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mercoledì 10 settembre 2025

Il teleobiettivo del Google Pixel 9 e la foschia

Gli algoritmi post-scatto del Pixel 9Pro non vincono la foschia delle giornate estive: nè il tele ottico nè il suo extrazoom digitale da 30x.
Per togliere la foschia serve un passaggio in Photoshop. Ecco per esempio i boschi di Aldino ripresi dal belvedere Enzbirch (m 1.250 in una giornata di moderata foschia) con l'opzione "5x", cioè con il tele ottico: l'inquadratura è quella di un tele da 110 mm nel formato pellicola. Nel riquadro vediamo invece ciò che si ottiene attivando anche l'ulteriore ingrandimento digitale di 30x: per rendere la cosa accettabile è stato necessario un passaggio in Photoshop il cui il filtro "riduci foschia" ha lavorato bene.
Con il super-zoom digitale da 30x la qualità del file che si ottiene è questa. Le con-
dizioni di illuminazione del soggetto e la foschia pesano molto, tanto più nella foto-
grafia di  paesaggio e ancora di più nei controluce.
E i risultati i risultati sul campo? Il teleobiettivo del Google Pixel 9Pro non può certo essere paragonato a quello di una macchina fotografica ma è certamente utilizzabile per prendere "appunti fotografici". Sapendo questo, sappiamo anche cosa aspettarci e cosa no.
👉La lente in dotazione è un 5x che corrisponde ad un teleobiettivo da 110 millimetri nel formato pellicola. Il teleobiettivo ottico è zoomabile digitalmente fino ad un rapporto di 30x. 
👉L'immagine prodotta dallo zoom 30x corrisponde a quanto inquadra un teleobiettivo di 660 millimetri nel formato pellicola e il risultato non è un gran che ma d'altra parte chi mai vorrebbe portarsi un cannone nello zaino? Nel campo dei supertele i più leggeri e compatti sarebbero gli obiettivi a specchio, non proprio dei pesi piuma...
👉Se la luce è buona il risultato è accettabile ma il nemico numero uno è la foschia, che mette in crisi l'algoritmo interno con cui il Pixel tratta il file catturato dalla lente prima di registrarlo nella memoria di bordo.

sabato 29 marzo 2025

Fotografare con il telefonino: cosa c'è dietro i quattro comandi e i tre obiettivi del Pixel 9pro

Gli obiettivi sono tre: un supergrandangolare, un grandangolare e un teleobiettivo. Le loro focali equivalgono a quelle di un 12mm, un 24mm e un 110mm del pieno formato (in più c'è uno zoom digitale).
I quattro comandi rapidi cui ci si affida nove scatti su dieci. In pratica sono loro a scegliere quale lunghezza focale usare fra le quattro disponibili. Quello marcato 2x è il solo che non attiva una lente fisica. Gli altri tre attivano una delle tre vere lenti di vetro.

I comandi rapidi sono riuniti nella fascia con i 4 tondi nume-
rati: è da qui che si sceglie quale obiettivo usare.
Da notare che l'obiettivo normale non c'è ma viene invece simulato croppando la parte centrale del 24mm; il risultato somiglia a un 49mm del pieno  formato ma è  il risultato di n'interpolazione digitale che lavora sul file prodotto dal grandangolare.
👉La scelta fra le tre lenti si fa al volo, semplicemente tappando su uno dei 4 comandi rapidi: 0,5x, 1x, 2x, 5x. Il teleobiettivo 5x dispone inoltre di uno zoom digitale che può spingersi fino al 30x. Ma vediamo con ordine:
0,5x: è il supergrandangolare: lunghezza focale 2mm pari a 12mm del pieno formato (l'angolo di campo è di 123°),
1x: è il grandangolare: lunghezza focale 6,9mm pari a 24mm nel pieno formato (l'angolo di campo è di 82°),
2x: è il normale: però non è una lente fisica, ma il ritaglio digitale dell'area centrale del grandangolare da 6,9mm con un campo visivo simile a quello di un 49mm del pieno formato,
5x: è il teleobiettivo: lunghezza focale 17,9mm pari a un 110mm del pieno formato (l'angolo di campo è di 22°). Si può zoomare digitalmente fino ad un massimo di 30x, che corrisponde a un tele da 660mm nel pieno formato.
👉L'inquadratura si può scegliere anche pizzicando lo schermo con due dita: la scelta della lente viene gestita in automatico dal software di bordo, ben imbottito di algoritmi capaci di fare un ottimo lavoro di post-produzione: sul lato zoom possiamo spingerci a scandagliare panorami montani fino a scovare cime davvero molto lontane: a volte succede che siano la foschia e le polveri dell'atmosfera a decidere quando è meglio non insistere oltre.
Il supergrandangolo quasi "fish eye", il grandangolo, il "normale" croppato dal grandangolo ed in fine il teleobiettivo. L'unico "finto" è il "normale" che Google chiama "2x". Gli altri tre sono frutto di una lente vera, cioè di vetro.


