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lunedì 13 febbraio 2023

Il modesto Monte Ozol, dove inizia la Val di Non

E' quella piccola cima boscosa che domina da Nord la "terza sponda" nonesa. Sospesa sopra Cles, unisce e separa sudtirolesi e nonesi.
Monte Ozol
Verso Sud il Monte Ozol si affaccia sulla Val di Non.
Maddalene
Verso nord-est l'Ozol si affaccia sulle Maddalene (e sulle più lontane Dolomiti).
Vedi le altre foto in Google Foto.
Separa la enclave tedesca di Laurein-Proveis (Lauregno-Proves in italiano) dai comuni nonesi di Revò, Romallo, Cloz, Brez e Fondo.
👉Si trova a Nord del Lago di Santa Giustina, dal quale è visibile, e segna il confine geografico fra le comunità linguistiche italiana e tedesca. Si trova su una dorsale secondaria poco battuta dai turisti. Se poi ci si va d'inverno, la tranquillità è garantita anche la domenica.
All'inizio il percorso si svolge quasi interamente nel bosco, su strada forestale per lo più pianeggiante che si affaccia sul versante occidentale e consente scorci verso la lunga 
scarponi bullonati
Neve dura e tratti ghiacciati: il fondo più adatto a questi "scarponi bullonati" auto-
costruiti nel garage di casa coi quali si può camminare bene anche sull'asciutto.
catena delle Maddalene di cui costituisce una propaggine orientale (la dorsale Monte Ozol-Monte Nuovo-Rufer ne è separata solo dalla stretta e breve Valle di Rumo che confluisce ne Lago di Santa Giustina).
👉Dal Passo di Cloz in poi in poi si cambia versante e gli scorci si aprono a meridione, verso l'alta Valle di Non, ed a Est, verso le Dolomiti.
Sulla cima boscata dell'Ozol è ricavato un  posto pic-nic frequentato dai locali. La cima è preceduta da un'anticima panoramica aperta verso sud.

Quote e dislivelli (dati del GPS):
Quota di partenza/arrivo: m 1398
Monte Ozol
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.
(parcheggio acuto)
Quota massima raggiunta: m 1.571
Quota minima raggiunta: m 1.363
Dislivello assoluto: m 173
Dislivello cumulativo in salita: m 230 circa
Dislivello cumulativo in discesa: m 230 circa
Lunghezza con altitudini: km 10,9
Tempo totale netto: ore 2:00 AR
Difficoltà: T-E

Descrizione del percorso: la traccia GPS toglie ogni problema di orientamento e rende superflua la descrizione dettagliata.

Come arrivare: Chi viene da Trento deve risalire la Val di Non fino a Cles, superarla e portarsi a Revò. Da Revò si seguiranno le indicazioni per Lauregno e Proves. A Lauregno si prende a destra per Castelfondo fino a giungere in località Forcella di Brez, dove si può lasciare l'auto. Vedi anche l'apposito pulsante "Ottieni indicazioni" in Wikiloc.

mercoledì 15 gennaio 2020

Sul Monte Zugna dal rifugio che ha il suo nome

Breve percorso molto facile e molto panoramico, ma attenzione: nubi e foschia qui sono spesso ballerini e allora il panorama viene meno...
monte zugna
Questa è la cima del Monte Zugna. Val Lagarina a sinistra e Val d'Adige a destra. Al centro, accanto alla croce, l'osservatorio .
monte zugna
Le dime di mira all'osservatorio del Monte Zugna. Queste puntano a Sud, verso il
Pasubio, il passo di Pian delle Fugazze e il gruppo delle Piccole Dolomiti.
Vedi le altre foto in Google Foto.
Il Monte Zugna è la montagna dei roveretani, così come il Bondone è la montagna dei trentini.
Sono ben 18 i chilometri di stradina asfaltata che bisogna risalire dal ponte sul Leno fino al Rifugio Monte Zugna, così come da Trento bisogna guidare per 20 chilometri per arrivare alla piana delle Viote (che è il baricentro dell'ampio gruppo del Bondone).
Dal parcheggio del rifugio il dislivello che rimane da vincere è di soli 200 metri, niente di che.
GPS Monte Zugna
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.
👉Al ritorno è d'obbligo la breve deviazione fino al monte della forcelletta che separa il Monte Zugna dai rocciosi e aspri Coni.
Sono solo dieci minuti di arioso balcone panoramico (ai tempi della WW1 era un trinceramento) lungo l'italiana mulattiera di rifornimento che da Passo Buole risaliva all'insediamento militare abbandonato dagli austriaci al momento dell'entrata in guerra, costruita per sottrarsi al tiro delle artiglierie di Cecco Beppe.

