Visualizzazione post con etichetta cantina. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cantina. Mostra tutti i post

lunedì 17 febbraio 2025

Gin, ginepro e genepì d'Aosta sono forse parenti?

La pianta del ginepro e il liquore gin sì che sono imparentati. Ma il genepì valdostano non c'entra nulla, è solo un caso di  false friends.
Bacche di ginepro non ancora mature. Nel gin britannico la loro presenza é obbligatoria per legge perché ne determina l'aroma, il profumo e il gusto. Invece il genepì fa parte della tribù dell'assenzio e viene dalla macerazione in alcool dell'artemisia nella sua variante Artemisia Glacialis, che è la varietà montana dell'artemisia.


Le bacche del ginepro hanno un ciclo di maturazione biennale che sembra risentire
del clima, tanto che sembra più facile imbattersi in bacche mature sulle isole adriati-
che piuttosto che nelle praterie alpine.
Il gin inglese è incolore e si ottiene distillando una fermentazione di patate e/o cereali e di molte e diverse erbe e bacche in proporzioni e numero che variano da zona a zona.
👉Il gin vede sempre la presenza della bacca del ginepro, che ne caratterizza sia il il profumo che il gusto. Il nome del distillato deriva infatti proprio dalla pianta del ginepro. Nota storica: all'inizio del Settecento una parte del salario degli operai inglesi veniva corrisposta in gin.

lunedì 27 gennaio 2025

L'"Amaro Trentino" del dott. Cappelletti

La produzione iniziò nella storica Erboristeria di Piazza Fiera alla fine degli anni Cinquanta. E, come per l'Elisir Novasalus, continua tuttora.
L'etichetta è rimasta inalterata nel tempo, tanto che ormai si identifica con il territorio da cui attinge il nome.
Oggi, dopo la chiusura dello storico punto-vendita di Piazza Fiera la produzione continua nello stabilimento di Ravina, e quindi l'amaro continuerà ad essere disponibile. Sempre uguale a sè stesso da quando veniva distillato nella vecchia azienda aperta dal dott. Cappelletti in Piazza Fiera, ed aveva qualche grado in più.
👉La gradazione alcoolica attuale si ferma ai 21°. Profuma di menta e di liquirizia. Il suo mix di erbe comprende la centaurea, la genziana, la menta piperita, l’asperula odorosa e altre erbe di montagna che fanno di questo prodotto considerato "identitario".
👉La presenza della genziana nel suo mix di erbe è un segno del legame con il mondo delle terre alte: la radice della genziana maggiore fa parte della farmacopea contadina delle valli alpine. Tra i rimedi naturali del sapere contadino il potere digestivo della grappa alla genziana era proverbiale. E in tutta Europa era stata utilizzata anche come febbrifugo prima della introduzione del chinino.

domenica 24 aprile 2022

Pastìs, liquore all'anice dei partigiani piemontesi

Nelle valli del cuneese, quelle da dove partì il "vento del Nord" della resistenza antifascista, si brindava con questo liquore occitano.
pastis
Il pastìs che si beveva a Marsiglia rimbalzò in Italia con i lavoratori stagionali e si insediò nelle valli di montagna del Piemonte, quelle della rivolta armata contro il fascismo e il nazismo, nelle valli che iniziano dalle Langhe del "Partigiano Johnny" ed di comandanti partigiani come Nuto Revelli, Giorgio Bocca, Italo Pietra. Erano anche valli delle saghe letterarie come "Il partigiano Johnny".
Quando le autorità francesi vietarono l'assenzio, fu il momento del pastìs,
la bevanda dal grado alcolico ridotto (prima 16°, poi i 30° ma infine i 45°)
che deve la sua fortuna a Jules-Félix Pernod, che depose il marchio Anis
Pernod nel 1918, e a Paul Ricard, che nel 1932 usò per la prima volta l’a-
nice stellato oltre a quello verde e anche alla liquirizia.
La lingua occitana che ancora oggi si parla in certe zone del Piemonte deriva dalla langue d’oc, ovvero dal francese provenzale antico: é la parlata “sconfitta” dalla langue d’oïl (da cui la parola oui del francese standard). 
👉Il pastis è un liquore all’anice, come ce ne sono tanti in Italia e in tutto il Mediterraneo. La particolarità è dovuta alla miscela di due tipi di anice, quello verde e quello stellato, e all’aggiunta di altre erbe aromatiche, tra cui liquirizia, salvia, rosmarino e timo. Ha una gradazione alcolica intorno ai 45%, e lo si beve allungato con acqua fredda in piccoli bicchierini: in proporzione una parte di liquore e cinque o sette di acqua.
👉La fortuna del pastis é legata al declino dell’assenzio,  la "fata verde" che fino al 1915 aveva ispirato poeti e pittori, ma che aveva anche creato grandi allarmi sociali per il suo tasso alcolico (sui 70°) e per la presenza del tujone,
In ogni caso anche l'artemisia-assenzio rimane ben radicata tra le genti alpine, soprattutto quelle occidentali: basti citare il popolare liquore Genepì della Val d'Aosta (qui sopra).
 tanto da essere messo fuori legge sia in Francia che in Italia.




