Il capo della Resistenza trentina viene celebrato nella lapide murata nel IV Corpo d'Armata di piazza IV novembre a Bolzano, l'ex-comando nazista dove venne torturato a morte e infine ucciso dai nazisti...
Giannantonio Manci ritratto nel 1941 in divisa da Alpino. Pare incredibile, ma fu a Fiume con Gigino Battisti e Filippo di Castelbarco, a fianco di D'Annunzio. |
Il giovane Manci parteciò all'impresa di Fiume ancora sotto l'influsso della memoria recente di Cesare Battisti, e si trovò a far parte di una compagine molto composita ma sovrapponibile a quella degli irredentisti trentini che avevano combattuto contro l'Austria-Ungheria. |
A Trento Giannantonio Manci viene ricordato ogni anno ed é una delle poche cose su cui la società civile "non discute".
👉Le cronache dei singoli fatti non scalfiscono la sua alta figura etica e morale, tuttavia pochi amano scavare nella avventurosa esistenza di questo nobile trentino.
👉Il rampollo dei conti Manci era stato irredentista, repubblicano e rivoluzionario e - udite udite - insieme al fratello Sigismondo nel 1919 prese parte all'impresa dell'occupazione della città di Fiume capeggiata da D'Annunzio, l'evento che diede la stura al fascismo.
Il trentino Filippo di Castelbarco nei suoi giorni fiumani con D'Annunzio: anche lui faceva parte del "gruppo trentino" che partecipò attivamente all'impresa di Fiume assieme al futuro capo, eroe e martire della Resistenza antifascista in Trentino. |
👉A Fiume i fratelli Manci parteciparono all'avventura seguendo gli sviluppi dell'occupazione, che nel corso del 1920 (prima di venire piegata dal fugace ritorno alla guida del governo di Giolitti nel corso del «natale di sangue») si era bizzarramente trasformata in una festa rivoluzionaria, con tanto di nuova Costituzione ad alto contenuto socialista-rivoluzionario (il testo fu infatti stilato da Alceste de Ambris, il leader del sindacalismo rivoluzionario del tempo).
Lapide commemorativa di Giannantonio Manci in Piazza Cesare Battisti a Trento. Fu amico di Gigino Battisti (figlio di Cesare Battisti) e partecipò assieme a lui e al proprio fratello Sigismondo all'Impresa di Fiume. Tra i legionari dannunziani vi era anche una futura figura di rilievo della Resistenza trentina, il roveretano Bettini. Furono insomma parecchi, e importanti, i futuri antifascisti "maturati" a Fiume (te- sti tratti da www.altoadige.it). |
👉Nella «Fiume Città di Vita» i trentini hanno ruoli di spicco, così il capitano Piffer, che prende in mano un settore dei legionari rivoluzionando lo stile militare e rovesciando addirittura le gerarchie; ma anche una figura fino a poco tempo fa quasi dimenticata. Si tratta del giovane repubblicano roveretano Silvio Bettini, che in guerra assumerà il nome di battaglia «Enzo Schettini», e che a Fiume viene ricordato per l'estrema serietà rivoluzionaria e l'alta figura magra, intristita da una terribile mutilazione di guerra, privo di una gamba.
👉Sia Manci che Bettini Schettini (così sarà per lo più ricordato in futuro) avranno un ruolo fondamentale durante la Resistenza: si muoveranno dalle origini repubblicane verso esiti socialisti il primo, e l'approdo comunista il secondo. Come per altre biografie di rivoluzionari fiumani, tra cui quella di Gigino Battisti, figlio del martire socialista, il fascismo sarà da loro subito avversato, come pericolosa deriva antidemocratica e antioperaia; ma soprattutto comune è il tono singolarmente libertario della loro biografia politica, di uomini che creano rapporti fra settori politici diversi ma contigui - all'epoca in feroce contrasto, fra la fine degli anni Venti e la metà degli anni Trenta -, con Manci che mette insieme a Trento un fronte antifascista ampio ed eterogeneo, e Bettini Schettini che a Parigi collabora con Berneri, anarchico, ed il gruppo liberal-socialista dei Rosselli. Ma mentre Manci troverà la morte a Bolzano, arrestato in seguito alla delazione della spia nazista Lutterotti, che provocherà inoltre l'assassinio del fratello di Bettini a Rovereto, per l'ex fiumano mutilato il futuro riserverà una sorte diversa. Giunto nel capoluogo nel 1946, assumerà presto l'incarico di segretario della Camera del Lavoro, e sarà dirigente di primo piano del partito comunista fino agli anni Cinquanta e oltre. Oratore notevole, del suo mestiere originario di tipografo rimarrà poco nella sua fisionomia, tanto che anche nell'ambiente comunista gli verrà attribuita una patente di intellettuale: molti pensavano fosse architetto, come emerge da alcune interviste. A Rovereto il Museo della Guerra ha dedicato a Bettini Schettini un profilo, così a Manci, nel contesto della bella mostra «Fiume!» che contribuisce a dissipare alcune mitologie contemporanee sulla singolare impresa dannunziana, riportando su un terreno storico documentato la vicenda.
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