venerdì 21 marzo 2025

Fotografare con il telefonino: il tele del Pixel 9pro

Ho scattato una foto al meranese Picco Ivigna, guardandolo dal Lago di Caldaro. A sx con l'obiettivo normale 1x e a dx con il teleobiettivo 5x.
L'obiettivo "normale" dei telefonini corrisponde a un grandangolare del formato 24x36 (tipo un 24 mm) ma il teleobiettivo a volte viene simulato ritagliando il file catturato da quello normale. Il Google Pixel 9pro monta un vero teleobiettivo ottico, con una lunghezza focale equivalente di circa 110 mm. Un modesto tele per i cultori della pellicola, ma un buon "vetro" per chi si contenta del telefonino.

Avere a bordo un teleobiettivo vero, cioè costruito con lenti di vetro, ci garantisce un file di buona qualità, capace di sopportare i ritagli e le interpolazioni digitali, operazioni da cui esce mantenendo una discreta leggibilità anche a rapporti di zoom incredibili come un 15x o 30x che corrispondono a un 330 mm e un 660 mm di focale nel formato pellicola 24x36, due focali impegnative da maneggiare.

venerdì 19 maggio 2023

Il telefonino nelle foto di montagna: il Pixel 7A (che sarebbe il nuovo piccoletto di casa Google)

Da un po' lascio a casa la pur compatta Lumix a lenti intercambiabili e mi sforzo di ottenere qualche scatto decente dal nuovo telefonino.
Il nuovo Google Pixel 7A nell'orto di casa. Lo schermo sopravvive alla luminosità ambientale, non male quindi. Il GPS registra nel file jpg la posizione in cui é stata scatta la foto. Qui é attivo il supergrandangolo con ben 120° di angolo di campo (é come un 14 mm nel formato pellicola). La minimalista ma ottima interfaccia Google lo chiama sbrigativamente "0,5x". C'é poi dell'altro, ovviamente...
Obiettivo normale del Pixel 7A: equivale a un 24 mm in formato pellicola. Pun-
tato e scattato. Il formato é quello di default. Nessuna modifica in postproduzione.
L'idea sarebbe riuscire ad ottenere risultati una spanna sopra i semplici appunti fotografici, quelli a cui si perdona di tutto e di più. Ma prima due premesse:
👉Nei telefonini la lunghezza focale standard delle macchine fotografiche formato pellicola (50 mm) é stata sostituita con quella da 24-25 mm, che ai tempi della pellicola era un grandangolare spinto. Per fotografia di paesaggio va bene, o anche più che bene. Ma é un grandangolo, ed é bene saperlo. Ripeto: la lunghezza focale standard dei telefonini é il grandangolare. Anzi, il supergrandangolare, visto che l'an-
Stesso posto, stessa ora, sempre con un 24 mm equivalente ma qui da uno zoom
Panasonic Leica
 sulla Lumix G100. Nessuna modifica in postproduzione.

l'angolo di campo dell'ottica standard degli smartphone é quello di un 24 mm del vecchio formato Leica 24x36 millimetri che all'epoca era proprio "super": in confronto a quello usuale, che era un 35 mm, già il 28 mm sembrava quasi esagerato. Il tempo passa... 
👉In montagna come al mare c'é sempre molta luce e perciò inquadrare usando il display del telefonino é sempre scomodo e poco preciso. Non é un dettaglio, ma un fattore decisivo. E su questo non c'é partita: qualsiasi fotocamera con mirino vincerebbe a mani basse.
👉E gli obiettivi? Sul Pixel 7A ci sono:
Il Pixel 7A con lo zoom 2x (é lo "zoomino" di default, un moltiplicatore digitale
che simula gli obiettivi normali del formato pellicola, cioé i vecchi 50 mm).

