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domenica 15 settembre 2013

Il giocattolo di Renzo Piano si ispira forse al bivacco Apollonio?

I bivacchi d'alta quota sono quasi tutti del tipo Apollonio, uno schema abitativo pensato come punto d'appoggio per gli alpinisti.
bivacco
Tre immagini dello studio abitativo "Diogene", casa minima firmata Renzo Piano
che prende il nome dal filosofo greco Diogene di Sinope il quale, secondo la
vox populi, avrebbe vissuto nudo in una botte facendosi beffe delle conven-
zioni sociali e delle idee comunemente accettate.
bivacco Renzo Piano
Due classici bivacchi a botte del tipo Apollonio: a sinistra il "Piero Cosi" incastrato
 fra le rocce sommitali dell'Antelao (Dolomiti Cadorine), a destra il "Ceco Baroni"
alla testata della Valle Adamè (gruppo dell'Adamello). Per altre infomazion su
questo tipo di bivacco vedi il post già pubblicato tempo fa.
L'ingegnere trentino da cui prende il nome riuscì a stipare in sei metri quadri ben nove posti letto completi di reti, materassi e coperte. Il rivestimento esterno in lamiera verniciata di antiruggine rossa lo rendeva visibile da lontano e la inconfondibile sagoma a botte richiamava, per forma e dimensioni, gli scompartimenti delle vecchie carrozze ferroviarie. Il rivestimento in legno dell'interno, invece, lo rendeva "termoautonomo", bastava essere in due-tre per passare una notte confortevole anche se fuori infuriava la tormenta. Ci pensava il calore dei corpi, circa 800 watt a testa, se non sbaglio. Un camino per la ventilazione e un oblò per l'illuminazione. La copertura ston-data lo faceva resistente alle bufere più violente e a metri di neve modificata. Un pezzo di industrial design praticamente perfetto.
Dopo decenni di onorato servizio sono ancora in perfetta efficienza. Hanno sopportato egregiamente condizioni ambientali proibitive. Dovendo cambiare qualcosa cambierei le reti, i materassini e le coperte, sostituendoli con materi ali più puliti, anallergici, duraturi ed igienici.
Ma per il resto la vecchia botte continua ad andare bene così.

martedì 2 ottobre 2012

Al Biv. Mario Rigatti nel Latemar

E' un classico bivacco a botte situato in una posizione altrettanto classica e dolomitica, al centro del Latemar.
Scarica il tracciato GPS da EveryTrail.
Si trova alla Forcella Grande del Latemar, a quota 2.620, in bella posizione fra lo Schenon del Latemar e il Cimon del Latemar, punto di snodo fra diversi itinerari che provengono dai due diversi versanti del gruppo.
Dispone di nove posti su brandine a castello con materassi e coperte, tavolino e sgabelli, secondo il collaudato schema Apollonio. Attenzione: niente acqua, nemmeno nelle vicinanze.
Non ci sono mai stato e quindi le foto e la descrizione che mi manda Gigi sono ancora più gradite del solito. A me resta il compito di "frullarle" con il computer per trasformarle in post.
Vedi tutte le foto dell'escursione in Picasa Web Album.





