Dopo esserci arrivati da Pochi di Salorno, ecco qualche foto invernale della stessa meta raggiunta però dal versante cembrano.
Tramonto invernale al Lago Santo di Cembra, punto di partenza e arrivo.
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Vista sulla Val d'Adige verso il Monte Roèn. e la Bassa Atesina.
Vedi le altre foto in Google Foto. |
Il simpatico rifugio si trova lungo il Sentiero Europeo n. 5, che dal Lago di Costanza porta a Venezia. Fino agli anni Cinquanta il passaggio pedonale da Cembra a Salorno era molto battuto; numerosi erano i cembrani che lo percorrevano per scendere alla stazione ferroviaria e, col treno, andare a lavorare a Bol-zano. Non mancavano i matrimoni combinati fra i due paesi.
Se si risale ancora più indietro nel tempo, si nota che i due versanti del monte erano ancora più integrati tra loro.
Il percorso che li univa rivestì anche un rilievo militare durante le campa-gne napoleoniche del 1797 quando sia a Salorno (Val d'Adige) che a Piazzo (Val di Cembra) si tennero battaglie fra i francesi e gli imperiali.
Il tracciato in Google Earth. |
Oggi, invece, le due realtà sono più separate e lontane che mai, il confine fra le due provincie autonome è una vera linea separatrice e gli escursionisti sono i soli frequentatori di queste antiche vie pedonali.
👉Il facile percorso inizia dal parcheggio del Lago Santo, raggiungibile per strada asfaltata da Cembra.
Il panorama sulla Val d'Adige è aperto solo per breve tratto dopo la località Zise.
Le perdite di quota portano, tra an-data e ritorno, il dislivello cumulativo a ben 900 metri, cosa poco intuibile considerando il solo guadagno dal parcheggio (m 1.208) al rifugio (m 1.292). La relazione è dih Gigi.
Descrizione del percorso che arriva dal Lago Santo (cioè dal versante cembrano).
Al Lago Santo, a fianco dell’Albergo Alpino, si trova il segnavia del sent. europeo n° 5 (E5) che ci guiderà fin nei pressi del Passo Potzmauer e del Rifugio sottostante. Il percorso, subito ripido, passa alto sul Lago Santo per poi proseguire nei boschi lungo le Alpi d’Avisio (Sottogruppo del Corno Nero) tenendosi sul versante della Val d’Adige.
Trattandosi di un percorso che si sviluppa prevalentemente nel bosco, non lascia molto spazio ai panorami, infatti, è solo grazie all’inverno e quindi agli alberi spogli che per buona parte dell’itinerario si può intravvedere, ogni tanto, la valle e le montagne dirimpettaie. Fanno eccezione alcuni tratti, che regalano ampi panorami e ciò può essere appagante per chi ama i grandi spazi della montagna. Spesso però camminare nei boschi, innevati e silenziosi, può essere fonte di un altro modo di “vedere”; qui una radice stranamente contorta, là un ricciolo di neve sventata che abbraccia un ramoscello, più avanti un maestoso faggio con la sua chioma nuda, cui fa da quinta un sempreverde abete o un altrettanto spoglio larice, ornato però da festoni di licheni. Insomma l’inverno è stagione severa, a volte pericolosa, ma non per questo meno affascinante e, forse, più intima.
L’itinerario si sviluppa con frequenti saliscendi, tenendosi intorno ai 1.300 m di quota (q minima 1.200m; q massima 1.365) senza avere problemi d’orientamento, incontrando un paio di percorsi storici (sentieri di collegamento Val di Cembra/val d’Adige) di cui il più importante si trova a 1.225 metri in loc. Zise (vedi foto), e una risalita di circa 135 metri di dislivello che porta sulla strada forestale per il biotopo del Lago di Varda e la loc. Ponchiac.
Arrivati 1.350 metri, si trova un bivio in cui occorre scendere a sinistra arrivando così a un successivo bivio (m 1.320). Qui troviamo due segnavia: a sinistra si scende al Rif. Potzmauer, dritti si arriva al Rif. Potzmauer. Vi chiedete, bravi! Risposta: giacché in montagna ormai ci si va con fuoristrada, quad, seggiovie, funivie, biciclette e sempre meno a piedi è giusto in questo caso mettere dei segnavia per le biciclette, infatti, a questo bivio (stessa cosa succede venendo da Gfrill) gli avventurosi bikers (si dice così?) con i loro velocipede vanno dritti, mentre noi bipedi scendiamo a sinistra trovando subito dopo un sentierino che in breve ci porta al già visibile Rifugio.
Il Rifugio è stato ricavato nel fabbricato che, un tempo era una malga poi abbandonata già negli anni trenta del ‘900, quindi un rifugio per la Forestale infine la destinazione attuale. Roberto, ex gestore del Rif. Marchetti sul M. Stivo, ha dato la sua caratterizzazione al “suo” rifugio; per cui nelle tovagliette di carta sui tavoli della piccola sala da pranzo, oltre alle informazioni riguardante gli impianti del rifugio stesso, troverete l’elenco delle cose da NON chiedere. Non le elenco così dovrete andare al rifugio per leggerle; perché? Beh se siete d’accordo con quanto c’è scritto buon per voi, se rimarrete seccati non tornerete più, ma intanto saprete come ci si deve comportare in un Rifugio; che non è un locale all’ultima moda!
Per quanto riguarda i tempi, il percorso estivo è segnalato per h 1,45, il sottoscritto ha impiegato circa h 2,30. Chiaramente le condizioni del sentiero e altre variabili (età, allenamento, conoscenza del percorso, quantità e qualità della neve) possono cambiare in parte il tempo impiegato. Diciamo comunque che al massimo si tratta di circa 5 ore andata e ritorno, per un dislivello, più o meno, di + 265 m / – 188 m. Intendo più o meno, in quanto il sottoscritto (che va all’antica, cioè con bussola carta e altimetro misura minima 5 metri) ha effettuato 18 rilevazioni altimetriche; ma non le variazioni minime di pochi metri.
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