(lasciando perdere la lente riservata ai "selfie"):
1) un grandangolare che però viene chiamato "standard";
2) un super grandangolare che viene chiamato "wide", con un angolo di campo di ben 120° gradi;
3) un modesto teleobiettivo, che però si basa sul ritaglio dell'immagine catturata dal sensore principale, in pratica un "crop" digitale post-trattato dagli algoritmi interni di Google. Funziona dall'ingrandimento 2x (che simula un obiettivo "normale" nel vecchio formato pellicola) fino all'8x (che come inquadratura corrisponde ad un tele da 200 mm del vecchio formato pellicola).
Forzando il moltiplicatore di focale col "pollice + indice" ci si può spingere fino ad
8x (così il Pixel 7A simula un vecchio teleobiettivo da 200 mm). Ma il risultato,
come si vede, non é gran che. Ma restando entro il 5x rimane ancora accettabile.
👉Da notare che l'immagine catturata dai sensori é in formato 4:3. In alternativa c'é il formato 16:9 che é frutto di un ritaglio, ma é questione di gusti.
Registra automaticamente nei dati EXIF le coordinate GPS di ciascuna singola foto.
- Registra gli scatti in formato Jpg oppure in Raw, o anche in Jpg+Raw.
- La stabilizzazione contro il mosso é molto efficace, anche in notturna.
- Avvicinandosi abbastanza a un soggetto passa automaticamente alla fotocamera ultrawide deputata alle foto macro.
- Registra nei dati Exif della foto la posizione GPS in cui é stata scattata.
- Il peso é di 194 grammi (eventuale cover esclusa) e le misure sono 162,9 x 76,6 x 8,9 mm, più la eventuale cover di protezione. Qualche altro scatto di prova nei prossimi post...

venerdì 1 aprile 2022

Lo storico "Manualetto di istruzioni scientifiche per alpinisti" del CAI trattava anche di fotografia

Per molti anni il sodalizio alpino (come il Touring Club Italiano) svolse anche una sua funzione pedagogica, quasi di alfabetizzazione di massa.
manuale CAI
Nell'ottobre del 2021 è uscita una ristampa anastatica della prima edizione. La mie didascalie si riferiscono alla terza edizione, quella del 1971 (nella foto) ma le ristampe del manualetto continuarono almeno fino al 1982. C'era anche un interessante capitolo dedicato alla fotografia (erano gli anni della pellicola in formato 35 mm, il classico 24x36 delle Leica e delle Reflex, oggi chiamato "full frame").
"In montagna, lo scatto di una foto richiede soprattutto tempestività, e la sua essen-
za sarà quanto mai «documentaria», ovvero priva di preparazione". Il capitolo de-
dicato alla fotografia era scritto da Mario Fantin, membro della spedizione italiana
che conquistò il K2 nel 1954 e che spezza una lancia a favore del formato 24x36.
"Il momento critico per un alpinista non è quello dello «scatto» di una o più foto
(può bastare una sola mano) ma quello in cui egli deve cambiare il rotolo. [...] uti-
lizzare macchine con minimo ingombro... [che] ...a differenza dell'apparecchio 6x6,
può essere portato appeso al collo, con cinghia corta, al di sopra del petto, in posi-
zione protetta, non ingombrante e sempre pronta ad un rapidissimo impiego."

Con i criteri odierni verrebbe considerato un "manualone", viste le sue 400 e passa pagine distribuite in xx sezioni e xx capitoli che spaziano fra topografia, meteorologia, idrografia, glaciologia, morfologia terrestre, speleologia, botanica e zoologia, etnologia e folclore, paleontologia, antropologia e culture di montagna, dialettologia e toponomastica, fisiologia umana di alta quota. Senza dimenticare la fotografia (siamo nell'era d'oro del 35 millimetri, il formato Leica che oggi chiamiamo "full frame".
👉Il "Manualetto di istruzioni scientifiche per alpinisti" fu pubblicato la prima volta nel 1934 ed è stato tra i più apprezzati battistrada di quella lunga serie di manuali che nel corso degli anni hanno dato lustro alla editoria del CAI.
"...in moltissimi apparecchi del piccolo formato è possibile estrarre l'obiettivo, eseguire la messa a fuoco (con o senza telemetro), scattare l'immagine, ed avanzare la pellicola, con l'impiego di una sola mano." Mario Fantin mi fa tornare alla mente la Minox 35, la tascabile degli anni Ottanta, quando il 24x36 veniva ancora "piccolo formato" in contrapposizione al 6x6 e al 6x9 ed alle "lastre".


venerdì 17 settembre 2021

Nuovo zoom tuttofare per la piccola Panasonic G100 (é vero: pesa 2 etti e mezzo in più, però...)

