Le città del nord consumavano una quantità di vini pugliesi "da taglio": nelle osterie, nei bacari, nei trani a gogò (e nei rifugi dell'epoca).
In basso a destra l'inconfondibile dentellatura del tappo-corona. Negli anni del boom economico divenne sinonimo di basso costo e bassa qualità, una cattiva fama che si porta dietro ancora oggi. |
La documentazione per il brevetto del 1892 presentato da William Painter. |
La tendenza al "taglio" o - peggio - alla semplice aggiunta di zucchero era risalita lungo le vallate alpine e si era arrampicata fino ai rifugi. Chi non ricorda le bottiglie chiuse dal "tappo corona", quello che oggi si usa solo per le birre, dopo che era diventato sinonimo di bassa qualità nel mondo del vino?
Sotto al tappo e dentro la bottiglia il contenuto era sempre lo stesso: approssimativo, industriale, spesso gaglioffo e sempre a poco prezzo. Era lui che alimentava i ritrovi popolari nell'Italia della ricostruzione post-WW2.
Hanno fatto epoca. Ora si dedicano soprattutto a Coca Cola e birre in bottiglia. |
👉La faccenda del vino rosso di puglia, ricco di gradi, si ripetè negli anni del boom economico italiano, quando a Milano comparvero i "trani", osterie e rivendite popolari dove i vini di buon comando erano frutto di importazioni e "tagli" resi possibili dai focosi vini meridionali. La qualità non ne guadagnò, e non fu colpa della Puglia. "Trani a Gogò" é il titolo di una celebre canzone di Giorgio Gaber. Il nome "trani" viene da Trani, centro vinicolo pugliese.
👉A fine Ottocento la Rivoluzione Industriale aveva toccato anche le botti, le damigiane e le bottiglie. Il nuovo tappo brevettato dall'Ing. Painter nel 1892 era semplice e poco caro da produrre. Una base di metallo, un dischetto di sughero per garantire ermeticità ed evitare la fuoriuscita del liquido e una pellicola che a sua volta ricopriva il dischetto per sigillare il tutto. Gli strati di materiale servivano a far sì che la bevanda non entrasse in contatto con il metallo.
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