sabato 31 ottobre 2020

I colori dell'autunno 2020

Lo ricorderemo come "quello del Coronavirus". I colori e i toni vanno d'accordo con quelli di Milo, gatto cacciatore che ama il mimetismo.
A qualche giorno dal secondo lock-down l'aria s'è fatta fredda ma i colori sono quelli caldi dell'autunno, la stagione in cui Milo è più mimetico e io riporto al coperto le grappe aromatizzate dai famosi "40 giorni al sole". La nostra clausura durerà di più?



domenica 4 ottobre 2020

Grappe arcobaleno: c'è anche quella alla ruta, che è verdolina e gialla, leggera e digestiva...

E' una di quelle grappe digestive da preparare per semplice infusione naturale, favorita dalla robusta azione dei raggi solari estivi.
mangiare in montagna
Dopo i quaranta giorni d'esposizione al sole estivo, la grappa alla ruta si ritrova in compagnia dei colori autunnali....
mangiare in montagna
Secondo i dettami della tradizione, della pianta vanno utilizzate le foglie, grassot-
telle e dal verde intenso. Tuttavia ho provato a mettere in infusione anche le bac-
che e i fiori gialli della piantina, e mi sembra che funzioni ugualmente bene.
La regola è sempre quella, anche per la digestiva ruta: in bottiglia per quaranta giorni, sotto il solleone di piena estate.
👉Con la sola eccezione della radice, possono essere utilizzate tutte le parti di questa pianta spontanea (nome scientifico ruta graveolens) che coltivo nel giardino di casa e raccolgo durante la fioritura.
👉Volendo, le foglie fresche possono essere usate con moderazione anche per insaporire insalate, carni, pesci, oli e aceti aromatici, cosa che in realtà non ho ancora mai sperimentato.
P.S.: i guru della medicina naturale riferiscono di presunti effetti collaterali fotosensibilizzanti, ed anche di controindicazioni in caso di gravidanza...

mercoledì 5 agosto 2020

Grappe arcobaleno: quella fatta con il bianco e il giallo dell'achillea millefoglie, che diventa dorata

Semplice infuso su una base di grappa bianca: un digestivo aromatico.
In bottiglia al sole per 40 giorni. Basta un ciuffetto come quello a destra per 1/2 litro di grappa. Il purista consiglierebbe niente zucchero e secondo me ha ragione. L'aromatica messa in infusione crea il colore dell'infuso, e questo è quello dell'achillea millefoglie.

Achillea millefoglie. Ha un sapore leggermente amaro e di solito poco gradito in cucina. Viene
impiegata nella  preparazione di una salsa per accompagnare pesce o uova.
Achillea millefolium è il suo nome scientifico ma è conosciuta popolarmente attraverso molti altri nomi: erba del soldato, millefoglie, sanguinella, erba dei tagli, stagnasangue. Cresce al meglio in pieno sole.
👉Si raccolgono le sommità fiorite da giugno a settembre, che si possono essiccare all’ombra riunite in mazzetti. Si possono conservare in sacchetti di stoffa o carta.
👉Il medico senese Andrea Mattioli, XVI secolo, così scriveva: Trita la sua chioma, e impiastrata, salda le ferite fresche, le assicura dalle infiammazioni. Ristagna i flussi del sangue, e parimente de i mestrui applicata di sotto con lana: e imperò seggono nella sua decottione le donne che patiscono il flusso della matrice. Bevesi anchora per la disenteria..