Quote e dislivelli (dati del GPS):

lunedì 10 giugno 2019

Dalle parti del lago di Tret (Val di Non)

Un facile anello primaverile dove la "terza sponda" della valle confina con il Sudtirolo, vicino al Passo delle Palade.
lago di tret
L'invaso venne realizzato nel 1920 per fini turistici. Si voleva valorizzare la zona
del Passo della Mendola che, al centro di progetti, aveva anche una sua tramvia.
Si procede tra i boschi in una zona tranquilla, procedendo su forestali e sentieri facili.
Solo la presenza di neve (e ghiaccio) residui nei tratti più in ombra la fa classificare come percorso da ciaspole; in questo aprile sarebbero bastati i ramponcini per disimpegnarsi nelle chiazza di neve dura.
Ma noi due furbi non avevamo nè gli uni nè le altre.
Bello lo specchio d'acqua circolare di questo laghetto artficiale, che si trova proprio lungo il confine amministrativo e linguistico fra Trentino e Sudtirolo, a 1.609 metri di quota.
lago di tret
Il laghetto ricade sotto i confini amministrativi del comune di  Unsere Liebe Frau im Walde-St. Felix (Senale-San Felice in italiano) e il suo toponimo in tedesco è Felixer Weiher. In italiano la sua denominazione ufficiale è Lago di Santa Maria.


lago di tret
Il rientro avviene un suggestivo lariceto, ancora in veste invernale.
Vedi le altre foto in Google Foto.
Quote e dislivelli (dati del GPS):
Quota di partenza/arrivo: m 1.340 (parcheggio)
Quota massima raggiunta: m 1.721
Dislivello assoluto: m 381
Dislivello cumulativo in salita: m 50
Dislivello cumulativo in discesa: m 50
Lunghezza con altitudini: km 7,9
Tempo totale netto: ore 3:00 AR
Difficoltà: E

Descrizione del percorso: la traccia GPS toglie ogni problema di orientamento e rende superflua una descrizione dettagliata.
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.

Come arrivare: percorrendo la strada verso il Passo delle Palade e giunti all'altezza del paese di Tret, la si abbandona e si devia per l'albergo "Rifugio Scoiattolo" che si trova in località Le Plaze di Tret, dove si lascia la macchina.


lunedì 20 marzo 2017

Al Forte Rione, che sta sopra il Monte Novegno (Prealpi vicentine)

Dove la Valdastico, lasciata la pianura, vira verso Nord e punta verso il Trentino c'è un articolato anfiteatro di monti ormai non più Colli Berici ma non ancora Alpi compiute, una corona di rilievi che sembrano messi lì a protezione di Schio e di Valdagno, quel pezzo di pianura compreso fra le Piccole Dolomiti, il Pasubio e l'altopiano di Asiago.
Monte Rione sul Novegno
Guardando a Nord, oltre l'altopiano di Asiago si distinguono nettamente le cime dei Lagorai, dal Fravort-Gronlait completato dalla cresta Hoabonti-Cola fino alla moltitudine di aguzze cime dei Lagorai centrali. Altrettanto chiare appaiono le Pale di San Martino, apparentemente a portata di mano. Più in primo piano, sul plateau di Asiago, spiccano il Monte Verena (da cui partì la prima cannonata della WW1) e Cima Portule. Ancora più a destra dal profilo dell'altopiano emerge quello delle Vette Feltrine.
Monte Rione sul Novegno
Verso oriente spiccano il nodo delle Melette, con il mitico Monte Fior raccontato da
Emilio Lussu e poi il Monte Valbella, altro monte carico di storia militare.
Sono territori squassati e sconquassati dalla WW1 (la Strafexpedition austroungarica si arenò a pochi km in linea d'aria da qui, quando gli austriaci potevano già indovinare nella foschia il comando italiano di Vicenza) ma anche interessati dalla resistenza antifascista e antinazista  della WW2. Tra i colli pedemontani e gli
Monte Rione sul Novegno
Verso occidente. Dalla tettoia con panche per pc-nic annessa all'ex-forte si vedono
le lunghe e accidentate Piccole Dolomiti, che nascondono la pianura veneta e che
da qui sembrano saldate al massiccio del Pasubio (mentre invece ne sono separate
dall'intaglio del Pian delle Fugazze).
Vedi le altre foto in Google Photo.
altipiani il movimento resistenziale fu più diffuso che non nell'adiacente Trentino).
L'iniziazione resistenziale, col suo corredo di gesta goffe e antieroiche, dei Piccoli Maestri di Luigi Meneghello avvenne proprio da queste parti. Sull'Ortigara, sul Zebio, ai Castelloni di San Marco, mentre le azioni picaresche si svolsero tra i centri abitati della pianura e le prime coste dell'altipiano, e culminarono con
GPS Monte Rione
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.
l'ingresso in Vicenza del giovane comandante partigiano ospitato su un carro dell'Ottava Armata britannica, un tipetto che sussurrò all'orecchio del capitano inglese "What I am? I am a fucking bandit" (e a me piace pensare che sia vero).

