Costruita nel 1935-36 da Alfredo Paluselli, è stata chiamata così in onore del pittore trentino, e fu la abitazione dell'alpinista Paluselli fino al 1969. Poi il mondo cominciò a cambiare sempre più in fretta.
Panorama sulla Baita Segantini con il Castellazzo a sinistra e il Monte Mulaz sulla destra. |
Il laghetto artificiale scavato "a pala e picòn" da Paluselli, con la baita, il Monte Mulaz e la Cima dei Bureloni sullo sfondo. |
"Paluselli era stato un giramondo, ma poi iniziò la professione di guida alpina in Val di Fassa, sul Catinaccio.
Dopo anni di lavoro sulle montagne fassane, era riuscito ad accumulare circa 30.000 lire, una somma importante che gli dava la possibilità finalmente di avvicinarsi professionalmente e con l'anima a quella montagna particolare che sembrava costantemente richiamarlo.
Cominciò con la costruzione della "Capanna Cervino" e la fondazione della prima scuola di sci delle Dolomiti, la "Leonardo da Vinci".
Poi avviò la costruzione di Baita Segantini, poco più in alto della "Capanna Cervino", con travi secolari ricavate da un vecchio fienile.
Prima però Paluselli dovette aprire con badile e piccone la strada per salire fin là e proprio di fronte alla nuova costruzione, creò poi anche un piccolo
laghetto in modo che le immagini delle montagne e della baita si sdoppiassero nel suo riflesso.
Nel 1936 Baita Segantini era in piedi e lui decise di viverci per sempre. Non lasciava praticamente mai la baita, se non per ascese in montagna, e durante le brevi assenze lasciava sempre la porta aperta ed un biglietto per gli eventuali avventori: "Siate onesti, bevete e pagate".
"Mio nonno Alfredo Paluselli, dopo aver viaggiato per il mondo, vide in Passo Rolle tutta la bellezza possibile e a questo luogo dedicò la sua esistenza. Qui creò la prima scuola di sci delle Dolomiti, il primo skilift del Trentino e seguendo l’ispirazione creò uno dei luoghi di montagna più fotografati in assoluto: "Baita Segantini". Nella foto d'epoca (sembra una cartolina): da sx sullo sfondo: i Bureloni, Cima Vezzana e il Cimon della Pala. |
Come alpinista effettuò numerose prime ascensioni, anche di notevole difficoltà. Leggendaria anche la sua ultima ascesa sulla montagna che più di tutte amava e siccome le cose troppo normali non facevano per lui, la effettuò in pantofole, nell'estate del 1952. Era il saluto ultimo, la stretta di mano finale fra l'uomo e la montagna, tra un viaggiatore che parlava quattro lingue ma che scelse di vivere da eremita per trentacinque anni a 2200 metri, nella baita creata appositamente per poter godere ogni giorno della bellezza di quelle cime." (da un articolo scritto dal nipote dell'alpinista per la rivista "Aquile", luglio 2014)
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