mercoledì 31 marzo 2021

Sul Doss Trento (il primo dei 3 "denti" della città)

La via di accesso più classica é la "Strada degli Alpini", il percorso monumentale che si snoda su strada asfaltata partendo dal celebrativo "Piazzale degli Alpini" (che dispone di qualche posto auto)...
La conca di Trento vista dalla sommità del Doss Trento: guardando verso la Valsugana.
Il Doss Trento visto dalla funivia di Sardagna. Sullo sfondo il Monte Calisio.
Ma in questa occasione il vecchio Gigi (confinato a Trento per il DPCM da Coronavirus) descrive due percorsi più "defilati", diciamo così meno istituzionali. Sia le foto che i testi sono di Gigi (arrivati per E-mail, visto che non possiamo uscire dai confini comunali).

Quote e dislivelli (dati IGM):
Quota di partenza/arrivo: m 200
Quota massima raggiunta: m 308
Dislivello assoluto: m 108
Tempo totale netto: ore 0:40 AR
Difficoltà: T
Dal Doss Trento verso la Valsugana, con il Dosso di Sant'Agata in bella evidenza.
Vedi le altre foto in Google Foto.

Come arrivare: se, come probabile, non si trova parcheggio nelle immediate vicinanze, ci sono due comodi e ampi parcheggio a dieci minuti a piedi dai punti di partenza: il Parcheggio Zuffo e il parcheggio nuovo di Piedicastello. 

Descrizione dei percorsi: "l’ingresso Ovest è da privilegiare, a parere di Gigi per i seguenti motivi: é il meno frequentato (il che basta e avanza in tempi di virus), si può usufruire del parcheggio ex Zuffo, nonostante l’asfalto e il tratto iniziale in forte pendenza, rimane il più comodo.
Dalla mappa Kompass: i dintorni del Doss Trento.
"Ho descritto anche l’ingresso da Sud che reputo più faticoso anche se più diretto. Ho menzionato l’ingresso del Piazzale degli Alpini senza farne descrizione dettagliata perché confluisce nella salita dell’ingresso da Sud e diventa un tutt’uno con quest’ultimo.
Volendo, si può salire anche con la “Strada degli Alpini”. La pendenza è minore ma il percorso é più lungo, l’illuminazione della galleria che si percorre non è gran che, occorre fare attenzione a eventuali ciclisti che scendono. Insomma meglio i percorsi pedonali.

Il Doss Trento, in basso, con il Dosso di Sant'Agata a sinistra e il Dosso di San Rocco a destra..
Visita dall'ingresso Ovest:
Superato il Piazzale degli Alpini, si arriva a un successivo bivio (semaforo) e si scende a destra percorrendo via Doss Trento fino a raggiungere l’ingresso Ovest, a destra nei pressi del grande viadotto che sale al Bus di Vela. Pochi metri e si arriva a un cancello oltre il quale si prende a salire con buona pendenza tenendo il rumoroso viadotto a sinistra. Salendo troviamo un sentiero che accompagna la strada, tenendosi a sinistra, per poi ricongiungersi con il nastro d’asfalto poco più in alto. Finalmente arriviamo nei pressi di quel che resta del cosiddetto Forte napoleonico, dove la strada compie un tornante a destra, allontanandosi da rumore del traffico. Sempre con buona pendenza si raggiunge un tornante libero dalla vegetazione che permette un’ampia visuale sulla Val d’Adige verso nord.Ripresa la salita, arriviamo a quota 250 circa: sulla destra ci sono tre caverne che si addentrano nel Dosso e a sinistra uno strano monumento (vedi note e foto).
Proseguendo il cammino, finalmente la salita diminuisce la sua pendenza e in breve arriviamo dietro al grande Mausoleo di Cesare Battisti a q. 295 circa. Prendendo alla nostra destra si sale ancora, arrivando di fianco alla casa del custode e alla cima del Dosso Trento dove si trovano le basse file di pietre che disegnano l’area della Basilica paleo-cristiana (q. 308).
Poco più in basso c’è l’edificio che ospita il Museo Storico delle truppe Alpine che, a mio modesto parere, è un po’ un pugno in un occhio, persino il faraonico mausoleo, chiaro esempio architettonico di quel tristissimo ventennio fascista, è meglio il che è tutto dire!
Purtroppo dei tre denti di Trento questo è senza dubbio quello che ha subito più assalti, non solo nel passato ma anche nella seconda metà del ‘900 quando Piedicastello fu stravolto dall’Italcementi, le strade, il traffico con relativo inquinamento. Per fortuna ora si è, almeno in parte, rimediato e rispetto a prima Piedicastello è senza dubbio migliore.
Salendo ho trovato un monumento curioso. Mi sono avvicinato scoprendo così che, in alto a sinistra, c’è scolpita quella che ho interpretato come una scatoletta di carne bovina, giacché reca incisa il muso di una mucca, mentre, in basso a destra, un quadrato sembra raffigurare un biscotto o meglio una galletta, infine tra le due figure c’è una sinuosa cintura che le divide. Ci ho rimuginato un po’ su, non trovando spiegazione migliore se non quella che trattasi di un monumento alla fame, infatti, scatolette e gallette fanno tirare la cinghia, più che riempire lo stomaco.