giovedì 17 ottobre 2019

Il mito ottocentesco dell'assenzio assassino

L’ostilità nei confronti della “Fata Verde” decollò quando riuscì a coalizzare i produttori di vino e di wiskhy e a schierarli con i governi occidentali impegnati nelle campagne proibizioniste.
assenzio a Praga
A partire dalla Francia, il consumo del distillato dell'Artemisia Maggiore (Artemisia
Absinthium) puro o diluito con acqua ghiacciata e addolcito con una zolletta di zuc-
chero, aveva surclassato per la sua economicità gli altri alcolici e super alcolici.
La campagna iniziò nella seconda metà dell’Ottocento e l’Assenzio acquistò in pochi anni la fama di sostanza allucinogena capace di trasformare gli uomini in violenti criminali e nel 1915 venne bandito per legge in molti paesi.
👉Ormai, però, la notorietà a cui l'avevano innalzato i "poeti maledetti" o aveva circondato di un fascino difficile da scalzare: ancora oggi immaginiamo Rimbaud che, ogni tardo pomeriggio (l’ora magica della Fata Verde andava dalle 17,00 alle 19.00) si recava al bar “Accademia dell’Assenzio” e per tre soldi aveva il bicchiere che lo aiutava a mettere su carta le sue immortali poesie.
assenzio veneziano
Le etichette di questa vetrina del centro storico di Venezia ci suggeriscono che il vero problema dell'assenzio era l'elevatissima gradazione alcolica a cui veniva commercializzato. Dopo la ri-liberalizzazione postafscista degli anni Sessanta, viene tutt'oggi venduto a 65°-69° di alcool. Molto ma molto di più del verde Genepì valdostano o della scura Pelinkovac balcanica.

martedì 24 marzo 2015

Il Teroldego rotaliano e i frati agostiniani

Gli spazi dell'antico monastero agostiniano di San Michele all'Adige, che è culo e camicia con il celebrato vino principe del Trentino.
Monastero di San Michele all'Adige
I chiostri di conventi ed abbazie erano a pianta quadrata ma quello di San Michele
fa eccezione: è triangolare. Il monastero fu fondato nel 1144-45 dai conti di Appia-
no in favore dei "canonici regolari" agostiniani, parallelamente alla istituzione dei
conventi dei canonici regolari di Novacella presso Bressanone e di S. Maria in der
Au presso Bolzano.
Non c'è da stupirsene poichè nei tempi andati dove c'erano i frati c'era anche il buon vino.
Naturalmente anche gli Agostiniani di San Michele avranno conosciuto l'arte del vino retico, da queste parti la vite era coltivata fin dal tempo dei romani ma non esistono prove che il vitigno sia stato "inventato" o "scoperto" dai monaci.
Museodi San Michele all'Adige
Secolarizzato nel turbine napoleonico, passò poi all'amministrazione pubblica austriaca che nel 1874 vi attivò una scuola agraria con nnessa stazione sperimentale per fare rinascere l'agricoltura del Trentino, allora in grave crisi. Oggi l'antico monastero ospita il conosciutissimo Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina.

 

👉L'incertezza sull'origine non trattiene i divulgatori dal fare affermazioni apodittiche, come quella di Elio Fox (tratta dal suo "Storia delle osterie trentine", Editrice Innocenti, Trento, 1974, pag. 3): "Verso il 1145 furono i monaci agostiniani a curare amorevolmente la vite, e da un vitigno particolare che cresceva sulle colline nei pressi dell'Abazia di San Michele all'Adige, fecero un vino eccezionale: il Teroldego."
👉In ogni caso questa vigna è veramente autoctona e di antica origine, visto che nel basso medioevo il Teroldego era già conosciuto, come attestano atti notarile del tempo (anche se la datazione rimane incerta: 1383 oppure 1480?).
👉Nemmeno sull'origine del nome ci sono notizie certe; mentre alcuni ricordano correttamente un Teroldeghe toponimo locale, secondo altri sarebbe una deformazione del termine Tirodola, vitigno diffuso nell’alto Garda che prende il nome dalla tipologia di allevamento a tutore vivo, le cosiddette tirelle. Secondo altri il Teroldego altro non sarebbe che il Tyrolergold, vitigno "già conosciuto in Germania in epoca tardo-medioevale". Nel tentativo di retrodatare le nobili ascendenze le citazioni "ad minchiam" si sprecano: "In realtà si parla di questo vitigno già ai tempi del Concilio di Trento, ne parlò poi Paolo Diacono" (ma il Concilio si tenne dopo, dal 1545 al 1563, e il longobardo Paolo Diacono visse prima, dal 720 al 799 d.C.) Ancora: "il nome lo diede per la prima volta per scritto Paolo Diacono, alla fine dell’VIII secolo, raccontando nella sua Historia Langobardorum una cruciale battaglia tra i Longobardi e i Franchi per il controllo della via del Brennero" quando una veloce verifica mostra che la ricerca per lemmi nel testo originale latino ha esito negativo).
Teroldego
Dal Monte di Mezzocorona la cannibalizzazione dei terreni agricoli è drammaticamente evidente. Capannoni e edilizia in puro stile "Padania Classics" si sono bevuta una buona metà "patria del Teroldego".

