Per molti anni il sodalizio alpino (come il Touring Club Italiano) svolse anche una sua funzione pedagogica, quasi di alfabetizzazione di massa.
Nell'ottobre del 2021 è uscita una ristampa anastatica della prima edizione. La mie didascalie si riferiscono alla terza edizione, quella del 1971 (nella foto) ma le ristampe del manualetto continuarono almeno fino al 1982. C'era anche un interessante capitolo dedicato alla fotografia (erano gli anni della pellicola in formato 35 mm, il classico 24x36 delle Leica e delle Reflex, oggi chiamato "full frame"). |
"In montagna, lo scatto di una foto richiede soprattutto tempestività, e la sua essen- za sarà quanto mai «documentaria», ovvero priva di preparazione". Il capitolo de- dicato alla fotografia era scritto da Mario Fantin, membro della spedizione italiana che conquistò il K2 nel 1954 e che spezza una lancia a favore del formato 24x36. "Il momento critico per un alpinista non è quello dello «scatto» di una o più foto (può bastare una sola mano) ma quello in cui egli deve cambiare il rotolo. [...] uti- lizzare macchine con minimo ingombro... [che] ...a differenza dell'apparecchio 6x6, può essere portato appeso al collo, con cinghia corta, al di sopra del petto, in posi- zione protetta, non ingombrante e sempre pronta ad un rapidissimo impiego." |
👉Il "Manualetto di istruzioni scientifiche per alpinisti" fu pubblicato la prima volta nel 1934 ed è stato tra i più apprezzati battistrada di quella lunga serie di manuali che nel corso degli anni hanno dato lustro alla editoria del CAI.
"...in moltissimi apparecchi del piccolo formato è possibile estrarre l'obiettivo, eseguire la messa a fuoco (con o senza telemetro), scattare l'immagine, ed avanzare la pellicola, con l'impiego di una sola mano." Mario Fantin mi fa tornare alla mente la Minox 35, la tascabile degli anni Ottanta, quando il 24x36 veniva ancora "piccolo formato" in contrapposizione al 6x6 e al 6x9 ed alle "lastre". |
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