Visita dall'ingresso Sud:
La salita parte subito con buona pendenza, passa sotto un arco in pietra per poi svoltare a sinistra e arrivare all’ingresso vero e proprio. Si prosegue sempre con buona pendenza, incontrando delle panchine (ottima idea) fino ad arrivare alla confluenza con il percorso che sale dal Piazzale degli Alpini. Ora le due salite si fondono continuando di fianco alla strada. Con più comodo, si percorre una pedana metallica a sbalzo fino ad arrivare poco prima di una galleria. Si traversa la strada e si sale di nuovo con forte pendenza, superando delle mura a guardia di un sottostante portone. Oltre il portone, la salita continua e infine sbuca nei pressi del Piazzale Perrucchetti: ottimo posto per tirare il fiato e ammirare il panorama. Dal piazzale un sentiero porta a passare poco sotto il vuoto Tabernacolo del Crocifisso e subito dopo nei prati che circondano il Mausoleo; oppure si sale a fianco del Tabernacolo, con un sentiero scalinato, che in pochi minuti conduce sulla cima del Dosso dove si trovano i resti della basilica paleo-cristiana. Dal Piazzale Perrucchetti, volendo, si può salire con la strada fino al vicino Museo degli Alpini, proseguire, superando l’ex parcheggio, per continuare fino a compiere un ampio giro a verso destra arrivando al Mausoleo.

