Le prostitute a servizio della truppa combattente esercitavano al K.u.K. "Frauenheim", il bordello di Levico, ed era ovvio che fosse così: lo proclamava l'insegna stessa, bella grande e a caratteri ben leggibili, dipinta mentre il cappellano guardava da un'altra parte.
Nei primi mesi della Grande Guerra dietro le linee di combattimento spuntavano i postriboli militari, con prostitute spesso ospitate su carovane che avanzavano o retrocedevano a seconda dei vari spostamenti delle truppe.
Perchè la donna del tempo non era solo custode della patria e della casa, né semplice angelo che dà sollievo e conforto. Era pure oggetto di desiderio, anche peccaminoso.
Ed ecco un’altra figura ricorrente nell'iconografia semi-ufficiale della Grande Guerra, la imperial-regia (K.u.K.) prostituta, costante presenza che accompagnava il soldato nella concreta e durissima quotidianità bellica.
Senza contare i tanti presìdi minori del Colle di Tenna e del Col delle Benne di Levico, senza contare i ricambi che andavano assicurati alle trincee avanzate della Panarotta. Gli anni della WW1 registrarono quindi un vertiginoso aumento della "domanda".
Con lo scoppio delle ostilità anche la nazionalità delle prostitute (legali o meno) subì una mutazione e alle italiane subentreranno donne che venivano dalle più disparate parti della monarchia: Boemia, Stiria, Vienna, Moravia.
Il fenomeno più significativo divenne però quello illegale, clandestino.
A Levico, che si trovava a ridosso del fronte e contemporaneamente vantava, in quanto importante centro di soggiorno, una specifica tradizione in materia, il fenomento fu più marcato che altrove.
I soldati chiamavano ironicamente Feldmaitresse, mezzane da campo, dopo che s'erano verificati anche casi di prostituzione tra le infermiere in servizio presso gli ospedali militari.
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