In montagna di solito mi porto il tascabile 12-32 mm (che equivale a un 24-64 mm nel formato pellicola), un superleggero e super compatto zoom da paesaggio che si fa perdonare molte cose. Ma questo...
Lo zoom tuttofare Panasonic Leica 12-60 mm montato sul corpo microquattroterzi della piccola Lumix G100 sembra più grande di quel che é. Tropicalizzato, stabilizzato, apertura decente, costruzione solida e accuratissima. Un'accoppiata non esattamente "da ferrata" ma tre casi su dieci decido di metterlo nello zaino da montagna alta. Per il resto dei casi, 10 casi su 10, direi.
I due zoom a confronto. A destra il mini-zoom 12-32 mm (che nella foto é in con-
figurazione operativa mentre nel riquadro é nella modalità di trasporto). 
Del resto il 
Panasonic Leica DG Vario-Elmarit 12-60 mm (che sarebbe un 24-120 mm nel formato 24x36) é veramente un'altra cosa, e non solo per quei 120 mm sul lato tele. Robustezza e qualità, per dirla in due parole.
👉Quando giro a bassa quota i suoi 320 grammi di peso non fanno certo la differenza. In fondo sono solo due etti e mezzo in più rispetto agli incredibili 70 grammi dello zoomino tascabile. Nelle mie abituali scarpinate di mezza giornata possono tranquillamente portarmelo dietro, mi sembra.
Il Lago di Cece e il suo baito in una mattina di settembre. In formato pellicola (24x36 mm) l'escursione del nuovo zoom equivale ad un 24-120 mm ma pesa e ingombra molto meno. Per dire: lo zoom Nikon full-frame 24-120 mm pesa 710 grammi, cioé più del doppio.

giovedì 18 marzo 2021

Il rumore nelle mirrorless: un problema annoso che però in montagna non é così importante

Il tallone d'Achille del formato m43 (microquattroterzi) é sempre stato il rumore, specie nelle ombre e con i tempi lunghi. Ma in montagna c'é sempre tanta luce e negli anni i miglioramenti tecnici  sono continuati.
Il bivacco "Argentino Vanin" al Monte Tauro ripreso a mano libera con un teleobiettivo da 415 mm equivalenti. I due ritagli sono di un file ingrandito del 300%. Dalla Lumix G2 (del 2010, che lavora a 100 ASA) alla Lumix G100 (del 2020, che lavora a 200 ASA, uno stop in più) sono migliorati anche il bilanciamento del bianco e la risoluzione (e infatti nel ritaglio della G100 il bivacco é più grande).

Oggi la sensibilità minima del sensore é di 200 ASA anziché 100, cosa che vuol dire
uno stop in più ) e fino agli 800-1200  ASA il problema diventa realmente fastidioso
solo ingrandendo molto l'immagine, mentre prima già a 400 ASA le cose peggiora-
vano visibilmente (questa é l'inquadratura da cui sono stati tratti i due ritagli).
👉Il ragionamento era: ok il piccolo ingombro ma il rumore... Un problema che ha accompagnato le piccole "senza specchio" (mirrorless) fin dalla loro comparsa sul mercato, nel 2010.
👉Ma i camminatori le apprezzano per l'ottimo rapporto qualità-peso-ingombro e perché sanno che in montagna il problema del rumore agli alti valori ASA non é mai stato un vero handicap: lassù la luce é sempre abbondante. E finalmente il problema sembra in via di superamento.

giovedì 17 dicembre 2020

Il problema della foschia nelle foto di montagna

Sappiamo che la foschia è in grado di ammazzare qualsiasi panorama.
Le Pale di San Martino fotografate da Cima Grappa, prima e dopo l'applicazione del filtro anti-foschia di Photoshop.
Con Photoshop il "dehaze" si fa in post-produzione e l'effetto è graduabile..
Ai vecchi tempi della fotografia su pellicola c'erano solo tre modi per ridurla a più miti consigli:
1) montare il filtro skylight (molto blando), oppure:
2) montare il filtro anti raggi ultravioletti (filtro UV), che era un poco più efficace oppure, e soprattutto:
3) montare il filtro polarizzatore, che era efficace, ma difficile da usare e quindi dai risultati incerti.
👉Si doveva in ogni caso avvitare un filtro di vetro trattato davanti all'obiettivo. A parte il costo, era molto scomodo e con i grandangolari più spinti potevano sorgere dei bei problemi di vignettatura.

sabato 3 ottobre 2020

Nuovo acquisto: dopo 10 anni di onorato servizio la Lumix G2 fa spazio alla nuovissima G100