Quote e dislivelli (dati del GPS):
Quota di partenza/arrivo: m 1.122 (parcheggio al tornante)
Quota massima raggiunta: m 1.654
Dislivello assoluto: m 528

sabato 7 gennaio 2017

I tre bivacchi del Pian dela Nana (Brenta)

Chi percorre il Pian dela Nana in direzione del Brenta centrale si imbatte non in uno, ma in ben tre bivacchi. E tutto ancor prima di affrontare la salita sassosa che porta al Sasso Rosso...
bivacchi del pian dele nana
L'anfiteatro del Pian dela Nana visto da Malga Tassulla. La lunga cresta settentrionale del gruppo di Brenta è nascosta dalla corona a ferro di cavallo con al centro il Sasso Rosso. La spianata è dominata dal panettone erboso del Monte Peller (a destra, fuori campo).

bivacchi del pian dele nana
Il bivacco "Guido Pinamonti" è ricavato in una sezione dello stallone di Malga Tassulla. Il bivacco "Baita Nana" si trova poco oltre il Pinamonti ed è più recente dell'ultimo dei tre, il quale è segnato nella cartina 4Land come "Malga Nana" ma nelle tavolette IGM risulta essere "Baito Nana", come del resto nella Kompass. Un bel casino... Ai tre bivacchi andrebbe poi aggiunto (ma solo nei mesi invernali) il locale invernale del vicino rifugio Peller, posto in un bel locale separato interamente in legno che prende il nome di "Bivacco Iuffmann".
Vedi le altre foto in Google Foto.
GPS bivacchi del pian dele nana
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.
Il vasto pianoro erboso del Pian dela Nana si trova sopra Cles, quattro chilometri di pianeggianti pascoli da malga posti all'estremità Nord della lunga catena dolomitica del Brenta.
Puntando verso le alture che chiudono a ferro di cavallo la piana si incontrano, nell'ordine: il
bivacco Guido Pinamonti (ricavato nello stallone di Malga Tassulla), il bivacco Baita Nana e il bivacco Malga Nana, tutti a breve distanza l'uno dall'altro.
bivacco Guido Pinamonti a Malga Tassulla
Bivacco "Guido Pinamonti" a Malga Tassulla (m 2.090). Acqua corrente interna, stu-
fa a legna, stoviglie, tavolo con panche, sei posti letto con materassi e coperte. D'in-
verno le lampadine elettriche restano spente.
Gli ultimi due sono senz'acqua, è vero, ma in caso di sovraffollamento estivo possono tornare davvero utili.
👉D'inverno i tre bivacchi possono diventare la meta di una facile ciaspolata in un'ambiente grandioso e di sicuro poco battuto.
bivacco Baita Nana
Bivacco "Baita Nana" (m 2.072). Stufa a legna con tavolo e panche. Niente acqua.
Diversi posti letto su tavolato ma niente materassi nè coperte. Veranda esterna con
due tavoli e panche al coperto.
Attenzione però: con neve abbondante non si potrà arrivare in auto fino al parcheggio dei Laghi Durigiati, ma bisognerà mettere in conto qualche chilometro di camminata in più, a seconda delle condizioni della
strada che sale da Cles.