mercoledì 20 giugno 2012

Bivacco "Alla Madonnina" in Vigolana

Aereo balcone tra i monti di Trento e la Valsugana.
Arrivando dal sentiero che sale dal Rif. Casarota lungo la Val Larga (in
realtà stretta e sassosa).  Ben evidente il picco roccioso che lo
sovrasta e che gli ha dato il nome ("la Madonnina").
Il bivacco sullo sfondo della Marzola. Ai piedi della Marzola si distingue 
Vigolo Vattaro. Vedi i lavori di costruzione in www.gruppovigolana.it.
Si trova a quota 2.030, su uno sperone roccioso che affaccia sul Lago di Caldonazzo e la Valsugana.
E' situato ai piedi di un pinnacolo roccioso detto "la Madonnina", in una posizione estremamente aerea e panoramica, con vista aperta sui monti di Trento, i Lagorai, la Valsugana e gli altipiani.
Lo spazioso interno con le 6 cuccette dotate di materassi e coperte e la
quasi inutile stufa a legna. Il rivestimento in larice è stato rifatto di recente.
E' qui dal 25 settembre 1966, quando venne inaugurato dalla SAT di Caldonazzo. La forma è quella classica a botte rivestita in lamiera, ma è più grande del classico modello Apollonio, dispone di sei posti letto con materassi e coperte e di stufa a legna (la legna va portata con sè salendo, nei dintorni solo sassi). L'acqua più vicina si trova ai piedi delle rocce che strapiombano da Cima Vigolana, vicino al sentiero, ma io non sono andato a cercarla; in ogni caso tenere presente che l'intera zona è sassosa e asciutta. Ci sono anche stoviglie e pentole, ma dopo averle usate il lavaggio diventa proble-matico.
E' un bivacco alpinistico, più che un punto di ristoro.
Viene normalmente raggiunto inerpicandosi sulle pendici orientali della Vigolana seguendo il comodo sentiero che parte dalla strada della Fricca di fronte al Bar del Sindech (m 1.090) e raggiunge il Rifugio Casa-rota (m 1.572 (nuova gestione della coppia Antonella Beatrici e Angelo Giovanetti, guida alpina).
Da qui in poi il sentiero con-tinua più ripido e difficile, risale la stretta, ghiaiosa e rocciosa Val Larga con passaggi su roccette a tratti esposte fino ai 2.030 metri dello spalto su cui sorge il bivacco.
In totale sono un po' meno di mille metri, una salita che d'estate è fati-cosa per il caldo (portarsi l'acqua!).
Oltre a costituire una meta in sè, il bivacco è un utile punto di appoggio che consente di spezzare il lungo percorso (quasi una alta via) che sale da Vigolo Vattaro  passa per il bivacco Malga Derocca (4:30 ore e 1.400 metri di dislivello). Dal bivacco "Alla Madonnina" si traversa poi in quota verso il Becco di Filadonna e il Cornetto di Folgaria, scendendo in paese.

mercoledì 28 marzo 2012

Il bivacco Fiamme Gialle e il Cimon della Pala

Trovare un bivacco a quota 3.000 nelle Dolomiti non è facile. Qui c'è, ma non dobbiamo pensare che sia proprio in vetta, come quelli che stanno sulla vicina Pala di San Martino o sul Crozzon di Brenta.
Questo è meno alpinistico. Si trova in un ampio anfiteatro sassoso, quasi una larga cengia, sui tremila metri. Ci si può arrivare da due parti: dalla ferrata (bella, lunga, un po' tecnica) Bolver-Lugli, e vale il viaggio. Oppure, più comodamente, con un lungo "trasloco" che dall'arrivo della funivia Rosetta perde dapprima un po' di quota e poi risale lungamente la valle dei Cantoni fino all'alto Passo del Travignolo. E da qui, finalmente, per roccette traverse, al bivacco.
bivacchi a botte tipo Apollonio
La ripresa con il lungo teleobiettivo da Fiera di Primiero svela il mistero del corno. Da questa prospettiva si vede chiaramente che il corno è molto più basso della vetta e che la vetta è in realtà una lunga cresta rocciosa.
E' uno dei più belli delle Dolomiti. Classico, a botte tipo Apollonio, senza fronzoli. Base perfetta (ma senz'acqua) per la salita al Cimon. Che non va presa sottogamba: è alpinistica, richiede almeno fermezza di piede e assenza assoluta di vertigini. La vetta del Cimon è lunga, orizzontale, stretta, sabbiosa, facile ed infida. Ti prende in giro, come fa il Cimon con chi lo osserva dal basso, perchè quel corno roccioso, nossignori, non è la vetta, ma solo ciò che si vede da Passo Rolle (e dintorni).
Il fotogramma a destra mostra l'ingannevole aspetto del Cimon della Pala come appare dai prati attorno a Passo Rolle.
Il grande corno roccioso nasconde la vera cima e conferisce al Cimon un aspetto decisamente più ardito.

