Sorge sui ruderi della dismessa e oggi ormai dimenticata Malga Caseratte, che nella WW2 fece anche da base dei partigiani di Fiemme.
Vedi le altre foto in Google Foto. |
Nota: nei periodi di apertura della parte fiemmese della strada del Manghen si può lasciare l'auto all'inizio della nuova larga strada forestale. In tal caso la escursione si riduce ad una breve piacevole sgambata.
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.
|
👉E' un posto silenzioso e "bifronte" con la sua porta chiusa sul passato e con l'altra aperta sull'oggi, affacciata su terreno aperto, e la piccola baita che è sempre aperta.
Per quanto riguarda le dotazioni, dispone anche di letti (4su tavolato) e materassi (solo 2), bombola con fornello a gas e la classica fornasela. La legna si trova in quantità nei nei paraggi. Bisogna solo darsi da fare D'estate la fontana esterna è collegata alla fonte d'acqua. Sennò bisogna andare al rio attraversato arrivando direi tre minuti, o anche meno. |
Quota di partenza/arrivo: m 1.823 (parcheggio)
Quota massima raggiunta: m 2.023
Dislivello assoluto: m 200
Dislivello cumulativo in salita: m 300 scarsi
Dislivello cumulativo in discesa: m 300 scarsi
Lunghezza con altitudini: km 8,45
Tempo totale netto: ore 3:30 AR
Difficoltà: T
Descrizione del percorso: la traccia GPS toglie ogni problema di orientamento e rende superflua la descrizione dettagliata.
Come arrivare: scendendo da Passo Manghen in direzione Val di Fiemme lasciare l'auto a bordo strada (piccolo spiazzo) poco dopo il grande tornante sinistrorso che precede Malga Cadinello Alta. La forestale si stacca sulla destra, direzione di marcia.
Malga Caseratte nella Resistenza antifascista.
Nel corso della WW2 Malga Caseratte fece da base per la prima formazione partigiana del Trentino. Tra i suoi membri sopravvissuti e più longevi vi fu Quintino Corradini, solitario uomo di montagna.
Quintino Corradini nel suo buen retiro in località Arodolo, nei Lagorai fiemmesi. |
Morto nel 2018, Quintino Corradini venne ricordato dal presidente dell'ANPI del Trentino Sandro Schmid con queste parole: «Nato a Castello di Fiemme l’11 ottobre del 1924 è stato uno degli organizzatori della prima formazione partigiana del Trentino: la “Cesare Battisti”. Ora, da anni, vive nella sua “baita”, sopra Molina di Fiemme. Quintino ama le montagne della sua avventura partigiana. Vive in simbiosi con la natura il ritmo della vita delle stagioni. Fa ancora tutto da solo. Cura la casa, piena di ricordi come un museo, i suoi pasti frugali, la legna, le sue pecore, il gallo con le sue galline. Sulla parete del terrazzo di legno, un grande ritratto del “Che Guevara”. Perché Quintino anche dopo la Liberazione, ha continuato nel suo ideale internazionalista. E’ stato fra i primi a visitare
la Cina di Mao, la Corea del Nord e la sua amata Cuba dove ha conosciuto personalmente il “Che” e Fidel Castro». Tornando alla Resistenza: «Nel gennaio 1944, a 19 anni, per non arruolarsi con i tedeschi decide di passare in clandestinità con il suo amico Bruno Frank, disertore della Wehrmacht e suo fratello Tullio. Il primo contatto è con il cugino Silvio Corradini “Riboldi” un antifascista già condannato al confino. Poi con il Cln di Cavalese: gli insegnanti Andrea Mascagni “Corsi” in contatto con Giannantonio Manci, Mario Leoni “Bortolotti”, Giovanni Tosca “Cavada”, il farmacista Giovanni Franzelin “Giovanni”, Ariele Marangoni “Spinella” e Anna Clauser Bosin. In aprile la prima “banda partigiana del Trentino” conta più di 20 uomini. Sono “i ribèi de Cadin” della brigata “Cesare Battisti”. Il loro comandante è Armando Bortolotti “Mando”. Prendono posizione a duemila metri, alla malga Caseratte, in Val Cadino con ancora un metro di neve. Poi la sposteranno ancora più in alto e saranno in comunicazione la Val di Fiemme con la Valsugana attraverso il Passo del Manghen». La brigata arrivarà a 35 uomini. Il campo è spostato ancora più in alto, a un’ora di distanza dalla malga. Il loro obiettivo principale è di sabotare le comunicazioni con il Brennero. Ma tra loro c’è un traditore e la conseguenza è uno scontro furibondo con i nazisti. Finiscono prigionieri e processati Bortolotti, Silvestri, Peruzzo e Tullio Frank sono condannati a morte. I primi tre sono impiccati nella piazza di Sappada (Belluno). Quintino sfugge miracolosamente alla cattura, ma non a quella successiva, dove, cercando di fuggire si romperà il femore e finirà nel lager di Bolzano e poi ad Auschwitz».
la Cina di Mao, la Corea del Nord e la sua amata Cuba dove ha conosciuto personalmente il “Che” e Fidel Castro». Tornando alla Resistenza: «Nel gennaio 1944, a 19 anni, per non arruolarsi con i tedeschi decide di passare in clandestinità con il suo amico Bruno Frank, disertore della Wehrmacht e suo fratello Tullio. Il primo contatto è con il cugino Silvio Corradini “Riboldi” un antifascista già condannato al confino. Poi con il Cln di Cavalese: gli insegnanti Andrea Mascagni “Corsi” in contatto con Giannantonio Manci, Mario Leoni “Bortolotti”, Giovanni Tosca “Cavada”, il farmacista Giovanni Franzelin “Giovanni”, Ariele Marangoni “Spinella” e Anna Clauser Bosin. In aprile la prima “banda partigiana del Trentino” conta più di 20 uomini. Sono “i ribèi de Cadin” della brigata “Cesare Battisti”. Il loro comandante è Armando Bortolotti “Mando”. Prendono posizione a duemila metri, alla malga Caseratte, in Val Cadino con ancora un metro di neve. Poi la sposteranno ancora più in alto e saranno in comunicazione la Val di Fiemme con la Valsugana attraverso il Passo del Manghen». La brigata arrivarà a 35 uomini. Il campo è spostato ancora più in alto, a un’ora di distanza dalla malga. Il loro obiettivo principale è di sabotare le comunicazioni con il Brennero. Ma tra loro c’è un traditore e la conseguenza è uno scontro furibondo con i nazisti. Finiscono prigionieri e processati Bortolotti, Silvestri, Peruzzo e Tullio Frank sono condannati a morte. I primi tre sono impiccati nella piazza di Sappada (Belluno). Quintino sfugge miracolosamente alla cattura, ma non a quella successiva, dove, cercando di fuggire si romperà il femore e finirà nel lager di Bolzano e poi ad Auschwitz».
Ormai è passato un anno e mezzo dalla tempesta Vaia ma le ferite sono più che mai durature. |
L'ho conosciuto andavamo a trovarlo con mia nonna.Lei mi raccontava della guerra.certe azioni le ha viste in diretta.cose da film..Il vero fegataccio della situazione raccontava era Bruno Frank di cui nessuno scrive le gesta e sprofonda nell'oblio.perche?
RispondiElimina