venerdì 15 febbraio 2019

L'architettura della globalizzazione

Linee sghembe e spigoli taglienti, superfici piatte e levigate. Vetro, metallo e plastica, materiali compositi di fattura industriale. Sempre e tutto in nome del "bio" e del "km zero". E tutto non riciclabile.
ponte di ghiaccio
Il nuovo rifugio Edelrauthütte. Le asticelle di legno nascondono una struttura fatta
di cemento e coibentazioni industriali: una vera bomba ecologica, quando verrà il
momento di metterci mano, e un incubo per chi dovrà curarne la manutenzione. 
Sono in Val Pusteria ma mi basta chiudere gli occhi. Potrei anche essere alla stazione di servizio di Gargazzone, lungo la Me-Bo.
Oppure nel punto-ristoro di un centro commerciale o ancora dentro qualche terminal aeroportuale.
👉C'è odore di pasticceria precotta, tutto è lindo e pulito, igienizzato, sterilizzato e vagamente ansiogeno. Il personale si muove efficiente, distante e robotizzato, tra il rumore della cassa, lo sbuffo della macchina del caffè e la techno di sottofondo, di bassa fattura per non pagare la SIAE.
Il sottopasso costruito al Lago di Carezza è uguale a quelli realizzati nelle periferie urbane. Ma qual'è quello di Carezza? Potremmo essere in qualsiasi non-luogo della sterminata periferia padana o sotto qualsiasi città della globalizzazione planetaria.



monterosahütte
Il Monterosahütte col Cervino sullo sfondo. In questi posti schizzati c'è anche l'idea malata che le
acque nere (sì, i rifiuti organici che concimavano i pascoli alti) facciano male e allora ecco l'impianto
ipertecnologico di "depurazione delle acque". Sapone di Marsiglia e detergenti biodegradabili? Non
sia mai, renderebbero inutile il techno-impianto che fa tanto radical-chic e è magari pagato dall'UE.
All'Edelrautütte faccio per entrare ma vengo respinto da un muro compatto di rumore: l'eco, il frastuono e il rimbombo sono lì a dirmi che l'archistar ha cannato l'acustica, sembra di entrare dentro un woofer in distorsione. Del resto il soffitto della zona bar sarà alto sei metri...
👉No, posti così non bisogna aiutarli nemmeno coi pochi spiccioli di una birra. Seduto a bordo sentiero, strappo la linguetta della lattina. Me la sono portata fin qui dal fondovalle, subodorando il gran bidone di questi patinati posti new-age.
Il primo sorso si mischia al frusciare del vento e ai richiami dei gracchi dal becco giallo che manovrano per restare fermi nell'aria, in attesa di una briciola. Eh sì, molto meglio così: fuori dal bio-bau tutto ritorna più interessante...

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