Quote e dislivelli (dati del GPS):
Quota di partenza/arrivo: m 1.900 (parcheggio sotto il rifugio Peller).
Quota massima raggiunta: m 2.126
Dislivello assoluto: m 226
bivacco Malga Nana
Bivacco "Malga Nana" (m 2.107). Stufa a legna con tavolo e panche. Niente acqua
ma ci sono diverse stoviglie, per lavarle ci sono le taniche in plastica con cui si fa
rifornimento all'abbeveratoio situato nel vicino avvallamento. Quattro posti letto
su tavolato con materassi e coperte.
Dislivello cumulativo in salita: m 452
Dislivello cumulativo in discesa: m 444
Lunghezza con altitudini: km 9,6
Tempo totale netto: ore 2:45 AR
Difficoltà: E

Descrizione del percorso: la traccia GPS toglie ogni problema di orientamento e rende superflua la descrizione dettagliata. 

Come arrivare: dal Cles ci si dirige alla trattoria "Al Bersaglio" da dove inizia la lunga e stretta strada, inizialmente asfaltata che porta fino al parcheggio in quota posto subito sotto il rifugio Peller. La sua percorribilità varia con l'innevamento. Meglio inverni secchi come questo si riesce ad arrivare sino al parcheggio; più neve c'è e prima bisogna fermarsi per proseguire a piedi.

lunedì 13 aprile 2015

Monte Castelberto (Lessini)

Ciaspolata di primavera tra le ampie praterie pianeggianti dell'alta Lessinia, in un paesaggio di malghe, sole e pietra rosa.
monte castelberto
Dal margine settentrionale dell'altipiano si gode di un panorama circolare completamente aperto sui quattro lati. Qui una inquadratura verso occidente, con al centro la lunga catena del Monte Baldo. Sulla sinistra si inravvedono la pianura veronese e uno spicchio di Lago di Garda, con le gibbosità erbose del Corno d'Aquilio in primo piano. Sulla destra primeggia il Monte Altissimo di Nago con la propaggine del basso Monte Vignole. Le vette innevate sullo sfondo si estendono dai monti dell'Adamello alle Dolomiti di Brenta.
monte castelberto
Dal Castelberto verso la Val d'Adige. L'omonimo rifugio è stato costruito sui resti
di una casermetta miltare della prima guerra mondiale e si trova proprio sulla pia-
noro sommitale. E' stato realizzato con cura e attenzione usando pietra chiara
della Lessinia, con buon senso e aderenza alle forme e tecniche costruttive tradi-
zionali (l'interno, invece, scimmiotta le stubi tirolesi).
Vedi le altre foto in Google Foto.
L'arioso paesaggio della Lessinia è fatto di grandi pascoli ondulati e malghe tutte in pietra poggiate su un suolo carsico dove il legno è raro e l'acqua un bene prezioso.
monte castelberto
Il tracciato visto in Google Earth.
Qui i pochi alberi esistenti si riuniscono a ciuffi attorno ai massi affioranti che trattengono nelle loro ombre l'umidità.
Tutti i manufatti sono di pietra, i lastroni di calcare lavorati a mano sostituiscono il legno e il mattone in tutti gli usi, sono utilizzati fin dai tempi più antichi perfino come forma di recinzione. Terre alte aspre e povere, che sembrano scivolare lentamente verso sulla pianura veronese e non fanno parte del mondo alpino più conosciuto. Abitate da genti povere che le contendevano alla miseria, discendenti dagli antichi Cimbri, ma meno fortunati dei loro parenti dell'altipiano d'Asiago.
Il rifugio è interamente nuovo ma è stato costruito nel rispetto delle forme antiche, usando i lastroni della pietra locale ed è a mio avviso un buon esempio di regionalismo architettonico.
La nuova costruzione è dotata di
una pala eolica, una serie di pannelli solari distribuiti sul tetto e un tradizionale generatore a scoppio.