La G100 è stata presentata come attrezzo pensato apposta per i Vlogger (quelli dei filmati su YouTube) eppure le sue caratteristiche ne fanno uno strumento perfetto per il fotografo di montagna.
La vecchia e la nuova mirrorless formato m43 (G2 a sinistra e G100 a destra).
E il perchè è presto detto:
👉Pesa e ingombra poco, addirittura meno della vecchia G2, ma ha lo stesso sensore della ben più pesante G9, per non dire della GH5, pure lei pompata dai pubblicitari per i video ma che a ben vedere poco interessante per noi montagnini.
👉L'annoso problema del rumore è stato quasi risolto: l'attuale sensore, paragonato a quello della vecchia G2, ha fatto davvero dei grossi passi in avanti.
👉Ha un suo piccolo flash di bordo, sempre utile nei bivacchi e nei rifugi;
La nuova G100 mantiene l'accoppiata mirino+schermo posteriore orientabile (e chi
scatta foto con il telefonino sa bene che la elevata luminosità ambientale ostacoli
la composizione dell'inquadratura su schermo).
👉Per fortuna mantiene l'accoppiata mirino+schermo posteriore orientabile (senza mirino ottico, in montagna la luminosità ambientale è un vero handicap). Lo schermo snodato aiuta, non solo quando ci evita di sdraiarsi a terra per fotografare i fiori...
👉Ha anche un buon sistema di stabilizzazione delle immagini, che di sicuro non serve  a molto con il grandangolo da paesaggio, ma aiuta parecchio col tele o nelle riprese macro (ma questo, diciamolo, interessa solo a chi non fa al 90% foto di paesaggi d'insieme ma si dedica anche a dettagli, vicini o lontani che siano).
Dopo dieci anni di continui miglioramenti le Microquattroterzi o m43 hanno praticamente risolto il problema del rumore, che ormai si fa sentire in modo fastidioso solo agli alti numeri ISO e nelle ombre chiuse.


lunedì 24 febbraio 2020

Il nuovo zoom super-grandangolare targato Leica

Dopo una rovinosa caduta a terra il vecchio Olympus non s'è più ripreso, funziona solo alla lunghezza focale di 9 mm. Ok, sostituirlo!
Il collaudato ma incidentato Olympus a confronto col blasonato Leica della Lumix.
Per le misure e i pesi non c'è partita. E il Leica manterrà le sue promesse?
Il più leggero e compatto Olympus rimane la scelta migliore per gli appassionati attenti al peso, quando non serve un attrezzo estremamente robusto e al top della qualità ottica. Le loro esigenze sono sì elevate, ma non professionali.
Che sarebbe quanto serve a noi camminatori.
L'Olympus mi era andato bene per un sacco d'anni e il nuovo Leica in fondo è stato un solo un capriccio.
👉Le analogie tra il nuovo zoom Leica 8-18 mm e il vecchio Olympus 9-18 mm iniziano e finiscono con il loro raggio di zoom quasi uguale e la nitidezza centrale, sempre molto elevata. Ma la robustezza costruttiva, l'ingombro e la massima apertura, sono piuttosto diversi.
monte creino
Il pezzo trentino del Lago di Garda visto dal Monte Creino, con Torbole, Riva e tutte le Alpi Ledrensi sullo sfondo (zoom a 8 mm, 1/500 di secondo e 7 come apertura di diaframma). Sarà mica che l'ho un po' inclinato a sinistra?

mercoledì 9 gennaio 2019

I file RAW e la postproduzione

"Raw", ossia "grezzo". E' l'equivalente digitale del vecchio "negativo" fotografico. Perchè nel file *.raw viene salvato lo scatto così come è stato visto dal sensore: duro e puro, difetti compresi.
lesso e cipolla
Lesso e cipolla all'Hopfen & Co. di Bolzano. A contare non è tanto Photoshop quanto invece lo scatto salvato in formato RAW (tipo come una pellicola ancora da sviluppare). A sinistra lo scatto *.jpg restituito dalla fotocamera e sulla destra lo stesso scatto ma salvato in formato *.raw e poi sviluppato in Photoshop Elements (a mano libera in luce ambiente con una stagionata Lumix G2).

