Fu uno spettacolo al cardiopalma la partita dei mondiali di Città del Messico che si disputò il 17 giugno 1970: si concluse con la vittoria dell'Italia sul filo di lana per 4 a 3, dopo i tempi supplementari.
Gigi, che è tutto tranne che appassionato di calcio, ne fu solo casualmente sfiorato, ma se la ricorda ancora. Così ce l'ha raccontata nella sua antologia di storie montagnine "Racconti minimi":
"Eccomi a Vigo
di Fassa, appena sceso dalla corriera. Salutato il simpatico autista, con il
quale ho conversato piacevolmente, raggiungo la funivia. Sbarcato al Ciampedìe
mi allontano il più velocemente possibile; il posto è molto bello ma invaso da
orde di turisti, molti con radiolina incorporata. Par quasi d’essere a Milano
Marittima!
Un fotogramma della partita in questione (nel 1970 la TV era in bianco e nero). Racconto breve tratto da: Luigi Faggiani, "Racconti minimi", Euredit, Trento 2003. |
Lascio la zona
scendendo lungo
una specie d'autostrada sterrata, una pista da sci. Giunto ad un bivio prendo a sinistra passando in uno squarcio della montagna, in questo modo stuprata per permettere all’homo turisticus i suoi bambineschi giochi invernali. Proseguo ancora per un tratto sulla ferita causata dalla pista da sci, poi arrivo, finalmente, dove comincia il sentiero. Costeggio una parete di roccia friabile sotto le Pale Rabbiose ammirando la caratteristica Torre Finestra (in lingua Ladina: Crep de Sènt’Uiana).
Attraverso dei pascoli,
punteggiati qua e là da placide vacche, attacco la salita ed arrivo davanti al
rifugio Roda di Vaèl, posto in posizione veramente stupenda, con una bellissima
vista sul gruppo della Marmolada. una specie d'autostrada sterrata, una pista da sci. Giunto ad un bivio prendo a sinistra passando in uno squarcio della montagna, in questo modo stuprata per permettere all’homo turisticus i suoi bambineschi giochi invernali. Proseguo ancora per un tratto sulla ferita causata dalla pista da sci, poi arrivo, finalmente, dove comincia il sentiero. Costeggio una parete di roccia friabile sotto le Pale Rabbiose ammirando la caratteristica Torre Finestra (in lingua Ladina: Crep de Sènt’Uiana).
Un paio d’anni
fa un’altra costruzione, il rifugio Pederiva, è stato costruito a poche decine
di metri. In questo gruppo dolomitico ci sono più rifugi che pulci su di un
cane randagio; non solo, spesso sono costruiti a ciuffi come al Ciampedìe, o
nella conca di Gardéccia. Per un onesto bevitore di birra come il sottoscritto
tutto ciò è molto comodo, ma mi pare anche eccessivo.
Proseguo il
cammino con il panoramico sentiero del Masarè, passo sopra al rifugio Paolina,
costeggio la Roda di Vaèl con la sua fantastica parete verticale, infine arrivo
al rifugio Fronza.
La camera che
mi ospita è molto piccola, completamente rivestita di legno ormai scurito dal
tempo, con una finestrella aperta verso il Latemàr. È bellissima, mi sento al
sicuro come in un bozzolo. Ci vorrebbe un bel temporale con lampi e tuoni
questa notte; stare al caldo sotto le coperte, mentre fuori c’è il finimondo è
una cosa fantastica, almeno per me.
Sistemato le
mie cose, scendo da basso aspettando l’ora di cena. Intorno a me una ventina di
biondi teutonici ride e scherza; a parte il gestore ed i suoi tre collaboratori
sono l’unico italiano. Per mia sfortuna non capisco quasi niente di tedesco,
perciò non mi rimane che estraniarmi nella contemplazione delle ultime luci sul
Latemàr, uno spettacolo bello e romantico. Finita la cena sorseggio una grappa
leggendo, senza troppo interesse, un giornale locale. Non sono per nulla stanco
e l’idea di andare a dormire con le galline non mi attira proprio. Intanto noto
segni d’agitazione tra i ragazzi tedeschi ed il personale del rifugio senza
riuscire a comprenderne il motivo. La cosa sulle prime m’incuriosisce, ma poi
riprendo la mia solitaria lettura senza badare agli altri.
Dopo non molto
arriva il gestore del rifugio e mi chiede se anch’io voglio vedere la partita.
«Partita, quale partita?» domando sorpreso. Il gestore mi guarda come se fossi
un marziano e, come se non credesse alle sue orecchie, sbotta: «Ma come quale
partita, ma Italia-Germania, quale sennò». Ricordo allora che, in Messico, sono
in corso non so bene quali campionati ai quali partecipa anche la nazionale
italiana. La cosa sinceramente mi è del tutto indifferente, ma giacché sembra
essere cosa di capitale importanza e non ho sonno accetto l’invito.
Siamo tutti
assiepati in cucina, davanti ad un piccolo televisore in bianco e nero. Seduti
in prima fila il gestore con i suoi collaboratori, quindi tutti i vocianti
tedeschi, buon ultimo il sottoscritto che si ritaglia un angolo, sedendo sopra
ad un tremolante tavolino, accanto alla porta.