domenica 13 aprile 2014

Sul Monte Lisser con le ciaspole

Il forte del Lisser faceva coppia col dirimpettaio forte di Cima Campo, per sbarrare la Valsugana.
Siamo sull'altipiano di Asiago, proprio nei luoghi descritti da Emilio Lussu nella prima parte di "Un anno sull'altipiano": la Val Frenzela, Stoccareddo, Monte Fior e Monte Spil sono ad appena qualche chilometro di distanza.
Arrivati sulla pianeggiante sommità del Monte Lisser si vede tutto il campo d'azione della Strafexpedition prodotta dal furbastro Patto di Londra: in basso a destra la spianata di Valmaron e sulla sinistra il massiccio delle Melette con il Monte Spil e il Monte Fior. Sullo sfondo a destra, la striscia bianca Portule-Cima Dodici-Ortigara-Caldiera.
Il forte del Monte Lisser e il forte Leone, sulla dirimpettaia Cima Campo, erano
stati pensati come due guardie armate capaci di battere l'ingresso del Canale
di Brenta per cannoneggiare la rotabile della Valsugana e le sue alture, consi-
derata la porta d'ingresso in caso di invasione. Le vicende belliche si dipana-
rono in modi non conformi al pensiero degli strateghi del Regio Esercito
cosicchè il forte non venne mai realmente impiegato in battaglia.
Vedi le altre foto in Google Foto.
I lavori di costruzione iniziarono in fretta e in furia sul finire del 1911 per bloccare un eventuale attacco austroungarico verso la pianura veneta.
Il nostro cambio di casacca, infatti, era nell'aria da tempo e giunse a maturazione nel gennaio del 1915 con il Patto di Londra.
Il tracciato in Google Earth.
Gli austroungarici non la presero bene e nella primavera del '16 lanciarono la Strafexpedition, la "spedizione punitiva".
L'8 giugno del 1916, proprio nel corso della Strafexedition, il Forte Lisser entrò in azione cannoneggiando per errore le truppe amiche in azione sul vicino massiccio delle Melette e venne anche colpito da alcuni colpi di mortaio austriaci.
👉Negli anni seguiti alla WW1 fu poi depredato delle sue parti metalliche dai "recuperanti" e, passato il fascismo e la WW2, si salvò per un pelo dall'assalto degli impianti sciistici, che invece travolsero il vicino Monte Fior.
Il piccolo impianto costruito a Casara del Tombal fallì in breve tempo lasciandosi dietro la consueta scia di cemento e rottami.
Oggi, come numerose altre fortificazioni risalenti alla Grande

venerdì 4 aprile 2014

Il Col di Lana in veste invernale

Noto più per i suoi trascorsi di guerra che per le qualità alpinistiche, questo monte è piazzato al centro di un panorama dolomitico strafigo.
Col di Lana
Guardando a nord dalla cima del Col di Lana: sulla sinistra le rocce scure del monte Sief e a destra quelle delle Pale. Sullo sfondo le guglie del Sett Sass completamente appiattite sulle Conturines, poi il gruppo di Fanes e infine le Tofane all'estrema destra. La prima linea avanzata austriaca si spingeva sin qui arrivando dal Passo di Valparola, passando dal Sett Sasse e dal Monte Sief ed è facilmente indovinabile sotto la neve. E proprio in un ridotto sul Sief combattè il tenente Ljudevit Pivko, che poco tempo dopo si rese protagonista del clamoroso Fatto di Carzano (il mondo era piccolo già allora?).
Gigi si avvia verso il cratere lasciato dalla mina che ha fatto entrare il Col di
Lana nell'immaginario collettivo assieme agli altri luoghi-simbolo della
prima guerra mondiale: Ortigara, Bainsizza, Pasubio, Caporetto, eccetera.
Quando arriviamo in cima la neve abbondante ammorbidisce l'orlo del cratere lasciato dalla grande mina italiana della primavera del 1916. L'esplosione polverizzò il versante nord-est della cima e si portò via metà del contingente austriaco; oggi il grande cono rovesciato è riempito dalla neve e assomiglia a un catino, un'infossatura del terreno.
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.
Da quassù il giro d'orizzonte comprende cime e gruppi tra i più blasonati: la Marmolada, il massiccio del Sella, le tre Tofane, il Pelmo, la Civetta, le Dolomiti di Fanis...
La salita con le ciaspole non è difficile ma una volta usciti dal bosco la pendenza si fa sentire.
In discesa, se la neve non tiene e si rischiano scivoloni, è bene togliere le ciaspole perchè verso est pendenza ed esposizione si fanno pericolose...