sabato 15 dicembre 2012

Le grappe arcobaleno (tutte a base di grappa bianca)

L'esercitazione sul tema "grappa bianca corretta con qualcosa" s'è svolta nell'orto, mentre strade e rifugi erano decisamente troppo pieni.
mangiare in montagna
Da sinistra: con le prugne di Dro, le pigne di mugo della Vigolana, la salvia selvatica di Cherso, il mirtillo nero di casa, la achillea millefoglie del Vanoi. Sempre in grappa bianca della Val di Cembra.
mangiare in montagna
Qui invece una grappa con pigne verdi di mugo, di qualche settimana prima
Dopo qualche settimana hanno cominciato a prendere e mantenere il colore.
Forse non sono un granchè, ma le bottigliette da mezzo del'olio Coop fanno la loro figura, con le tinte tenui lasciate dalla salvia, dal mirtillo nero, dalle pigne di mugo, dai fiori dell'achillea millefoglie e anche, alla fine, dalle prugne di Dro.
👉Le piccole prugne (o susine che dir si voglia) di Dro, poverette, sono le peggio messe perchè sono costrette a vedersela con la forte slivovica dalmatica, che non ammette mezze misure perchè la slivovica (pronuncia slivoviza) è un distillato e non una semplice infusione come questi goffi esperimenti casalinghi.
👉Un'altra cosa, invece, e più classica, è la "grappa al mugo", da sempre bene accolta in qualsiasi convivio alpino: si tratta di grappa bianca insaporita da qualche piccola pigna verde di mugo alpino...

lunedì 19 novembre 2012

A novembre, in vista dell'inverno, i marroni di Drena!

castagne
I marroni di Drena a metà cottura nel forno (ma fatte con la padella sulla fiamma diretta sanno più di montagna) e poi  le 6 pigne di mugo dei Lagorai nel mezzo litro di grappa bianca (senza zucchero).

venerdì 14 settembre 2012

Il Müller Thurgau della Val di Cembra

müller thurgau val di cembraLa produzione di vino bianco (e l'estrazione del porfido) hanno affrancato  la valle dalla sue secolari ristrettezze. E' storia recente, che risale al secondo dopoguerra.
Valle di porfidi rossi e miseria nera fino a metà Novecento. Stretta ed aspra, tagliata dall'Avisio nella piattaforma porfirica atesina.
Sugli scoscesi terrazzamenti i contadini insistevano da secoli nella produzione di vino rosso, che in quelle condizioni climatiche dava prodotti mediocri e comunque di fascia bassa, coma la schiava.
Oggi invece si coltivano molte varietà di uve: dal Pinot bianco allo Chardonnay, dal Merlot al Sylvaner e, ancora, alla Schiava.
Ma la parte del leone la fa il Müller Thurgau, vitigno particolarmente adatto alla coltivazione in quota.
Specialmente nel tratto centrale, dove la valle si allarga e fa spazio a terrazzamenti più ampi. Il clima fresco ma soleggiato e il terreno porfirico vanno d'accordo soprattutto con i bianchi e, fra questi, proprio con il Müller Thurgau.
Questo vino giallo paglia con riflessi verdi viene da un vitigno creato alla fine del 1800 dall'enologo svizzero Hermann Müller Thurgau. Incrociò il Riesling Renano con un'uva bianca da tavola a maturazione precoce, la Madeleine Royale.

giovedì 16 agosto 2012

Sciroppo alla menta per ferragosto

Il famoso "caldo becco" si può combattere con uno sciroppo rinfrescante a base di menta, ossia mentuccia, l'erba infestante che molti hanno in giardino senza saperlo.
menta mentuccia
Se ne prendono duecento foglie (in pratica un bel ciuffo tagliato alla base) e si gettano in un litro d'acqua portato all'ebollizione, si aggiunge un chilo di zucchero, si toglie dal fuoco e si lascia riposare.
Poi si aggiungono 40 grammi di acido citrico, che sono circa due cucchiai da cucina.
👉L'intruglio si può conservare a lungo in frigo, e non ha la concentrazione di Cesio 137 dello sciroppo di sambuco (Chernobyl docet). Mezzo dito in un bicchierone d'acqua di rubinetto (l'acqua del sindèch).
Mentre lo preparavo in questo mio giorno di compleanno, ascoltavo Willy Deville in una interpretazione superba di "Hey Joe", di Jimi Hendrix. Tonificante.

