lunedì 6 febbraio 2017

Trainata dallo sci, l'ideologia del foodly-correct si è ormai spinta fino a quota rifugio

Questa moda fighetta e decadente ha espulso dai rifugi i piatti della nonna e li ha sostituiti con gli irritanti "percorsi del gusto", sempre all'insegna della "riscoperta" ma sempre più simili ai bastoncini findus. Gusti che ci parlano delle idee. Sì, quella confusione mentale che le masse in fuga...
Lo chef modaiolo è un esteta decadente: vuole stupire, sorprendere, emozionare.
"Queste idee sono figlie del disorientamento e della mistificazione, una mania foodly-
correct che fa parte del ben più totalizzante politically-correct (due bei prodotti cali-
forniani trapiantati nel radical-chic nostrano, ma nella versione dolciastra dei Beach
Boys, mica in quella asprigna degli Jefferson Airplaine."
(Franco Cardini, "La bottega del professore", La Feltrinelli Edizioni)
...dai condomini urbani si portano dietro assieme a cemento e asfalto, distributori, guarda-rail, rotatorie e car-wash, cartelloni, pubblicità e plastica. Ci sarebbe anche l'inquinamento, ma ormai chi ci pensa più...
I gusti da autogrill invadono paesi, trattorie, malghe, rifugi e salgono sempre più sù.
A dirigere il traffico ci sono i guru mediatici: i Petrini di Slow Food o i Farinetti di Eatitaly o ancor più i cuochi "intellettuali" come il grot-tesco "cuoco di d'Alema" o l'impu-nito di "che ci fa qui Carlo Cracco?".
Tutto sempre piuttosto caro e sempre di poca scorza. Poi ci sono i "presidi slow-food", adorati nei salotti radical-chic ma molto meno arrapanti se osservati da vicino: ecco allora le ciuìghe fatte con pochissime rape, sennò non piacciono, la mortàndela fatta coi tagli di prima scelta sennò non piace, e avanti così. Uno sbriciolamento dei costumi, fino al delirio dell'Expo milanese 2015, sfacciatamente intitolato "Nutrire il pianeta".

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