Note storiche:
Il Doss Trento (Dòs Trènt in dialetto trentino) è situato sulla riva idrografica destra del fiume Adige nel quartiere di Piedicastello di Trento. Si tratta di un “panettone”, ricoperto da otto ettari di foresta, che nel suo punto più alto raggiunge i 308 metri. Con il Dosso di Sant’Agata e il Dosso di San Rocco ecco i cosiddetti "tre denti" dell'antica Tridentum romana. I coloni romani chiamavano il Dosso Trento “Monte Verruca”. Un toponimo che senza dubbio alcuno è azzeccato, infatti, se osservato dall'alto della loc. di Sardagna, il Dosso assomiglia proprio ad una fastidiosa verruca. In una delle lettere che Flavio Magno Aurelio Cassiodoro scrisse per conto di Teodorico il Grande si parla di “Verruca castellum”. Paolo Diacono, nel terzo libro della Historia Langobardorum fa riferimento al Ferruge, una corruzione barbarica di Verruca, dove si trovarono assediati i cittadini di Trento. Altri nomi usati nel corso dei secoli per riferirsi alle fortificazioni sul colle furono Castrum Tridentinum (1208), Castrum Trentum e Castrum Trenti (1280), Castel Trento (1302), Casteltrentum e Castrumtrentum (1339), mentre il toponimo per il Dosso in sé furono Dossum de Tridento (1216), Dossum Casteltrenti (1339), Dorsum Tridenti (1427), Mons dictus Castel Trent (1559).
👉Il Dosso Trento attirò la presenza dell’uomo fin dalla preistoria come testimoniano i ritrovamenti (1890) in un riparo roccioso del lato Nord-Est, di cranio d’uomo adulto e i resti di due bambini risalenti al Neolitico. Sul Dosso Trento sono visibili i resti del perimetro di una basilica paleocristiana che testimoniano l'importanza storica di questo colle. Come in tanti altri casi è molto probabile che il tempio sia stato eretto sui resti su un antico castelliere di età retica. Per l’epoca pre-protostorica vi sono testimonianze archeologiche, che rivelano una frequentazione stabile già nel Neolitico. Per quanto concerne l’età romana si sono trovati bronzetti raffiguranti Mercurio, alcuni frammenti architettonici, epigrafi votive e infine monete romane. Reperti che suggeriscono la presenza, tra I e II secolo d.C., di un’area di culto. Di certo esisteva un tempio romano sulla “Verruca”, ma non solo sono state scoperte aree votive dedicate a Saturno, a Mercurio e a Diana, il che fece supporre che il Dosso Trento fosse la sede del Capidoglio di Tridentum. Invece alla base del colle furono trovate tombe di epoca tardo romana e longobarda, di quest’ultime si conservano reperti al Museo del Castello del Buonconsiglio.
👉Dal punto di vista geologico, il Dosso Trento è il risultato del modellamento dovuto ai cicli glaciale/postglaciale quaternari, fino all'ultima e più profonda cesellatura operata dal ghiacciaio Würmiano nella Val d'Adige. Il suo aspetto d’isola separata dal M. Bondone, è dovuto prima all’erosione dei ghiacciai, poi a quella fluviale che ha demolito una zona di debolezza meccanica dovuta a una faglia posta tra il Dosso e il versante orientale del M. Bondone
👉Durante la guerra di successione spagnola il Generale Vendôme schierò due mortai proprio sul Dosso Trento e quindi fece bombardare, dal 6 all'8 settembre 1703, la città di Trento, con oltre 400 bombe. La città però resistette e con grande scorno il Vendôme dovette ripiegare con annessi e mortai connessi. Un episodio militare che ha lasciato il segno, infatti, si trova riprodotto in un acquerello conservato presso il Service Historique de l'Armée de Terre al castello di Vincennes a Parigi.
👉Durante la Grande Guerra il Doss Trento era parte integrante della Fortezza di Trento / Festung Trient l’imponente difesa eretta dagli austro-ungarici. Il sistema fortificato del Doss Trento, che fu eretto in più fasi diverse, comprendeva una polveriera fortificata, batterie a cielo aperto sul fronte sud-est, nord e ovest; perfino una stazione per piccioni viaggiatori e in ultimo una caserma che fu chiamata “Casa Nobile”.
👉Nel 1935 il fascismo, nel tentativo di appropriarsi della figura dell'irredentista Cesare Battisti, eresse sulla cima del Doss Trento un mausoleo dedicato al militante socialista, in cui sono conservate le sue spoglie mortali. Una mostra fotografica ne racconta la storia.
👉La Strada degli Alpini. Nel 1938 fu ordinata la costruzione di una nuova strada d’accesso alla sommità del colle dove avrebbe dovuto sorgere una”acropoli alpina”. La progettazione fu affidata al municipio di Trento, mentre l’esecuzione fu fornita da un distaccamento di truppe provenienti dalle cinque divisioni alpine di allora, un bel po’ di mano d’opera gratis!
I lavori iniziarono nel gennaio 1940, la cerimonia d'apertura della galleria si tenne nell’agosto dello stesso anno, mentre l'inaugurazione ufficiale ebbe luogo nel luglio del 1942.
Fu realizzata una galleria di alcune centinaia di metri con un tornante all'interno della roccia e una cappella dedicata a Santa Barbara, inoltre furono costruiti sentieri pedonali, con terrazze, scalinate e rampe che si inerpicano tra i tornanti fin sulla cima del Dosso I lavori proseguirono fino al 9 settembre 1943, pochi giorni dopo il bombardamento di Trento da parte degli Alleati.
Nel corso dei lavori fu realizzata sulla parete occidentale la scritta a tutt’oggi visibile "Per gli Alpini non esiste l'impossibile", grazie ad un ponte mobile sospeso su cui gli scalpellini alpini scolpirono a mano le lettere, alte 120 cm per una profondità di 20 cm. La frase era il motto alpino Mussoliniano: "Per gli Alpini d'Italia non esiste l'impossibile", le lettere avrebbero dovuto essere rifinite con delle fasce rifrangenti e illuminate da un faro anche di notte! Lo spazio disponibile però fu tiranno, il motto del dittatore dovette accorciarsi così l’Italia sparì! Gli attacchi aerei, per fortuna, posticiparono a data da destinarsi l'installazione delle fasce e del faro che poi non fu più attuata, evitando di avere un Dosso Trento tipo Las Vegas!
👉Il museo storico degli Alpini. Nasce su iniziativa della Legione trentina (Associazione volontari della Grande Guerra), fu ultimato nel 1958 per il quarantesimo anniversario della fine della prima guerra mondiale. Ricavato negli spazi di un'ex polveriera austriaca donata dal Comune di Trento alla Fondazione Acropoli Alpina.
👉Il Doss Trento, fino alla prima metà degli anni 1990 era accessibile agli automezzi, poi è stato dichiarato biotopo dalla Provincia autonoma di Trento e la strada ora è aperta solo a pedoni e ciclisti. Presenta numerose specie endemiche, studiate dai botanici come testimonianze di periodi antichi più caldi dell'attuale. Le rocce che lo formano sono calcari e marne risalenti all'Eocene medio-inferiore.
👉Infine nell’ottobre del 2018 fu trovata una necropoli di epoca longobarda. Il quotidiano online della provincia autonoma di Trento, “il Trentino”, in un comunicato dava notizia che: “Nel corso delle indagini archeologiche per l'ampliamento del Museo nazionale storico degli Alpini, è emersa a fine estate sul Doss Trento una necropoli di epoca longobarda con 13 sepolture, sia di adulti che di bambini, con oggetti di corredo di notevole prestigio … Si tratta di ritrovamenti importanti, che qualificano quest’area come fulcro delle vicende storiche che si sono succedute nella conca di Trento”. Le strutture funerarie sono semplici fosse con un perimetro di pietre. I corredi funerari, presenti solo in alcune tombe, sono parti del vestiario, armi come una spada o un pugnale e altri elementi come uno spillone o un pettine in osso. Le tombe sono nella parte più alta di un importante deposito archeologico, ancora in corso di scavo, che presenta resti dell’età del Bronzo recente e finale dell'età del Rame e del Neolitico, cioè un arco cronologico compreso tra il V e il I millennio a.C. naturalmente, l’importanza archeologica del sito a visto la necessità di mettere sotto controllo l’area in questione."

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