martedì 8 luglio 2014

Lo Speck del Sudtirolo visto dal WWF

Lo “Speck Alto Adige IGP” mantiene le promesse della pubblicità oppure quelli del WWF rimarcano una imbarazzante verità?
La domanda sorge spontanea: perchè il consorzio IGP continua a giocare
sulla credulità del pubblico? Quando compriamo quel certo prodotto
alimentare acquistiamo anche il sogno di purezza, di tipicità, di gusto e
di cultura di quel prodotto e prendere per i fondelli non mi sembra così
lungimirante.
Perchè in effetti, anche se si spaccia lo speck come prodotto tipico locale, chi l'ha mai vista una porcilaia da queste parti?
«Lo vede, lo vede quel bel maiale lì? Ecco, domani diventerà un prosciutto di Parma e quello al suo fianco speck dell’Alto Adige». A parlare potrebbe essere qualsiasi allevatore padano, e smentirlo sarebbe difficile. Ce lo ricordano anche quelli del WWF bolzanino.
In tutto il web non si trova traccia di un marchio o un logo capace di identificare
l'autentico Bauernspeck per poterlo distinguere da quello semplicemente I.G.P.
Insomma, i furbetti che rifanno i furbi? Eh, pare proprio di si, visto che questo
speck virtuale esiste solo nei siti web...
 Vale la pena di dare un'occhiata al disciplinare IGP del consorzio dei produttori, nel cui sito la pagina "provenienza" tace proprio sulla provenienza dei maiali.
Qualcosa di peggio della semplice reticenza. Vien da dire che la tradizionale regola di produzione "poco sale, poco fumo e molta aria“ avrebbe bisogno di un'aggiunta: "ma niente maiali locali".
Beccata in flagranza, la consorteria dei produttori di speck si è affannata a metterci una pezza. E' nato così il Bauernspeck, presentato come prodotto di nicchia e dai piccoli numeri fatto partendo "suini selezionati e allevati in piccoli gruppi nei masi dell’Alto Adige. Disponibile in quantità limitate" (cito dal sito del consorzio).

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