mercoledì 28 novembre 2012

Il rinnovato Rif. Serot (nei Lagorai)

Fino a ieri era un piccolo rifugio di rilievo prevalentemente locale; è situato sul versante solatio del Monte Cola, dove i Lagorai occidentali calano in Valsugana.
Sulla sinistra: le due sale da pranzo. Sopra quella nuova, con ampie aperture
finestrate e sotto quella vecchia, più tradizionale e raccolta. In B&W com'era.
Fosse un paese, sarebbe inserito fra le mete del "turismo minore" e di sicuro nessun sestogradista ha mai fatto base qui.
Il Rif. Serot è però una meta ambita per chi ama soggiorni distesi e passeggiate rilassanti, aria e cucina di montagna, paesaggio aperto.
Prezzi un po' alti, secondo me, ma d'altronde si può arrivarci in auto e questo spiega meglio di tante parole; spiega anche l'affollamento dei fine settimana.
L'estate scorsa ha subìto un ampliamento che l'ha raddoppiato.

lunedì 26 novembre 2012

Quattro passi sul Calisio

L'ampio spiazzo sommitale del Monte Calisio, a 1.095 metri.
Comoda passeggiata quasi in città che dal ristorante Campèl porta alla cima del Calisio.
Lavis-Zambana e monti della catena di Vigo.
Altre foto in Picasa Web Album.
Oggi meno frequentata di un tempo (il vecchio rifugio Calisio è chiuso da un pezzo) la piccola cima che guarda Trento da nord è facilmente raggiungibile dalla periferia. Passeggiata senza pretese ma di sicuro rilassante, in un bosco tranquillo. Quasi sempre su forestali o stradelle lastricate e mai su vero sentiero, tantomeno difficile.
👉Ci sono molti tracciati ma anche molte tabelle segnaletiche. 
Sono 350 metri di dislivello, mai impegnativi. Andata e ritorno in tre ore, soste comprese.
👉Partenza e arrivo dal parcheggio vicino al al Campèl. Con l'auto ci si arriva da Trento salendo prima in direzione Cognola e poi a Villamontagna. Una stradina molto stretta e ripida ma asfaltata porta in breve al parcheggio.

venerdì 23 novembre 2012

Il panino al lardo, nonostante i salutisti

Le cifre sono da infarto: proteine zero, grassi 100, carboidrati zero, fibre zero, ceneri zero, acqua zero, colesterolo 95, sodio zero, calorie 902 (in 100 grammi). Eppure...
mangiare in montagna
I gourmet si accapigliano in cerca del lardo assoluto e si dividono sulla presenza
o meno  della salatura e dell'affumicatura nonchè sugli aromi utilizzati per insa-
porirlo. Comunque, per migliorare il lardo meno nobile, basta un po' di pepe...
E aggiungere sale per compensare quel "sodio zero" non aiuta di certo. Un tempo il consumo di lardo era molto più diffuso (assieme allo strutto e al sego) perchè si faceva la fame.
👉Ma ora i salutisti lo hanno messo all'indice. Qualche ragione ce l'hanno. Oltretutto, essendo poco saziante, induce ad ingozzarsi.
Ecco perchè i panini al lardo sembrano sempre troppo piccoli!
Oggi i lardi più blasonati sono quelli di Arnad e di Colonnata, ma io all'elenco aggiungerei anche il lardo pancettato trentino accompagnato al pane di segale.

giovedì 22 novembre 2012

Il significato delle parole

E regalargli un vocabolario?  Il progetto della malga è in europaconcorsi.com.
"Il progetto muove dalla consapevolezza che le malghe rappresentano, ora più che mai, l’avamposto operativo delle azioni volte al mantenimento del paesaggio di alta montagna; ci si confronta quindi con il tema del patrimonio architettonico diffuso, con la tradizione, con la materia e con la vocazione primigenia di queste piccole ma importanti strutture."

mercoledì 21 novembre 2012

Formato pellicola?

La mia prima digitale, una Nikon "snodata" da 1,2 Mpixel del 1998, adottava il formato 4:3 proprio come l'antica scheda video VGA dei primi personal computer.
Abbazia di Pietralba: lo stesso soggetto è inquadrato dalla stessa distanza e
 anche con il medesimo obiettivo. Ciò che cambia è il "taglio" dell'immagine.
Con l'arrivo del digitale, la fotografia divorzia dal tradizionale formato 135 (che sulla pellicola produceva un negativo di 24x36 millimetri) e adotta quello 4:3 dei primi computer. Nella testa dei progettisti, la migrazione al digitale aveva prodotto la perdita della classica inquadratura Leica, che era in realtà meno lontana dalla percezione dell'occhio umano.
Solo dopo molti anni c'è stato un sano ripensamento, e oggi praticamente tutte le fotocamere permettono di scegliere fra i formati più diffusi svincolandosi finalmente dalla dipendenza "computeristica".

lunedì 19 novembre 2012

A novembre, in vista dell'inverno!

castagne
I marroni di Drena a metà cottura nel forno (ma fatte con la padella sulla fiamma diretta sanno più di montagna) e poi  le 6 pigne di mugo dei Lagorai nel mezzo litro di grappa bianca (senza zucchero).