sabato 17 novembre 2018

Per non portare un cannone nello zaino

Un teleobiettivo usato con attenzione può diventare un'accettabile alternativa ai supercannoni, che tra l'altro fanno a pugni con lo zaino.
catadiottrico MTO 500
Il bivacco Argentino Vanin al Monte Tauro (Lagorai) inquadrato dalla chiesa di
Santa Margherita presso Castelnuovo (Valsugana) con il 1000 mm. a specchio.
Buoni a bordo campo nel calcio o a Montecitorio per carpire i segreti di un foglietto scritto a mano a trenta metri di distanza, ma nemici giurati dell'alpinista, per via del peso e dell'ingombro.
Sono i cannoni da 1000 mm di lunghezza focale. Sostituibili?
catadiottrico MTO 500
La stessa inquadratura ottenuta ritagliando una foto scattata con una focale
di 415 millimetri. In pratica questo è un ingrandimento, neanche tanto spinto.
👉Nelle foto vediamo un confronto fra il pesantissimo teleobiettivo a specchio da 500 mm (che comunque rimane molto più leggero e compatto di un corrispondente cannone non cata-diottrico) e il ritaglio ricavato dall'inquadratura di un leggero telezoom della Panasonic (45-200 mm).
👉La prova è stata fatta su un corpo macchina microquattroterzi, per cui l'inquadratura corrisponde ad un 1000 mm del vecchio formato pellicola.
Il tele a specchio è superiore in termini di contrasto e dettaglio. Per uscirne alla pari avrei dovuto croppare un po' meno; fermarmi a un rapporto 1:2, diciamo. Insomma, più o meno quanto avevo già scoperto per altra via.

lunedì 1 gennaio 2018

Le macchine fotografiche dei grandi esploratori

Erano gli apparecchi a lastra, pesanti e ingombranti ed anche molto delicati perchè la gelatina fotosensibile era spalmata su lastre di vetro.
Herbert Georg Ponting
Herbert George Ponting, il fotografo della spedizione "Terra Nova"
in azione sul pack, con l'attrezzatura dell'epoca.
Giustamente celebri sono le fotografie ottenute con questo tipo di macchine dal fotografo Vittorio Sella nel corso della spedizione in Karakorum del Duca degli Abruzzi, nell'estate del 1909.
Il grande formato del negativo in uso fra i professionisti del tempo certamente aiutava, e parecchio, nell'ottenimento di buoni risultati finali in fase di stampa.
Ma va detto che, a giudicare dai risultati, già nel primo '900 l'industria dei vetri ottici aveva raggiunto un livello qualitativo decisamente elevato.
Sono foto che sembrano scattate negli anni Cinquanta del dopoguerra, appena prima dell'avvento del colore.

fotografia di esplorazione
La nave baleniera "Terra Nova" che nel 1910 trasportò a Sud i membri della sfortunata spedizione comandata da Robert Falcon Scott in Antartide.

lunedì 28 marzo 2016

Google Nik Collection (con molte cose per le foto di montagna)

Da 150 dollari a gratis. Il set di sette plug-in per Photoshop è diventato gratuito, ma probabilmente non è una buona notizia.
Google Nik Collection
Nik Collection è liberamente scaricabile da qui. Dopo l'installazione, il primo avvio di
Photoshop Elements è leggermente più lento (deve riconoscere i nuovi plig-in). Poi
tutto torna come prima e i plug-in compaiono in una finestrella pop-up (qui sulla si-
nistra). Occhio: ciascun plug-in va studiato e compreso come un oggetto a parte.
Può essere un segno che nella sterzata anti-PC  di Google Photos (che ha appena rottamato l'ottimo Picasa) il prossimo in elenco potrebbe essere proprio questo set di plug-in per Adobe Photoshop (sei per Photoshop Elements, dove quello per HDR non gira).
Insomma, per Google anche la elaborazione in post-produzione è destinata a migrare sulle App per telefonini e tablet. Una faccenda un po' contro natura, secondo me, perchè per lavorare su una foto un video grande e un buon mouse rimangono indipensabili.

giovedì 25 febbraio 2016

Photoshop Elements 14 e la riduzione della foschia atmosferica

Nella nuova versione 14 di Elements è comparso il comando "riduzione automatica foschia", una novità interessante per chi va in montagna.
Photoshop Elements 14
Foschia sulla laguna veneta dall'Ortigara. In basso a sinistra il file jpg originale con a
destra il risultato del comando "riduzione automatica foschia". In alto il risultato che
si ottiene desaturando il solo canale del Blu (click per ingrandire).
Il comando (che sta nel menù "migliora", scorciatoia Alt+Ctrl+A) automatizza una serie di regolazioni e correzioni che prima andavano fatte a mano ed è dunque senz'altro utile.
Ma purtroppo quasi sempre il risultato ha un grave difetto: una dominante blu che affligge il cielo e i piani più lontani. Meno foschia, ma più blu, un blu pesante e fastidioso che però fortunatamente può essere ridotto (e di molto) con un veloce Ctrl+U da tastiera, che apre la finestra di dialogo "tonalità-saturazione". Basta selezionare il canale del Blu, ridurre la saturazione (anche fino al 50%) e poi intervenire anche sulla luminosità del Blu. E' abbastanza veloce da essere fattibile...

