mercoledì 24 luglio 2024

La scuola elementare del centro storico bolzanino

Il terreno venne donato alla città alla condizione che tutto il terreno attorno all'edificio scolastico fosse destinato a parco pubblico.
La colonna mariana e l'edificio della scuola elementare, rimasti inalterati da quando la scuola si chiamava "Francesco Giuseppe I". E' in pieno centro storico, a due passi da Piazza delle Erbe, con la sua Birreria Hopfen & Co, i vecchi banchi del pesce, e i banchetti delle verdure aperti tutto l'anno. E a due passi dalla Ca' de Bezzi e dall'ingresso centrale della Sankt Oswald Promenade, eccetera.


Fu inizialmente destinata a scuola femminile e intitolata al Kaiser Franz Josef I.
All'inizio del Novecento secolo il conte Friedrich von Toggenburg donò alla città di Bolzano un terreno per la costruzione di una scuola elementare e media femminile, a condizione che l'area non edificata fosse utilizzata come parco pubblico, cosa che fu fatta.
Così è nata la Marienplatz/Piazza della Madonna come la conosciamo ancora oggi. Le lezioni iniziarono il 14 novembre 1908.
Una cartolina di inizio Novecento (presumibilmente del 1915).
L'edificio è in stile Art Nouveau, è stato chiamato così per celebrare il 60° anno di regno dell'imperatore austriaco.
Nel parco venne anche eretta la Colonna Mariana, in ricordo degli anni del colera a Bolzano (1836-1854).
👉Durante l'epoca fascista la scuola prese il nome di Adelaide Cairoli. Nel 1943 l'edificio scolastico venne gravemente danneggiato da un attentato. Gli insegnanti e gli studenti poterono tornare nell'edificio scolastico solo nel 1951. Negli anni successivi la scuola non ebbe intitolazioni, si chiamò semplicemente "Schule am Marienplatz". Nel 1960 assunse la intitolazione attuale: "Jochann Wolfang von Goethe".

giovedì 18 luglio 2024

Quando le luganeghe da taglio venivano fatte e stagionate in casa erano meno dure, più morbide

Oggi quelle dei salumifici industriali sono secche e dure e affettarle col coltello può diventare un mezzo problema... ma con qualche eccezione.
Solo per fare un esempio: tra le luganeghe da taglio quella prodotta dalla rendenese "Brenta Salumi" è molto più simile a quelle fatte a mano in casa, che erano più morbide e tenere, anche se di solito erano anche un po' più grasse.
La grana media, abbastanza uniforme, richiama sia per consisten-
za che per stagionatura quella dei salumi artigianali e casalinghi.
E insomma diciamocelo: le luganeghe da taglio di produzione industriale sono di solito davvero troppo dure e troppo secche. Ma a ben guardare qualche produttore più rispettoso della tradizione non manca...
👉Quella prodotta da questo salumificio di Spiazzo Rendena è una felice eccezione, più vicina alla tradizione contadina che agli standard dell'industria globalizzata.
👉Chissà perchè? Forse perchè il marchio attuale è in fondo solo l'anello di congiunzione con la storica famiglia dei Masè, maestri salumai rendeneri da molte generazioni che operarono e si fecero apprezzare sia in Trentino come nella vicina Bolzano e soprattutto nella più lontana Trieste. Che buon sangue non menta?
Il suo punto vendita "La Bottega del Frà" é ospitato in un edificio finto-rustico spacciato per "uno splendido maso di montagna" non deve frenarci per colpa del suo aspetto un poco kitsch, perchè il prodotto c'è, proprio come accadeva ai tempi degli antenati Masè che raggiunsero il successo anche a Bolzano e, soprattutto, a Trieste.

sabato 13 luglio 2024

La baruffa societaria e di campanile fra la Trento-Malé e la Dermulo-Mendola, nei primi del '900

Dopo le ferrovie vennero le ferrovie locali (poi smantellate negli anni Sessanta del Novecento per far posto a gomma, benzina e asfalto).
Una vecchia foto a corredo della vicenda di sgambetti incrociati che ha accompagnato la costruzione delle due ferrovie locali della Val di Non: la Trento-Malé e la Dermulo-Mendola. La seconda partiva dal bivio di Dermulo, dove c'era anche una fermata della Trento-Malè. Le due stazioni vennero raccordate fra loro ma gli interscambi di materiale rotabile furono rari.




Il tracciato della tranvia tranvia Dermulo-Mendola (elaborazione di A. Ghezzer).