giovedì 16 febbraio 2012

Con le ciaspole al Baito di Bombasél

Alla fine la neve fresca e farinosa (120 centimetri) è stata buona compagna in questa breve escursione invernale nei Lagorai di Cavalese. escursioni_invernali escursioni_Lagorai
Senza il bianco della neve vergine sarebbe stata un'uscita piuttosto banale, di sicuro incapace di farci dimenticare il penoso spettacolo del Cermìs impiantistico. Un postaccio  francamente imbarazzante, colonizzato com'é dal consumismo low-level dei nuovi ricchi di Polonia, Romania, Cekia, Slovacchia.
Un'umanità schiamazzante, esibizionista e invadente, proprio come i nostri craxiani degli anni Ottanta. E dunque: alla larga!
Con Gigi, Paolo e Bruno siamo scappati dall'arrivo della seggiovia Paion (m 2.229) per scendere in breve alla vicina Forcella di Bombasél, con vista sul Cimon della Trappola. Da qui, con corta e ripida discesa (cordino) si perde quota per un centinaio di metri per poi risalire con calma al pianoro dei laghetti di Bombasèl, che ovviamente sono ghiacciati e nascosti dalla neve...
Ripresa quota per 350 metri circa si arriva al Baito, che purtroppo, in questo inverno 2012, mostra una porta divelta e abbattuta, non si sa se da qualche vandalo richiamato dalla vicinanza degli impianti o, più semplicemente, dal vento. Con questa neve farinosa alta 120 centimetri l'andata e ritorno ci ha richiesto molto più del normale perchè, anche con le ciaspole, si sprofondava di mezzo metro. Perciò tre ore, calcolate al netto delle soste. Dati Garmin: 3:01 ore in moto per 358 metri di salita. Tempo così così.

venerdì 27 gennaio 2012

I bivacchi "tipo Apollonio"

Per me il vero bivacco alpino è quello tipo Apollonio: nove posti su letti a castello nello spazio di uno scompartimento ferroviario "ante-frecciarossa".
Bivacco tipo Apollonio sulla vetta del Crozzon di Brenta (foto L. Faggiani).
Non che gli altri siano peggiori, anzi, quasi sempre sono più spaziosi, più belli e meglio attrezzati. Ma non c'è dubbio che l'Apollonio (chiamato anche "Fondazione Berti") porti con sé la garanzia che si tratta di un ricovero da alpinisti.
👉Questo modello è storicamente legato ad un periodo in cui il turismo di massa non ancora non esisteva.
Avevo cercato nel web qualche informazione, ma nessun sito diceva nulla del suo progettista ing. Apollonio, e poco si trovava anche sulla Fondazione Berti.
👉Finalmente  il Bollettino della SAT (nr. 4/2011) in una nota a piè pagina svela il (mio) mistero: l'ingegnere Annibale Apollonio "Nato a Cortina d'Ampezzo nel 1848 fu alpinista e dirigente della SAT. Impiegato in qualità di ingegnere presso il Municipio di Trento, progettò il primo impianto idroelettrico (Ponte Cornicchio, 1886-1890), grazie al quale Trento fu la prima città dell'impero asburgico ad essere illuminata elettricamente. Di Apollonio si ricordano anche due importanti spazi sociali: piazza Dante e i giardini di piazza Venezia. Si spense a Trento nel 1915. Suo figlio, Giulio, ideò un particolare modello di bivacco fisso e fu Presidente della SAT dal 1942 al 1944 e dal 1949 al 1950".

venerdì 11 marzo 2011

C'è ancora un futuro per il classico bivacco a botte?

Bivacco Gervasutti (studio ark.
Gentilcore-Testa).
Il Bivacco Lampugnani-Grassi (tipo
a botte "Apollonio") è stato sostituito
con uno assolutamente identico.
Il bollettino del CAI "Lo Scarpone" riporta con ampio spazio che la progettazione del nuovo Bivacco Giusto Gervasutti in Val Ferret è terminata. arkitettura
Contemporaneamente "La Rivista" (sempre del CAI) informa che l'ormai degradato Bivacco Lampugnani-Grassi sul Pic Eccles è stato sostituito con una sua replica, identica ma nuova di zecca.
Entrambe le strutture sono situate nel massiccio del Monte Bianco.
Due approcci radicalmente diversi, l'uno discreto e conservativo, l'altro invadente ma intelligente.
Istintivamente portato a preferire le soluzioni collaudate e affidabili, vorrei tentare un paragone funzionale fra i due, cercando di sorvolare sul fatto che il Gervasutti (denominato Leap - Living Ecological Alpine Pod) nasce volutamente "sovradimensionato" e provocatorio.