martedì 19 aprile 2011

Pelinkovac, l'amaro balcanico

Si pronuncia pelìnkovaz ed è un liquore amaro a base di erbe, tra cui anche l'artemisia, dalla quale...
Nella tradizionale bottiglia della ditta "Maraska" di Zara, la marca che preferisco.
A sx la nuova bottiglia introdotta nel 2021 e a dx quella tradizionale.
...si ricava il celebre assenzio. Questa erba contiene molecole di tujone, sostanza contenuta anche nella salvia e nella marijuana ed éstat resa  resa famosa dai "poeti maledetti" della belle époque europea.
👉Ed è l'assenzio che da il nome al liquore. Il nome della pianta in serbo-croato è infatti pelin.
Di gradazione alcolica variabile dal 28 al 35% è popolare in Serbia, Croazia, Montenegro e Bosnia-Erzegovina, come pure in Slovenia, dove è conosciuto come Pelinkovec o Pelinovec. A volte è anche chiamata semplicemente Pelin.
👉Le marche più apprezzate sono Gorki List, Maraska Pelinkovac e Pelinkovac Badel. Pelinkovac Badel è più vicina al gusto dello Jägermeister, più dolce e meno amaro, mentre Gorki List è più spessa e ha gusto più amaro. Gorki contiene circa 26 tipi di essenze alle erbe, mentre l'assenzio è l'ingrediente principale. Pelinkovac Maraska che è molto popolare in Croazia.
👉In Bulgaria, Pelin (пелин) è un tipo di vino macerato con un massimo di 34 erbe e alcuni frutti, tra cui l'assenzio, l'erba di S. Giovanni, mele e mele cotogne. In Ungheria, Unicum è un amaro molto popolare, simile al Pelinkovac nel gusto, ma con un volume di alcool del 40%.
👉A Trieste se ne produce una versione più leggera, sui 20 gradi, chiamata Abuja Pelinkovac.

venerdì 11 giugno 2010

La genziana maggiore, quella della grappa amara

Finalmente sono riuscito a fotografarla in pieno fiore. Ma non cerchiamo le sue radici: sono troppo simili a quelle del tossico Veratro.
Una pianta di Genziana Lutea o Maggiore in piena fioritura estiva in alta Val Martello (laterale dx della Val Venosta). Le proprietà amaricanti e digestive del suo ampio apparato radicale sono ben note tra le popolazioni locali. Le radici di genziana seccate vengono usate per aromatizzare la grappa, così come avviene con molte altre piante alpine: con la ruta, il pino mugo, con l'achillea, eccetera...

genziana maggiore gentiana lutea
Giugno 2010, 1600 metri di quota. E' la Genziana Maggiore (nome botanico Gen-
tiana Lutea L.) che tutti abbiamo usato per aromatizzare la grappa e che qui è fo-
tografata alla Piana delle Viote, sul Monte Bondone di Trento.
Il suo nome deriverebbe da Gentius, re dell´Illiria dal 180 al 167 a.C. Secondo Dioscoride, fu colui che introdusse la pianta nella medicina, apprezzata ed utilizzata nella preparazione di sostanze curative e soprattutto di tonici.
In passato, in tutta Europa, era molto utilizzata come febbrifugo prima della introduzione del chinino.
👉Le sue radici contengono l'amarogentina che è considerata la sostanza più amara al mondo (il potere amaricante è calcolabile e nella amarogentina arriva a 580.000) e che é  presente nella misura dello 0,05%. E' controindicata nei casi di ulcere gastriche o duodenali.
genziana maggiore gentiana lutea
La radice è gialla, a differenza di quella del Veratro (velenoso), con il quale può es-
sere facilmente confusa, e che invece è nerastra
. Qui in alcuni scatti presi nella ca-
te na delle Maddalene, al confine fra Trentino (Val di Non) e Sudtirolo (Val d'Ultimo).
👉Cresce nelle praterie delle Alpi e degli Appennini, dall´alta collina fino ai 2500 metri di altezza.
Non va assolutamente raccolta. Intanto perchè è specie protetta. E poi perchè (riporto) facilmente confondibile con la sorella Veratrum album L. velenosa mortale (esistono documenti storici che descrivono l'uso di questa pianta come veleno per l'esecuzione di condannati a morte). Le foglie del veratro sono alterne e tomentose nella pagina inferiore, quelle di genziana diversamente opposte e lisce. Le nervature della foglia del veratro sono nettamente e perfettamente parallele, quelle della genziana lo sono solo parzialmente e per brevi tratti, in modo del tutto vago e disordinato".