Un grazie particolare a Nicola Tretter che ha tolto il velo dell'oblio a questa piccola storia di chiusura mentale concepita all'ombra dei campanili e delle beghe paesane.
"Su questa ferrovia ho letto una storia che ha dell'incredibile, sintetizzata da questa curiosa foto (Faganello), risalente all'aprile del 1909. In quel periodo erano in fase di ultimazione i lavori di realizzazione di due linee ferroviarie che interessavano la Val di Non: la Trento-Malè (ancor oggi funzionante) e la Dermulo-Mendola (dismessa negli anni '30). Entrambe le ferrovie entrarono in funzione qualche mese dopo questo scatto
Il tracciato della tranvia Trento-Malè.

fotografico: il 1° settembre la linea dell'alta Anaunia, il 13 settembre la Trento-Malè. Va premesso che le due linee appartenevano a società diverse. La ferrovia Dermulo-Mendola era infatti stata realizzata dalla Società Anonima per la Ferrovia Elettrica dell'Alta Anaunia (FEAA), appartenente ad un consorzio di banche cattoliche, mentre la Trento-Malè era stata realizzata dalla Ferrovia Locale Trento-Malé SpA (FLTM), il cui capitale era di proprietà del comune di Trento e dei comuni nonesi e solandri interessati dalla linea. Ebbene, quando fu l'ora di trasportare il c.d. "materiale rotabile" (locomotive e vagoni) da Mezzolombardo (dov'era giunto a mezzo treno, lungo la linea del Brennero) a Dermulo, la Ferrovia Elettrica dell'Alta Anaunia chiese ai "cugini" della Trento-Malè di utilizzare la linea ferroviaria già allestita (e ormai prossima all'inaugurazione) che passava proprio per Dermulo (fermata fra Taio e Tassullo). Ma non ci fu accordo fra le due società e così locomotive e vagoni della FEAA dovettero essere condotti a Dermulo con una sorta di "trasporto eccezionale", lungo la strada (oggi "Statale della Val di Non", SS43), a traino animale"
(Nicola Tretter)

lunedì 8 luglio 2024

Le insalate di cavolo cappuccio tagliato fino fino

Nelle trattorie dell'Alto Adige te le portano in tavola quando ordini i canederli "asciutti", quelli non in brodo, cioè i Knödel mit Krautsalat.
Una Krautsalat condita con sale, olio, aceto, erba cipollina e semi di Kümmel. La Krautsalat può essere accostata allo Speck per una merenda al tagliere, o ai Würstel bolliti  accompagnati con la senape (quella dolce, non con la senape di Digione).

La "mandolina" è anche chiamata "slitta da crauti" perchè era adoperata per affet-
tare facilmente le grandi quantità cappuccio che servivano per fare i crauti. Ecco-
la usata per affettare finemente un cipolla duretta da aggiungere ai pomodori.
L'insalata di cavolo cappuccio fresco si può semplicemente condire con una spolverata di pepe nero e due gocce di salsa Maggi: basta che sia tagliata sottile...
👉In ogni caso è sempre meglio usare uno di quegli attrezzi fatti apposta per affettare i cappucci che si chiamano "mandolina" (roba da crauti, se ne trovano di belli alle Aziende Agrarie). Infatti solo la "slitta da crauti" o "mandolina" che dir si voglia è in grado di garantire la morbidezza del risultato, che a sua volta sa garantire la penetrazione di aromi e condimenti in una verdura altrimenti piuttosto dura.
Una insalata di cavolo cappuccio fresco con polenta e ragù di carne. Le mie insalate di cavolo cappuccio prevedono spesso la presenza della salsa Maggi, probabilmente perché risveglia ricordi dell'infanzia. E qui c'è anche una bella dose di erba cipollina.

mercoledì 3 luglio 2024

I semi del Kümmel e quelli del Cumino

Il suo nome tedesco (Kümmel) ha l'indubbio vantaggio di evitare ogni confusione con il Cumino Romano, che ha un sapore molto diverso...
mangiare in montagna
L'aspetto dei semi di Kümmel (nome scientifico Carum Carvi). E' una spezia spontanea delle terre alte molto usata nelle cucine dell'arco alpino a cominciare dai popolarissimi crauti o Sauerkraut o capuzi garbi che dir di voglia. Per non confonderlo con il cumino mediterraneo è chiamato "comino" o anche "anice dei Vosgi". Kümmel e Cumino: montana e fresca l'una, mediterranea e calda l'altra.
mangiare in montagna
I semi di Kümmel compaiono anche nella popolare jota friulana, la più famosa fra le
tante minestre rustiche contadine della tradizione (qui nella ricetta di Maria Stelvio).
Il Kümmel o "cumino dei prati" o ancora "anice dei Vosgi" (nome scientifico: Carum Carvi) non va confuso con il Cuminum cyminum, comunemente chiamato "cumino", "cumino romano" o anche "cumino vero" che proviene dal mediterraneo orientale e si associa solitamente alla cucina indiana, nordafricana, messicana, spagnola. Non sono proprio la stessa cosa e hanno sapori del tutto differenti.
mangiare in montagna
Anche la preparazione dei crauti prevede l'impiego dei semi di Kümmel.
👉Il Kümmel (cioè il "cumino dei prati", commercializzato anche sotto il nome di "comino") è il più utilizzato dalle cucine tradizionali dell'arco alpino semplicemente perché cresce spontaneo nei pascoli alti di lassù, tra gli 800 e i 2400 metri di altitudine. Il "cumino romano" invece in tedesco si chiama Kreuzkümmel.
👉Nelle cucine famigliari delle vallate alpine i semi di Kümmel sono molto presenti, compaiono anche nel pane di segale, nei formaggi e soprattutto nei popolarissimi crauti o Sauerkraut o anche capuzi garbi e in molte minestre rustiche contadine ed infine anche nei dolci e nei biscotti. Hanno dato il nome anche a un liquore, chiamato appunto "Kümmel".
mangiare in montagna
Pane di segale e Speck. Senza i semi di Kümmel il pane nero di montagna  non sarebbe più o stesso.