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 1.676 (frazione Palla)
Quota massima raggiunta: m 2.452 (Col di Lana)
Dislivello assoluto: m +776
Dislivello cumulativo in salita: m 874

domenica 23 marzo 2014

Il Monte Cengledino dalla Val Breguzzo

Si trova proprio alle spalle di Tione ed è una cima molto panoramica.
La Val Rendena dalla vetta del Cengledino. Sulla sinistra la veduta comprende sia il Carè Alto che Cima Presanella. Al centro, tra la foschia dietro il Passo di Campo Carlomagno, si intravvede il Monte Luco, che fa parte della catena delle Maddalene. Infine, sulla destra, il Brenta nel suo intero sviluppo, dalla catena settentrionale fino alle propaggini sopra Tione.
La conca di Tione con le Alpi di Ledro in primo piano. Sullo sfondo la catena
dei Lagorai, la costiera Bondone-Stivo , i monti della Valsugana, il gruppo del
Pasubio, le Piccole Dolomiti e la catena del Monte Baldo.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Lo sguardo spazia dalle vicine vette del massiccio dell’Adamello a quelle della Presanella, dalle Alpi di Ledro alla catena del Monte Baldo per poi chiudere il cerchio con un'ampia veduta dell'intero gruppo delle Dolomiti di Brenta.
Con le ciaspole la via più battuta prende quota dal lato della Val Breguzzo ed è quella che noi seguiamo.
Sorpassata la Malga Lodranega e usciti dal bosco, si raggiunge la soprastante Malga Campo Antico.
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
Da questo punto in poi si procede sempre in campo aperto, con percorso libero. La nostra traccia GPS ricalca il percorso lungo la cresta sud-est, che è il più battuto. Può quindi tornare utile a chi dovesse salire per primo dopo una nevicata.
Arrivando in cima il biglietto da visita non è dei migliori: un ripetitore è la prima cosa che si avvista. Una volta arrivati ci si accorge che non esiste una vera e propria vetta ma piuttosto un bel pianoro sommitale la cui massima elevazione si trova 200 metri più a nord-ovest.
Quote e dislivelli:

mercoledì 19 marzo 2014

Le Malghe di Coredo dalla Predaia

Con le ciaspole per boschi e forestali, fino alla Wetter Kreuz (la"croce del temporale", ormai in terra tedesca).
Un facile e rilassante itinerario estivo che d'inverno si rivela parecchio più impegnativo.
La Wetter Kreuz (croce del temporale), posta lungo il confine fra le due
province autonome. Simili croci, che fanno parte delle più antiche tradizioni
dei contadini di montagna, sono ancora presenti in molti posti del Sudtirolo;
a loro si affidava il compito di proteggere uomini e raccolti dal cattivo tempo.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.

L'idea iniziale era di arrivare fino alla Testa Nera del Roen/Schwarzer Kopf, il noto affaccio panoramico dell'alta Val di Non sulla Bassa Atesina. Ma la ripetizione invernale della lunga camminata che dalla Predaia porta alla Testa Nera del Roen e ai suoi panorami si è rivelata più faticosa del previsto.
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
La tanta neve e la traccia non sempre battuta mi hanno convinto ad abbreviare il giro, saltando la salita alla Testa Nera. Dalla bocchetta che ospita la Wetter Kreuz/Croce del Temporale sono sceso direttamente alla Malga Vecchia di Coredo, subito imitato da Paolo. Solo il vecchio Gigi ha sfoderato la riserva di testardaggine necessaria per la Testa Nera. Utilizzerò le sue foto per un confronto con i panorami estivi, qui ci sono solo quelle fino alla Wetter Kreuz (e ritorno).

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 1.396 (Rif. Predaia)
Quota massima raggiunta: m 1.868 (appena sopra la Bocca di Val Calana che è a metri 1.844)
Dislivello assoluto: m 472 (quote cartina)

giovedì 27 febbraio 2014

Pizzo Alto (Lagorai)

Escursione di inizio inverno nei Lagorai meridionali, in fondo alla Val dei Mocheni.
Le montagne dell'alta Val dei Mocheni osservate dal Pizzo Alto. Sullo sfondo si intravedono le creste delle Dolomiti fassane.
Salendo al Pizzo Alto: l'ampio panorama  che si apre verso occidente. In primo
piano il profilo boscoso del Dosso di Costalta, altra meta facile e panoramica.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Foto, quote e testi sono di Gigi, che c'è stato prima di Natale. Io ci ho messo solo la vista del tracciato ricalcato su una cartina e poi incollato in Google Earth. Gli lascio la parola.
Il tracciato in Google Earth.
In sintesi si tratta di un’escursione abbastanza semplice, un po’ faticosa perché quasi tutta con buona pendenza, che conduce a una cima con un bel panorama. Tutto dipende ovviamente dalle condizioni del manto nevoso, in caso di presenza di neve dura i ramponcini sono essenziali nell’ultimo tratto. Nel caso di condizioni particolarmente sfavorevoli con presenza di ghiaccio se non avete con voi ramponi da ghiacciaio lasciate andare. Il Pizzo Alto sarà ancora lì, meglio ritornare che non tornare mai più! Buon cammino e Buon Natale!