La partita ha
inizio e lo spettacolo deve essere appassionante, almeno a giudicare da come si
comportano tutti quanti. L’unico tranquillo, ed ovviamente fuori posto, sono io
che di calcio non capisco un accidente. Naturalmente nessuno s'interessa di me,
quindi posso osservare il comportamento degli astanti con tutto comodo. È
veramente divertente devo dire: il gestore, passandosi in continuazione una
mano nei capelli, si dimena sulla sedia come sui carboni ardenti, un ragazzo
sposta il didietro mimando le mosse dei calciatori, una ragazza saltella
impaziente e lo spettacolo dei suoi seni sodi, appena velati da una leggera
maglietta di cotone, magnetizzano il mio sguardo per un bel po’. Saprei ben io
come passare in modo più piacevole la serata, altro che partita!
L’appassionante spettacolo, quello delle tette intendo, s’interrompe quando la
bella nordica s’incunea tra i suoi amici per meglio vedere la TV. Con un
sospiro riprendo le mie tranquille osservazioni.
Improvvisamente
i tedeschi sembrano letteralmente saltare in aria urlando come pazzi, mentre il
gestore, alzando mani ed occhi al cielo, sbraita qualcosa che non sento bene ma
indovino essere una frase non molto gentile, anzi! È tutto proprio molto divertente,
secondo cosa succede alla TV i corpi si protendono, si contorcono in pose quasi
plastiche, intanto un’intera enciclopedia di gesti osceni passa sotto i miei
occhi attenti. Anche in parolacce, democraticamente alternate in italiano e
tedesco, si abbonda senza alcuna remora. Il bello è che sono proprio le ragazze
ad uscirsene con battute colorite, tanto per usare un eufemismo. I ragazzi in
confronto hanno ancora da imparare parecchio; dovrebbero lavorare con più
fantasia.
Passa il tempo
e comincio ad annoiarmi, allungo il collo e seguo la partita. Devo dire che pur
non capendo nulla del gioco, le alterne fortune delle due squadre cominciano ad
incuriosirmi, ma poi sono nuovamente distratto dal riapparire della bella
valchiria dai seni ballerini.
Improvvisamente
cala il silenzio, nell’aria s’avverte una tensione a dir poco spasmodica, tutti
gli sguardi sono magneticamente fissi sul piccolo schermo, il radiocronista sta
tirando fuori l’ultimo filo di voce; mi sa che se continua così gli prende un
colpo secco! Infine la prima fila si lancia verso l’alto e un paio di seggiole
cadono a terra; il personale del rifugio sembra impazzito, mentre il gestore
continua a ripetere ossessivamente: « 4 a 3 – 4 a 3 – 4 a 3». Al contrario i
tedeschi borbottano sottovoce o sono assolutamente zitti, molti hanno
espressioni cupe, qualcuno truce. Faccio un rapido conto accorgendomi che loro,
i tedeschi, sono quattro volte più di noi; speriamo che siano veri sportivi. In
ogni caso mi accosto alla porta; così se la discussione si facesse troppo
animata avrò modo di attenermi al vecchio detto: «Quando infuria la battaglia,
il più dritto se la squaglia!». Naturalmente non succede nulla e i ragazzi
lasciano la cucina mugugnando mentre gli altri, i “vincitori”, almeno credo si
sentano così, rimettono in ordine il locale con allegria. Mah! Il mondo è bello
perché è vario.
Il giorno
dopo, di prima mattina, mi avvio lestamente salendo al rifugio Santner dove mi
fermo a bere un caffè, chissà perché tutti parlano della partita di ieri. Inizio
la discesa ammirando torri e pareti ed arrivo al rifugio Vaiolét. Il tempo di
scattare qualche foto, un po’ di riposo e poi via di nuovo: Passo Principe –
Passo Antermóia – rifugio Antermóia. Qui mi fermo a mangiare un panino e bere
una birra; uscendo per rimettermi in marcia colgo qualche frase del dialogo di
un paio di clienti: « un 4 a 3 fantastico ».
Alla testata
della piccola Val di Dona, una vera perla, incontro dei pastori con i quali
scambio due chiacchiere, poi raggiungo un vicino crinale da dove ammiro
estasiato la grande Val Durón, dominata dal gruppo del Sassolungo. Calo
velocemente di quota e, giunto a fondovalle, continuo fino al rifugio
Micheluzzi. Le mie gambe ormai si rifiutano di continuare per questo decido di
fermarmi per la notte, dopotutto ho impiegato dieci ore per arrivare qua. La
giornata è stata splendida ed intensa, ho visitato posti nuovi però adesso sono
stanco ed ho fame. Durante la cena ascolto le chiacchiere provenienti dalla
cucina: « 4 a 3 ». Mamma mia! Parlano ancora della partita, sta diventando un
incubo.
La mattina
seguente mi alzo con comodo, faccio colazione e mi rimetto in cammino scendendo
con calma a Campitello di Fassa. Arrivo giusto in tempo per contemplare la
corriera allontanarsi, ormai irraggiungibile. Bel colpo! Adesso non posso far
altro che provare con l’autostop o attendere il torpedone successivo. La prima
ipotesi l'elimino subito, mai avuto fortuna con l’autostop. La corriera
successiva passa solo dopo molto tempo ed allora entro in un bar: tutti parlano
della partita.
Esco subito e
mi avvio a piedi raggiungendo la fermata dopo. Così di fermata in fermata,
arrivo nuovamente a Vigo di Fassa dove prendo la corriera, ovviamente anche qui
si discute della partita!
Finalmente eccomi a casa, sono solo. Splendida situazione che, poco alla
volta, fa sparire dalla mia testa quell’ossessivo: «4 a 3 – 4 a 3 – 4 a 3»".
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