domenica 5 luglio 2015

Una macchinetta da ferrata

Lumix GM1+Olympus Body Cap: entrano nel taschino come un pacchetto di sigarette.
Olympus Body Cap
La piccola Lumix GM1 equipaggiata con il supergrandangolare Olympus da 18 mm
equivalenti diventa un vero peso piuma (220 grammi spago compreso). Ma non è
solo una questione di peso: a contare è soprattutto l'ingombro e l'assenza di spor-
genze. Il diaframma fisso f:8 non si è rivelato un handicap: con la luce che c'è in
montagna e quell'ampio angolo di campo, il mosso non impensierisce.
Salire una ferrata con una reflex che ballonzola appesa al collo non è proprio l'ideale, nè per la sicurezza della macchina, nè per la nostra.
La Olympus ha in catalogo un supergrandangolo da 18millimetri spesso come un tappo copriobiettivo.
Con lui la piccola GM1 sta nel taschino della camicia e l'ampio angolo di campo permette di "entrare" nella parete ambientando i singoli passaggi, che di solito sono sempre - per forza - incollati alla roccia. Un'accoppiata ottima per le ferrate. Con uno zoom standard nello zaino, per il resto dell'escursione si può usufruire di un obbiettivo meno "fish-eye" e capace di non relegare le cime circostanti in un lontano orizzonte indistinto. Con un peso totale, diciamo, di 300 grammi.

domenica 5 ottobre 2014

Il micro 4/3 è diventato veramente micro

La Lumix GM1 è una macchinetta a ottica intercambiabile stracompatta ma completa di tutto.
Qui vediamo la Lumix GM1 a fianco della Lumix G2, altro menbro della scuderia
Microquattroterzi e quindi anch'essa a ottiche intercambiabili, però dotata anche
di mirino elettronico e non solo di display sul retro. In montagna questa è una cosa
che fa la differenza, e per questo continuo a preferirla. Da un po' me la porto in
giro con lo zoom della GM1, che la rende meno ingombrante (sopra con lo zoom
di serie 28-84 millimetri equivalenti). Nel frattempo sta per uscire la GM5, un'altra
stracompatta della famiglia Lumix mirrorless, che ha anche il mirino elettronico...
Le sue caratteristiche tecniche non temono il confronto con macchine ben più ingombranti.
Inoltre sfoggia uno zoom supercompatto, molto adatto per i paesaggi. Se sul versante tele si spinge solo fino ai 64 mm (poco più di un normale) su quello grandangolare parte da un bel 24 mm, molto più utile del classico 28 (stiamo sempre parlando di mm nel vecchio formato pellicola).
A sorprendere sono però le dimensioni, veramente da record per una macchina a obiettivi intercambiabili, basti dire che con lo zoom di serie entra bene nelle tasche della giacca a vento.

venerdì 23 maggio 2014

Fotografare il cielo azzurro II°

La nitidezza delle rocce e la pulizia del cielo possono essere migliorate (di molto) con un po' di pazienza.