Quote e dislivelli:
Quota di partenza/arrivo: m 1.400
Quota massima raggiunta: m 2.264 (Pizzo Alto)
Dislivello assoluto: + 864 m
Parcheggio-Pizzo Alto: 2:45 ore
Pizzo Alto-Parcheggio: 2:00 ore
Tempo totale netto: 4:45 ore AR

mercoledì 12 febbraio 2014

Schöneck e Stoanerne Mandln (Monti Sarentini)

Questi ometti di pietra sono diventati un fatto virale, la loro visibilità in rete surclassa molte cime che per ambiente e panorama sono senz'altro messe meglio.

La vista verso la conca di Merano è preclusa ma rimangono visibili le cime de
l'Ifinger/Picco Ivigna e quella del bifido Verdinser Spitze/Laste di Verdins.
Vedi le altre foto in Googlealtre foto in Google Foto.
Mai visti così tanti come qui, su questo rilievo dei Monti Sarentini, in un'area che nel superdotato Sudtirolo è destinata al ruolo di Cenerentola.
Detto in dialetto tedesco, Stoanerne Mandln, il nome suona misterioso e le difficoltà di pronuncia scivolano in secondo piano.
Il percorso in Google Earth.
L'azienda turistica incoraggia le favole a buon mercato e parla di "covo segreto di streghe dove venivano praticati riti satanici e stregonerie" per poi chiedersi, in perfetto stile Giacobbo (ma anche Kolosimo) "sono sem-plicemente degli antichi parafulmini oppure dietro ogni leggenda si nasconde sempre un fondo di verità? L'atmosfera mistica e miste-riosamente magica rende anche il panorama fantastico". E come no!
Comunque, Gigi e Paolo si sono limitati a mandarmi le foto. Nel pubblicarle, penso al per niente virale Dosso di Costalta, pure lui dotato di ometti in pietra e mi dico che, sì, perfino nel marketing turistico, bisogna riconoscere che sopra Salorno sono sempre "un zacco avvanti", anche nel raccontar frottole.

mercoledì 5 febbraio 2014

Nella neve al forte del Pizzo di Levico

Incastonato nella roccia viva della vetta, si sviluppava su tre piani e disponeva di una piazza d'armi ricavata nel lato rivolto alla Valsugana.
L'osservatorio del forte Spitz Verle garantiva una vista davvero strategica. Dalla cupola in calcestruzzo, dov'era situato il punto di osservazione, l'asse strategico della Valsugana era visibile dai Lagorai fino allo sbocco nella pianura veneta.
In vista della cima.  La croce divetta si trova sulla cupola del vecchio forte.
Vedi le altre foto in Google Foto.
Per la sua posizione a nido d'aquila si era guadagnato il nomignolo di "occhio degli altipiani", anche perchè svolgeva la funzione di osservatorio e in quanto tale contribuiva al coordinamento delle artiglierie austroungariche dislocate nei forti delle Vezzene, di Luserna e di Lavarone, altipiani che si trovavano proprio lungo il confine con il Regno d'Italia.
Il tracciato in Google Earth.
👉Da quassù lo sguardo spaziava sulle prime linee italiane: il Portule, Cima Verena, eccetera e inoltre, alle spalle, sulla corona di cime fortificate che circondava Trento. Senza contare che i tre canali strategici della Valsugana, della Val d'Assa e della Val d'Astico erano perfettamente visibili, come del resto gli scacchieri più lontani, dall'Adamello alle Pale di San Martino.
L'armamento non andava più in là dei semplici nidi di mitragliatrici (tre, mi pare) perchè il forte sempli-cemente "non poteva" essere preso, se non nell'ipotesi di una rotta disastrosa con ritirata strategica verso nord, cosa che infatti non accadde (anche se gli austroungarici persero ugualmente

mercoledì 22 gennaio 2014

Sul Corno Battisti (ciaspolando dentro la storia)