 Struttura: classico bivacco a botte modello "Apollonio" il Lampugnani; quattro sezioni (unità soggiorno/pranzo, unità ingresso, unità letto e unità bagno) per il Gervasutti.
 Posti letto: sono 9 cuccette per il Lampugnani-Grassi, secondo il collaudato schema Apollonio che riserva un lato corto all'ingresso e distribuisce le brande lungo gli altri tre lati, in tre strati. Nel Gervasutti i posti sono 12 e sono collocati in uno dei tre moduli.
 Dimensioni: il Lampugnani ingombra poco più di uno scompartimento ferroviario (2x2,5 metri, altezza 2 metri) e pesa complessivamente 1800 chilogrammi. Ciascun modulo del Gervasutti è largo 3,75 metri,  lungo 2 metri, alto 2,80 metri e pesa 500 chilogrammi (presumo senza arredi). Una volta in situ, il Gervasutti sarà lungo 8 metri, largo 3,40 ed alto 2,80 e peserà circa 2.000 chili più gli arredi.
 Spazi: essendo un bivacco a botte, il Lampugnani ha spazi interni "da sommergibilista" e l'unica comodità è un tavolino pieghevole posto al centro. Per correttezza il confronto va fatto con la sola unità-letto del Gervasutti, che risulta 80 centimetri più alta e 1,25 metri più larga, mentre la lunghezza è la stessa: 2 metri.

venerdì 16 aprile 2010

Il bivacco a botte e le sue varianti

Lamiera fuori, legno dentro. Dimensioni tirate all'osso e efficace difesa dal freddo. Nove posti in tre letti a castello disposti ad "U" davanti all'entrata.
Non è più grande di uno scompartimento ferroviario ma svolge egregiamente il suo compito.
E' il classico bivacco a botte tipo Fondazione Berti, che prende il nome dall'ente che ne codificò le misure e caratteristiche costruttive: la Fondazione Berti, appunto. Esiste in numerose varianti ma le differenze rispetto al tipo-base sono in genere minime.
Ecco un'interessante galleria fotografica:
In alto: il bivacco "Aldo Moro" nella catena dei Lagorai (Trentino), che rispetta alla lettera le specifiche del modello "Apollonio".
al centro: il bivacco "Walter Blais"  al Colle d'Ambin in Val di Susa (Alpi Cozie),
in basso: il bivacco "Giancarlo Colombo" al Monte Rosole in Val Cedec, nel gruppo dell'Ortles-Cevedale.

mercoledì 8 luglio 2009

Bivacco Bocca Cunella

Bel punto d'appoggio per escursionisti di buona gamba.
Questo bel bivacco della SAT consta di un locale isolato con lamiera rivestita in
muratura. Dispone di quattro posti letto ed è provvisto di fornello a gas, panche,
mensole e tavolo. E' una variante in muratura del tipo Apollonio.
Questo bel bivacco della SAT è situato nel gruppo dell'Adamello.
Sorge in zona isolata a nord-est della Bocca della Cunella, in Val Stracciola, passaggio escursionistico fra la Val di S. Valentino e la Val di Breguzzo, nell'Adamello meridionale.
Costituisce un ricovero utile a quanti transitano sulla dorsale che dal Monte Cengledino culmina nel Cop di Casa (ora percorsa da un sentiero alpinistico di notevole impegno).
Per arrivarci abbiamo risalito in auto la Valle di San Valentino fino al Rifugio Gork (in realtà un bar situato a quota 1.175).
Il Brenta dalle vicinanze del bivacco.
Dai pressi del bar abbiamo preso una pista appena visibile fino alla Malga Geredol (m 1.686) e da qui lungo sentiero non segnato fino al Bivacco (m 2.350) in 4:15 ore. 
Per ridiscendere abbiamo seguito il sentiero "G.B. Cova 255" che scavalca il Coston della Valletta tramite la bocchetta posta quota 2.300 circa (attenzione all'orientamento). Il sentiero in questione collega malga Cengledino sui monti di Tione con il rifugio Care' Alto.
Per scendere al quadrivio della SAT (segnali) bisogna percorre un tratto attrezzato, un po' delicato ma mai veramente difficile.
Giunti ormai in un fondovalle, da qui in poi il percorso di rientro  è privo di difficoltà. 
Si snoda lungo uno scomodo sentiero in discesa fino al Gork. 5,30 ore dal bivacco.