Questo giro giro a bassa quota nella "busa" di Arco è facile e vario. Nel bosco mediterraneo si incontrano falesie di arrampicata, vecchie cave di pietra, coltivazioni di ulivo, muretti a secco, trincee di guerra...
Dentro le Cave Basse, scavate nella roccia del dosso di Patone. Nel 1853 fu aperto un altro fronte estrattivo poco più sopra, le Cave Alte.
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Si sale alle cave attraverso un roccioso paesaggio agricolo ad olivo, messo a coltura nella seconda metà dell'Ottocento dal proprietario di cave Giovanni Meneguzzi e caratterizzato dai muretti a secco che delimitavano gli appezzamenti e allo stesso tempo "spietravano" il terreno sassoso.
A fine carriera, le cave di pietra del Monte Patone erano usate soprattutto per ricavarne condotte e tubazione idrauliche. L'impiego per farne lavatoi e tubazioni pubbliche ebbe il suo massimo sviluppo nel
A sinistra l'anello delle trincee, a destra l'anello di visita alle cave con ritorno per la antica stradella fra terrazzi ("fratte") e muretti a secco di stampo mediterraneo.
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corso dell'Ottocento, poi l'attività entrò in crisi con l'avvento delle tubazioni in metallo.
Oggi i vuoti lasciati dalle cave vengono usate anche dagli arrampicatori che frequentano la sottostante falesia di Policromuro e sono scaglionate in due gruppi ("Basse" e "Alte") lungo la mulattiera di servizio che sale verso il belvedere posto alla sommità del dosso di quota 230, dov'era posta la casetta dei minatori e dove il proprietario costruì anche il suo "buen retiro" una volta cessata l'attività.
Il rientro avviene facendo il giro dell'anello di trincee costruito dagli austriaci in vista della WW1 e poi attraverso la stradella che venne realizzata per evitare le paludi del fondovalle applicando le tecniche apprese dai romani (le cui "centuriazioni" avevano poi anche messo a coltura ampie porzioni nel fondovalle bonificato).
Quote e dislivelli (dati del GPS):
Quota di partenza/arrivo: m 217 (parcheggio)
Quota massima raggiunta: m 333
Dislivello assoluto: m 116
Dislivello cumulativo in salita: m 382
Dislivello cumulativo in discesa: m 383
Lunghezza con altitudini: km 4,4
Tempo totale netto: ore 2:00
Difficoltà: E
Descrizione del percorso: la traccia GPS toglie ogni problema di orientamento e rende superflua la descrizione dettagliata.
Come arrivare: si lascia la statale Trento-Riva del Garda in località Moletta (fra Dro e Arco) e si seguono le indicazioni per Massone e per la Falesia Policromuro, dove si lascia l'auto in un piccolo spiazzo-parcheggio.
Notizie storiche:
L'area denominata “Bosco
Caproni” è così chiamata perché un tempo era di proprietà dell'omonima famiglia
tra i cui membri il famoso Gianni Caproni, nato nel 1886 proprio a Massone, uno
dei “pionieri dell'aria”. Nel 1996 il Comune di Arco ha acquistato l'area dagli
eredi di Gianni Caproni, morto nel 1957, e dal 2004 i servizi provinciali hanno
messo in sicurezza il percorso storico-naturalistico “Bosco Caproni”. Il Bosco
Caproni si estende per circa 44 ettari alla base del fianco occidentale del M. Stivo: è possibile compiere l'escursione
in ogni periodo dell'anno con un impegno di circa 2 ore. Le attrattive del
percorso, adatto assolutamente a tutti, sono di vario genere: dal punto di
vista naturalistico si registrano il bosco di lecci più settentrionale
d'Europa, piante di olivo, vegetazione spontanea (rovi, carpini, ciliegi
selvatici) e poi piante di castagno nella parte più alta.
Giunti nel grazioso paese di
Massone, raggiungibile dalla vicina Bolognano, si seguono le indicazioni per le
“Falesie di policromuro”: l'area è molto frequentata dagli appassionati di
arrampicata libera data la presenza di naturali e maestose pareti rocciose a
strapiombo sulla vallata.