 Fotoshop Elements12
Il file Raw è stato aperto in Photoshop Elements 12 applicando un fattore
di nitidezza impostato a  25, raggio 1 pixel, dettagli a 25 e mascheratura al
33%, proprio come descritto nel post precedente (click per ingrandire).
La cattura a schermo è stata fatta mentre era zoomato al 200% e la foto
proviene da una Panasomic Lumix G2 sensibilità 100 ISO, lunghezza focale
equivalente 400 mm, tempo 1/1300, diaframma 8).
Il modo più veloce per eliminare l'effetto-grana che colpisce i cieli azzurri si riduce ad intervenire sulla nitidezza dell'immagine: spostare a zero il cursore della scheda Dettagli/Nitidezza/Mascheratura all'apertura del file Raw, una cosa già vista in un post precedente.
 Photoshop Elements 12
Qui invece il file Raw è stato aperto con la nitidezza automatica esclusa, e poi
è stata applicata una maschera di contrasto avendo però cura di escludere il
cielo, che viceversa è stato leggermente sfuocato. La procedura è divisa in due
passi come descritto a lato (click per ingrandire).
Ma se si preferisce un lavoro più "di fino" seppur più lungo, allora sarà bene che Photoshop non applichi alcun default all'apertura del file Raw, cosa che si ottiene al volo azzerando tutti i cursori dalla schermata iniziale (dalla terza icona da destra della barra in alto, che accede alla finestra di dialogo "Preferenze").
In tal modo i files arriveranno sulla schermata principale di Photoshop un po' meno nitidi ma più ricchi di dati grezzi su cui intervenire. In realtà il flusso di lavoro è semplice:
● si seleziona il cielo azzurro e lo si sfoca leggermente. Poi si inverte la selezione;
● il comando che daremo ora è "Maschera di contrasto", raggiungibile dalla voce di menù "Migliora". E' bene non esagerare con i parametri, un fattore di 200 con un raggio d'azione di 1 pixel sono, per i miei gusti, già un po' eccessivi. E' la seconda immagine qui a lato, grezza come mamma l'ha fatta.

domenica 27 aprile 2014

Fotografare il cielo azzurro

Coinvolgere i cieli azzurri nel tentativo di migliorare la nitidezza peggiora la "grana percepita".
 Cielo non mascherato
Quando un file Raw viene aperto la nitidezza (attiva per default) è impostata
su questi valori: fattore 25, raggio 1 pixel, dettagli 25, mascheratura 0.
L'immagine mostra una parte del file zoomato al 200% (click per ingrandire).
Per evitare questo "effetto collaterale" bisogna escludere il cielo dall'aumento di nitidezza.
Infatti, se i dettagli dei monti diventano più nitidi, purtroppo l'azzurro uniforme acquista uno sgradevole effetto grana sicchè l'effetto complessivo peggiora.
Il modo più veloce (ma non l'unico) per migliorare i risultati che Photoshop ottiene con le sue regolazioni di deafult è quello di "mascherare il cielo". Di che si tratta? 
Cielo mascherato.
Lo stesso file aperto con i gli stessi valori di default ma aggiungendo una
mascheratura del 33% (tenendo premuto il tasto Alt mentre si agisce sul
cursore si visualizza l'area interessata dalla mascheratura e se ne può quindi
controllare l'estensione). La nitidezza dai monti è rimasta quai uguale ma il
cielo azzurro è stato preservato dal fastidioso "effetto grana".
Se si lascia fare alle regolazioni di default del programma, già all'atto dell'apertura del file Raw, Photoshop applica automaticamente un fattore di nitidezza 25 con raggio di 1 pixel e
dettagli pari a 25, come nella prima immagine riportata a lato (cliccare per ingrandire).
I valori possono essere variati al volo dalla scheda Dettagli/Nitidezza della schermata iniziale ma ciò che ci interessa è che agendo col cursore "Mascheratura" si può escludere il cielo dal comando per minimizzare la presenza di artefatti particolarmente fastidiosi quando è uniformemente azzurro.
(foto scattata con una Lumix G2, sensibilità 100 ISO, lunghezza focale equivalente 28 mm, tempo 1/640, f:8)

sabato 28 dicembre 2013

Con lo specchio sovietico in Valsugana e alle Canarie

Lo stagionato catadiottrico MTO 500, che risale agli anni Sessanta, continua ad essere apprezzato dagli astrofili.
obiettivo a specchio MTO500
La luna ripresa con il vecchio l'MTO 500 (1/80di secondo).
Massimo viene dalla Valsugana ma da tredici anni vive nell'isola De La Palma (alle Canarie) dove lavora come astronomo e ottico per il Telescopio Nazionale Galileo (www.tng.iac.es).
Anche lui è un estimatore del vecchio teleobiettivo a specchio MTO 500 e gentilmente mi ha mandato qualche scatto fatto con lo stesso obiettivo.
Da lui ho avuto la conferma di una mia impressione e cioè che questo vecchio vetro di fabbricazione sovietica continui a difendersi bene anche oggi (tanto che pensa di procurarsi anche l'MTO 1000).
Ha anche aggiunto una immagine dall'atmosfera molto natalizia, che vediamo qui sotto, fatta con uno zoom Canon, molto più bello di quello con la luna crescente di novembre vista attraverso l'MTO 500 dal poggiolo di casa.
telescopio nazionale galileo
Venere, Luna, Via Lattea e meteora riprese sul mare delle Canarie con lo zoom 24-105mm F/4 montato su Canon EOS 6D.