" come se "artigianale" fosse automaticamente sinonimo di alta qualità e garanzia di unicità.
Ca de Bezzi di Bolzano
Dopo la ristrutturazione del 2012 il piano terra della Batzenhäusl ha preso un
aspetto "bio-bau" algido e modaiolo, bandiera dell'estetica pseudo-ecologista.
Il ristorante però serve anche piatti tradizionali come il Gröstl tirolese con crauti
crudi e fa parte di una rete che unisce i più noti locali storici d'Italia.
Con tutto ciò la Ca' de Bezzi rimane comunque un posto da vedere.
👉Anche se con qualche acciacco, questo storico locale è riuscito a sopravvivere all'ondata di cattivo gusto inaugurata dal craxismo e fatta propria, in anni più recenti, dall'affarismo sudtirolese del ventennio Durnwaldner.
👉Il suo nome attuale richiama l'antico, quando l'osteria era conosciuta come Batzenhäusl, nome che deriverebbe da una moneta settecentesca, il Batzen (Bezzo), che corrispondeva al prezzo di
una misura di vino.
👉Le atmosfere del passato sopravvivono quasi intatte ai piani superiori, per fortuna non intaccati dal recente intervento "modernizzatore" e che rimangono i più apprezzati dai visitatori.
Mi vien da dire visitatori perchè l'attuale destinazione a trattoria non deve trarre in inganno, la Ca' de Bezzi merita una visita innanzitutto per il valore storico e per i pregevoli arredi, più che per una sosta ristoratrice (anche se pure in questo non sfigura, birra "artigianale" compresa).

martedì 10 marzo 2015

Il giro largo del Guncina

Un giro andata-ritorno a partire dalla stazione FS di Bolzano, con qualche variante rispetto alla classica Passeggiata del Guncina.
Passeggiata del Guncina
La Guntschnapromenade/Passeggiata del Guncina si snoda sopra il quartiere di Gries, è esposta al sole e rimane perfettamente percorribile anche nella stagione cattiva. Un tempo "faceva sistema" con gli hotel del turismo internazionale oggi scomparsi o decaduti, l'Hotel Germania e l'Hotel Reichgliederhof. Quest'ultimo era collegato alla città da una delle due funicolari cittadine, anch'esse scomparse. Qui un opuscolo PDF sulla passeggiata e qui l'escursione alla sua gemella, la Passeggiata di Sant'Osvaldo.
Passeggiata del Guncina
Il percorso si apre verso sud, sulla conca bolzanina. Al centro della Bassa
Atesina si distingue il dossone porfirico che separa l'Adige dal Lago di Caldaro.
Vedi le altre foto in Google Foto.
Quel "largo" è lì a indicare la differenza col percorso tradizionale che inizia a Gries (fino al 1925 Comune a sé stante e nota località di cura e di soggiorno dell'impero asburgico) e termina a monte della Torrre di Druso.
GPS Passeggiata del Guncina
Il percorso visto in Google Earth.
👉Questo giro è "allargato" nel senso che si spinge a curiosare fino all'ex-albergo Reichrieglerhof (in italiano Castel Guncina, ora trasformato in residence) e perchè per il ritorno in città segue la vecchia (e ripida) strada selciata, snobbando per una volta i tornantini inghiaiati della
Promenade vera e propria. Si parte dalla stazione ferroviariaevi si torna dopo l'ampio giro.
Il punto più alto (si fa per dire) si raggiunge a metà circa della passeggiata dove si trovava l'hotel Reichrieglerhof, un tempo hotel prestigioso raggiunto da una funicolare oggi scomparsa ed oggi trasformato in un brutto residence.
👉Dopo la WW1 ci fu ancora qualche anno di splendore, quindi prima la Grande Guerra, poi l’avvento del fascismo fecero perdere

sabato 7 marzo 2015

Il Novecento della Val Gardena

Il "secolo breve" in Val Gardena / 1700 scatti in b&n.
I primi passi del turismo quando ormai la civiltà contadina s'avvia al tramonto,
con il trenino della Val Gardena a fare da sfondo.

La transizione dalla civiltà contadina all'economia turistica fissata nelle fotografie in bianco e nero raccolte del benemerito Comitato per l'Educazione Permanente di Santa Cristina Val Gardena.
Sono 1700 le fotografie storiche già inserite in archivio: il lavoro nei campi, il trenino, i primi turisti, la scultura del legno, il lavoro delle donne.
Immagini senza retorica, scattate quasi per caso come semplici foto-ricordo di famigliari e amici.

lunedì 2 marzo 2015

Sonnenberger Panoramaweg (Parcines-Naturno)

Fra i colori dell'inverno nella bassa Venosta.
Il sentiero è sempre largo e comodo e fin troppo protetto da staccionate. Nei punti più ripidi è perfino scalinato e assistito da un corrimano (catene). Sbocca nel paese di Naturns/Naturno, il cui centro storico emerge malconcissimo dal ventennio di Durnwaldner; tra i rari edifici sopravvissuti alle ruspe e circondati dal cemento c'è la trattoria Gasthof zum Adler.

La catena Hirzer-Ifinger che chiude la conca di Merano verso oriente è innevata
solamente in quota. In primo piano la rampetta più ripida dell'intero percorso.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
La giornata di sole è proprio venostana, limpida, tersa e scaldata dal sole. A ricordarci che è febbraio ci sono i colori, tutti sul tono del marrone.
Il versante solatìo della valle è punteggiato di masi e attraversato da lunghi sentieri orizzontali che seguono i percorsi di collegamento di un tempo o seguono il tracciato di qualche canale d'acqua ormai non più attivo.
Quello scelto oggi sta molto in basso, appena sopra i meleti del
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
fondovalle e sotto la fascia dei masi. Congiunge Parcines a Naturno con dei modesti saliscendi che aggiungono un poco di pepe ad un tracciato panoramico e non stancante.

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 630 (parcheggio)
Quota massima raggiunta: m 730
Dislivello assoluto: m 100
Dislivello cumulativo in salita: m 590
Dislivello cumulativo in discesa: m 570