Le Cave di oolite del Bosco
Caproni
Le Cave di oolite del Bosco Caproni sono
l’elemento più suggestivo del percorso. Sono scavate profondamente nella roccia
del dosso di Vastrè e si presentano con grandiosi antri oscuri dove, per non
far crollare il “tetto”, i cavatori hanno mantenuto una serie di grandi colonne
di roccia.
In queste cave si estraeva una
pietra calcarea chiamata pietra statuaria, particolarmente adatta ad
essere lavorata per produrre statue, per abbellire le sommità delle colonne,
per realizzare altari o capitelli. Con questa pietra sono state scolpite le
statue che ornano il ponte Taro a Parma, la fontana di Piazza Duomo a Trento,
le statue di Prato della Valle a Padova, alcune statue nella Collegiata ad Arco
e la statua di Mosè di Arco. Una particolare applicazione della pietra
consisteva nella realizzazione di tubi per gli acquedotti; resti di queste
tubazioni si rinvengono ancora qua e là nelle campagne dei paesi del Basso
Sarca.
Dopo secoli di utilizzo, nella
seconda metà del 1800 il lavoro di estrazione si ridusse in maniera notevole,
fino a essere abbandonato del tutto. Durante la Seconda Guerra Mondiale le cave
furono usate come rifugio antiaereo dagli abitanti di Massone e San Martino.
Oltre alle Cave di oolite il Bosco
Caproni offre molte altre attrattive naturalistiche: è presente lungo il
percorso una flora molto varia, con piante di olivo, leccio e altre specie
mediterranee; nel tratto alto si raggiunge una zona dove crescono castagni secolari.
Lungo il sentiero sono presenti vistosi esempi di corrosione carsica delle
rocce, che si manifestano con profonde incisioni e fessurazioni delle placche
rocciose.
Con una piccola deviazione dal
percorso (segnalazione percorso delle trincee), si può visitare un
esteso sistema di trincee della Prima Guerra mondiale, predisposto dai comandi
austriaci per controllare la valle della Sarca.
Le trincee di Massone sono
inserite nel percorso storico-naturalistico del Bosco Caproni: magnifici sono i
panorami sul castello di Arco, sul Monte Brione, sui paesi di Dro e Ceniga,
sulle imponenti balze rocciose della Valle della Sarca. Le trincee, il cui
basamento è in parte scavato nella roccia, sono costituite da mirabili muretti
a secco, testimonianza della perizia e competenza di chi le ha realizzate. Le
trincee del Bosco Caproni sono state recuperate grazie al lavoro congiunto
degli alpini della sezione di Arco, dai volontari del NU.VOL.A e dai riservisti
tedeschi del Distretto di Oberhessen. Risale a mezzo secolo fa (1960) il
gemellaggio tra la città di Arco e quella tedesca di Schotten: nell'ambito di quest’amicizia
si è sviluppata la collaborazione tra il gruppo degli alpini arcensi e il Kreisgruppe
di Oberhessen, cioè i riservisti di Schotten. Il primo obiettivo condiviso tra
i due gruppi è stato quello di promuovere la pace e la fratellanza tra tutti i
popoli e le comunità, diverse per lingua e costumi. Nel 2008, in occasione
dell'ottantesimo di fondazione del Gruppo Alpini di Arco, si è ufficialmente
concretizzato il gemellaggio con il Kreisgruppe di Schotten. Alpini, riservisti
e volontari del NU.VOL.A hanno lavorato fianco a fianco nel recupero e nella
pulizia delle trincee del “Bosco Caproni” e hanno restituito un preziosissimo
tassello di storia a tutta la comunità dell'Alto Garda.
("Bosco Caproni (Arco-Trento): guida
al percorso storico naturalistico",
testi di Francesco Rigolbello, Fiorenza Tisi, Romano Turrini, Museo tridentino
di Scienze Naturali, Trento 2004)
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