Il cesio, i funghi e il sambuco (a 30 anni da Cernobyl)

Trenta è giusto il tempo di dimezzamento del Cesio 137, l'isotopo radioattivo che mi pioveva in testa a Lavis, sotto il tendone del concerto dei Nomadi, quel pomeriggio di trent'anni fa.

Sul tema "mai fidarsi dei funzionari" si dilunga Svetlana Aleksandrovna Aleksievič nel
suo "Preghiera per Černobyl' - cronaca del futuro", Edizioni e/o, 2015. Molto istrutti-
tivo. In certe pagine sembra (bestemmia!) più trentino che sovietico, almeno quanto
a ottusità della burocrazia. Nelle biblioteche locali si dovrebbe trovare una copia del
librone edito in pompa magna dalla Provincia Autonoma di Trento, che riportava i
dati sulla ricaduta radioattiva. Non c'era nemmeno un accenno ai funghi e al sam-
buco, vere spugne per il Cesio137. Mah!

Era il Primo Maggio e per la festa del lavoro, dell'ottimismo e del futuro noi tutti eravamo convenuti dove suonavano i Nomadi, e per loro una volta avevamo lasciato perdere la trota con la peperonata a Maso Milano... E fu una fortuna, perchè il telone di plastica ci riparò dalla pioggia sottile che veniva giù: una pioggia che era proprio quella cantata da Bob Dylan in "A Hard Rain's Gonna Fall".

La notizia era arrivata - sincopata e minimizzata dalla RAI - già due giorni prima. La mattina dopo m'ero trovato in faccia un funzionario provinciale: stando giusto un centimetro dall'aggressione
fisica pretendeva di sapere perchè "avevo osato annullare la ciaspolata di classe al passo del Tonale".

Oddio, per chi sapeva vederle, le notizie circolavano, ma forse non per lui, lo squallido "aparatniko" democristiano che avevo di fronte. Per parte mia sospettavo che portare tre classi di ragazzini delle medie ai 2000 metri del Tonale proprio mentre transitava una nube radioattiva fosse una demente minchiata, ma il tipo insisteva: l'avevo perciò mandato affanculo e (col senno di poi) penso d'aver fatto bene o almeno mi piace pensarlo.