martedì 25 giugno 2024

L'osteria del Ghertele ai tempi della WW1

Dopo la Strafexpedion del maggio 1916 e fino alla fine del conflitto la Val d'Assa divenne un'arteria di vitale importanza per l'Impero e davanti all'osteria del Ghertele passarono migliaia e migliaia di soldati.
L'osteria del Ghertele in una foto scattata il 20 maggio 1916, nei primi giorni della Strafexpedition, la grande offensiva austriaca che portò gli imperiali fino alla periferia di Asiago: fino al Monte Fior, al Monte Zebio e al Monte Cengio. In quei giorni l'edificio dell'osteria venne utilizzata come sede di comandi militari e successivamente fu trasformata dagli austroungarici in ospedale militare.


Dintorni del Pusterle: l'arrivo della teleferica proveniente dal-
lo spiazzo antistante all'osteria del Ghertele, dove sono anco-
ra oggi visibili i resti dei basamenti in calcestruzzo (sullo sfon-
do si vede il dirimpettaio 
monte Portule).
👉All'alba del 24 maggio 1915, un colpo di cannone italiano sparato dal soprastante forte Verena segnò lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Il 15 agosto 1915 venne decisa un'offensiva italiana verso la piana del Vezzena, che costerà perdite umane molto gravi ai reggimenti delle brigate Ivrea e Treviso, e dal battaglione alpini Val Brenta.
👉Il 15 maggio del 1916 iniziò la Strafexpedition, la "Spedizione punitiva" austriaca contro l'Italia. Così il Ghertele si troverà ad ospitare i comandi austriaci e nella zona del Baitle, sempre in Val d'Assa, anche il comando dell'intero 3° Corpo d'armata Austriaco. La vicina Osteria del Termine, posta al vecchio confine Austro-italiano, dopo l'avanzata imperiale del '16 divenne importante sede di comando dell'esercito austro-ungarico (in particolare del 27º Reggimento di fanteria di Graz "König der Belgier").
👉La teleferica pesante austroungarica numero 10a tra il Ghertele ed il Pusterle aveva una portata di 500 tonnellate in 20 ore e faceva parte di un ramo del complesso sistema funiviario che partiva da Mattarello e da Levico, per arrivare a Passo Vezzena e che dopo la Strafexpedition si spinse fino al Ghertele e da lì risalì fino a Pusterle.
Alla fine della guerra la zona tornò a far parte del Regno d'Italia, la vecchia osteria a quota 1.130 riaprì e più tardi, nel 1958, divenne albergo. Oggi è ancora attiva e c'è ancora la scritta "albergo al ghertele" anche se ormai fa solo servizio di ristorante e si chiama "Ristorante Ghertele". Chi proviene da Asiago la incontra 6 km prima dell'osteria "All'antico termine", che si trova appena prima del confine italo-austriaco del 1866.


venerdì 21 giugno 2024

I bagni pubblici di Piazza Garzetti a Trento

Oggi si parlerebbe di "capitalismo compassionevole", allora si temeva la "questione sociale" nonché il movimento cooperativo e socialista.
Nel 1906 il Comune costruì nel giardino Garzetti un bagno pubblico per i ceti popolati e i lavoratori di passaggio in città. All'inizio ospitava anche una "cucina popolare". Poi rimasero in funzione solamente i bagni pubblici (qui il suo aspetto nel 1920).

Una pianta di Trento del 1902 riporta l'edificio come "cucina popolare".
Si tratta di un esempio importante di intervento pubblico, pensato dal Municipio del capoluogo all'inizio del Novecento per offrire agli strati bassi della popolazione un pasto economico e anche la possibilità di lavarsi comodamente.
👉Nessuno fra gli abitanti proletari del centro storico aveva l'acqua corrente in casa, tantomeno il gabinetto e ancora di meno il bagno, una realtà che si protrasse fino agli anni '70 del Novecento, quando si cominciò a parlare di "riqualificazione del centro storico" e l'amministrazione di Adriano Goio avviò la gentrificazione degli edifici del "Giro al Sass" e delle sue adiacenze. Si parlò allora di "espulsione del proletariato dal centro".
👉Gli alloggi popolari del centro storico erano concentrati alle Androne, in Via Suffragio, nel quartiere del Sass (poi abbattuto per far posto a Piazza Battisti) e più in generale ai piani alti delle costruzioni, quelli delle soffitte, più  disagevoli e meno ambite.
Non erano gli unici bagni pubblici della città; uno era dentro i casoni, e in P.za a Italia c'era il sotterraneo Diurno con servizio di barbiere e manicure. Fino alla fine degli anni '50 erano pochi gli alloggi popolari del centro storico che avevano il bagno in casa (qui vediamo il prospetto laterale dell'edificio in una foto di oggi).