Il suo identikit personale e famigliare è indubbiamente di sinistra. Ma per il resto è tutto da vedere... fu infatti un'acceso interventista, proprio come il già socialista e futuro Duce Benito Mussolini. E allora?
La visita di Mussolini a Trento nel settembre del 1935. Il mausoleo sul Doss Trento fu inaugurato lo stesso anno. |
L'uomo impiccato al Castello del Buonconsiglio il 12 luglio del 1916 faceva parte della borghesia italiana di Trento, allora capoluogo del Welschtirol austriaco, abitato da italiani.
In città stavano crescendo le professioni liberali e le esperienze industriali di una borghesia che rimaneva diversa e forse estranea al tessuto sociale dell'hinterland contadino, il quale invece continuava ad essere in maggioranza cattolico, legittimista, austriacante e conservatore.
I sudditi trentini di Cecco Beppe gli erano sostanzialmente fedeli, tranne le minoranze illuminate, i rampolli della borghesia cittadina e pochi altri.
Ma il contado restava massicciamente austriacante.
👉Ciò detto, bisogna pur ricordare, con buona pace della retorica irredentista costruita nel dopoguerra sabaudo e fascista, che Battisti fu un uomo della sinistra.
Aveva un pedigree ineccepibile e a Trento era il capo indiscusso del partito socialista di Filippo Turati, lo stesso partito in cui transitò (all'epoca) il futuro Duce del fascismo.
Anzi, l'avventuriero Mussolini Benito aveva trascorso proprio a Trento due anni da giornalista presso il quotidiano socialista di Battisti, prima di diventare inter-
interventista.
👉Nel dopoguerra, una volta preso il potere, il fascismo trionfante volle consegnare alla storia la sua versione del mito Battisti e per farlo tirò su il monumento del Doss Trento, un sacrario impregnato di retorica che ignora qualsiasi riferimento all'uomo, che era stato innanzitutto progressista e di sinistra. Gli architetti di regime completarono la vasta operazione ideologica con cui il fascismo tentò di appropriarsi della figura di Battisti.
Un destino amaro per la memoria del leader socialista trentino e ancora più per i suoi famigliari, costretti ad assistere allo stupro dei suoi ideali.
Nel dopoguerra, archiviato il pericolo comunista, il clericalismo locale non aveva interesse a mettere i puntini sulle "i" restituendo Battisti al Socialismo di provenienza.
E fu il silenzio, il voltare lo sguardo, il tacere ostinato. Del resto cosa aspettarsi da un Alcide de Gasperi che aveva definito i socialisti "porci di due gambe"?
E poi fu anche peggio: il lenzuolo dell'oblio s'allargò dal socialismo di Battisti alla Resistenza trentina, alle canzoni del lavoro e alla memoria stessa delle classi contadine, ma questa è una storia che sconfina con l'attualità e con le braghe di cuoio dei "sizzeri" del Panizza...
Ma il contado restava massicciamente austriacante.
👉Ciò detto, bisogna pur ricordare, con buona pace della retorica irredentista costruita nel dopoguerra sabaudo e fascista, che Battisti fu un uomo della sinistra.
Aveva un pedigree ineccepibile e a Trento era il capo indiscusso del partito socialista di Filippo Turati, lo stesso partito in cui transitò (all'epoca) il futuro Duce del fascismo.
Anzi, l'avventuriero Mussolini Benito aveva trascorso proprio a Trento due anni da giornalista presso il quotidiano socialista di Battisti, prima di diventare inter-
La costruzione del monumento sul colle della città av- venne ad opera dei fascisti. Fu il coronamento di una vasta opera di propaganda ideologica che mirava ad appropriarsi della figura eroica di Cesare Battisti (che venne catturato dagli austriaci il 10 luglio su uno spe- rone roccioso che oggi si chiama Corno Battisti e che venne impiccato nel cortile del Castello del Buoncon- siglio il 12 dello stesso mese). |
👉Nel dopoguerra, una volta preso il potere, il fascismo trionfante volle consegnare alla storia la sua versione del mito Battisti e per farlo tirò su il monumento del Doss Trento, un sacrario impregnato di retorica che ignora qualsiasi riferimento all'uomo, che era stato innanzitutto progressista e di sinistra. Gli architetti di regime completarono la vasta operazione ideologica con cui il fascismo tentò di appropriarsi della figura di Battisti.
Un destino amaro per la memoria del leader socialista trentino e ancora più per i suoi famigliari, costretti ad assistere allo stupro dei suoi ideali.
Nel dopoguerra, archiviato il pericolo comunista, il clericalismo locale non aveva interesse a mettere i puntini sulle "i" restituendo Battisti al Socialismo di provenienza.
E fu il silenzio, il voltare lo sguardo, il tacere ostinato. Del resto cosa aspettarsi da un Alcide de Gasperi che aveva definito i socialisti "porci di due gambe"?
E poi fu anche peggio: il lenzuolo dell'oblio s'allargò dal socialismo di Battisti alla Resistenza trentina, alle canzoni del lavoro e alla memoria stessa delle classi contadine, ma questa è una storia che sconfina con l'attualità e con le braghe di cuoio dei "sizzeri" del Panizza...
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