Cittadino austriaco, disertore e traditore dell'Imperatore per gli austriaci, eroe irredentista per gli italiani. Fu "divisivo" da vivo e lo divenne ancor più da morto.
Il gruppo del Pasubio visto dalla sommità del Corno. Nelle immediate vicinanze  Cesare Battisti fu catturato nel luglio del 1916.
Dal Corno Battisti verso occidente. La Val d'Adige rimane coperta dalla dorsale
del Pazul e sullo sfondo è visibile il tratto di fronte fra il Carè Alto e la Presanel-
la con davanti la lunga costiera che va dal Cornetto del Bondone al Monte Sivo.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
A guerra finita il fascismo trionfante se ne appropriò intestandogli il mausoleo del Doss Trento, con grave imbarazzo dei socialisti e sincera incazzatura della famiglia.
E più avanti, quando al ventennio fascista seguì il cinquantennio democristiano, Battisti divenne un eroe "senza aggettivi", asettico, spendibile sia a destra (nazio-nalitario) che a sinistra (progressista).
Scarica la traccia GPS da Every Trail.
👉L'uomo era figlio della buona borghesia del Trentino asburgico e di sentimenti irredentisti, cioè filo-italiani. Inoltre e soprattutto era una testa calda socialista, laica, progressista, anticapitalista.
Come le due cose potessero andare d'accordo resta per me un mistero, roba da diavolo e acqua santa.
Studiò a Firenze e fu da subito dirigente del partito socialista, quando socialismo significava ancora rivo-luzione sociale, progressismo e idealità umanista.
Nell'austriaco Trentino/Welschtirol
emerse rapidamente come dirigente politico e qualificato esponente della minoranza italiana, sempre in aspra polemica col proto-democristiano

martedì 24 dicembre 2013

Zigzagando tra neve e sassi (al Grostè sotto Natale)

L'idea era quella di arrivare a Cima Roma, vetta secondaria che gode di una buona reputazione fra gli scialpinisti. escursioni_invernali
altipiano del Grostè
Dal centro dell'altipiano del Grostè: vista d'infilata sull 'intera catena settentrio-
nale del gruppo  di Brenta, dalla Pietra Grande al Pian de la Nana, con il solco
della Val di Tovel sulla destra e l'alta Val di Non sullo sfondo.
D'estate, invece, viene bellamente ignorata a causa della soverchiante concorrenza esercitata dal sentiero Benini, un tratto della Via delle Bocchette che la domina dall'alto.
ciaspolare nel Brenta
Da sinistra: Cima Falkner, Campanile dei Camosci e Cima Grostè. La coppia di
intagli fra le tre cime sono le due bocchette dei Camosci che si incontrano lungo
il Sentiero Benini, uno dei tanti rami della Via delle Bocchette. Osservato da den-
tro l'altipiano appare molto meno piatto che dal Passo del Grostè. Con la pru-
denza che l'età porta con sè siamo rientrati alla base ancora col sole in cielo e
ci siamo subito imbarcati. Siamo così riusciti a dribblare la fila di euforici russi
che sono ormai la ciambella di salvataggio della nostra industria dello sci.
Vedi le altre foto in Picasa Web Album.
Ma, sin dallo sbarco dalla cabinovia del Passo del Grostè, ho sgamato che non era giornata.
La neve, poca e sventata, aveva sì una bella portanza ma per il resto lasciava molto a desiderare.
Ammucchiata dal vento dove non serviva, mancava del tutto sulle piattonate carsiche irte di spigoli taglienti ben note a chi frequenta il Grostè.
Si avanzava al rallentatore, com-piendo grandi e piccole "esse" per evitare i tratti più insidiosi di roccia affiorante.
Niente traccia battuta, e quindi si andava ad occhio, scovando i pochi ometti di sassi che spuntavano dalla neve.
Anche la cartografia del GPS si è rivelata inutile: non riportava il sentiero e quindi sapere che "voi siete qui" in mezzo al nulla...
Ritardo dopo ritardo il su e giù per l'arido altipiano ci ha portati dapprima a quota 2.605 e poi a quota 2.600, dove c'è anche una croce di vetta; lì ci siamo decisi - secondo me molto saggiamente - a ripiegare.