sabato 17 novembre 2012

La dorsale dell'Armentera in Valsugana

La salita a Cima Armentera mi aveva incuriosito, e quindi rieccomi in Val di Sella.
Cima Dodici e Monte Trentin dai pressi di Cima Armentera.
Le altre foto sono in Google Foto.
Questa volta percorro l'intero crinale. L'intenzione era di farlo in cresta ma una volta sul terreno trovare il passaggio non è stato facile, il bosco è fitto, appena ci si alza un po' il sentiero diventa una traccia indistinta. Le cartine non riportano sentieri veri e propri, tuttalpiù qualche segno poco evidente.
Da Castel Telvana verso l'imbocco della Val  di Sella a Borgo Valsugana.
La foto risale al 1916 ed evidenzia al centro la dorsale dell'Armentera.
Nemmeno un tracciato Gps trovato nel web è di grande aiuto: seguendolo sul display uscirei dal sentierino che pure ho sotto i piedi, preferisco seguire il sentierino ma così passo 100 metri più in basso di Cima della Stanga... forse era una traccia usata degli animali.
👉Comunque il giro vale la pena, non fosse altro perchè è decisamente fuori dagli schemi. Continuo a chiedermi se lo stambecco che ho visto sotto San Lorenzo era vero o frutto della stanchezza. Mah!

La traccia GPS sovrapposta  alla tavoletta IGM 1:25.000 del 1959.
Il percorso lungo la dorsale dell'Armentera.
Descrizione: seicento metri prima di arrivare al ristorante Carlon si abbandona la strada asfaltata e con percorso intuitivo che taglia quello della mostra permanente Arte Sella si guadagna la ex-malga Busa del Mochene. Da qui si prosegue lungo la forestale che termina proprio sotto il Sasso Alto e prosegue in forma di sentiero. Il quale via via si restringe e diventa sempre meno evidente. In pratica l'intera traversata si riduce ad una continua ricerca della traccia giusta finchè, aggirata sul versante sud la Cima della Stanga e guadagnata Cima Armentera, si scende (finalmente lungo percorso evidente) fino ai 1.120 metri della Bocchetta Val della Croce (raccomandabile la breve deviazione che in 15 minuti porta all'Eremo di San Lorenzo).
In un'oretta di facile discesa dapprima su sentiero e poi su forestali si sbuca all'altezza dell'albergo Legno. Rimangono ancora da percorrere due chilometri su asfalto ma, complice la stagione, almeno non c'è traffico.

mercoledì 14 novembre 2012

La Littorina della Val Venosta

Il primo e l'ultimo modello della
notissima "Littorina" il cui colore
d'elezione fu sempre il marrone.
La memoria di questa ferrovia di montagna, nata da ambizioni europee mai concretizzatesi e finita col servire solo gli abitanti locali ed i soldati delle numerose caserme, è legata ai vagoni marrone della popolare Littorina. Il nomignolo deriva dal fascio littorio posto sul muso dell'automotrice Alb 48.
A fine Ottocento le ferrovie erano in pieno sviluppo e nel clima della Belle Epoque si progettavano collegamenti internazionali tra cui una Ferrovia del Resia e una Ferrovia dello Stelvio.
Nel 1880 fu invece aperta una più modesta tratta Bolzano-Merano, gestita da privati. Una generazione più tardi, nel 1906, fu realizzata la Ferrovia della Val Venosta ed in piena WW1 ebbero inizio i lavori di collegamento col Passo Resia, mai conclusi. Col passaggio al Regno d'Italia, ogni progetto venne abbandonato. Negli anni Trenta sulla tratta entrò in servizio un treno leggero "futurista": la "littorina".
Alcuni degli ultimi modelli di Littorina ripresi a Silandro nel 1976 e alla stazione di Malles nel 1974. La storia del ferrovia venostana, dalla origini ad oggi, è descritta nel sito scalaenne.wordpress.com.

martedì 13 novembre 2012

I due rifugi Tuckett e Sella, cento anni dopo

Oggi come allora, le due ruvide costruzioni in pietra sono un'icona e un pezzo chiave della storia alpinistica del Brenta.
L'aspetto dei due rifugi in una foto colorata a mano dei primi anni del Novecento.
Il rifugio trentino intitolato a Quintino Sella è sullo sfondo. In primo piano
il rifugio austrotedesco intitolato all'alpinista inglese Francis Tuckett.
I due edifici separati sono il lascito di una lotta senza esclusione di colpi fra due club alpini del Welsch Tirol austriaco di fine Ottocento.
Si sentivano in guerra, arruolati sul fronte dei nazionalismi, perchè quelli erano i tempi.
Più o meno dallo stesso punto di vista nell'estate del 2011. Sono passati più
di cento anni senza danni evidenti. La domanda sorge spontanea: visto
che su di loro pende (è la parola) un progetto di "ammodernamento"
dobbiamo forse temere qualcosa dal Comune di Ragoli
👉Da un lato la trentina SAT, che coagulava attorno a sè anche le spinte irredentiste filo-italiane e dall'altro la ortodossa DuÖAV (Deutscher und Österreichischer Alpenverein, il club alpino tedesco-austriaco), che guardava al Trentino come alla marca meridionale di un impero insidiato dalle nazionalità.
Alla Bocca di Tuckett e alla Bocca di Brenta si consumarono i due episodi salienti di questa "guerra dei rifugi" che vide i due sodalizi alpinistici l'un contro l'altro armati, in una guerra combattuta - per fortuna - più che altro a colpi di proclami e carte bollate.
Una storia nota che appartiene al passato e che torna in mente solo quando ci si chiede il perchè di questa stranezza dei "rifugi a coppia" nel Brenta.
I due edifici sono sgusciati indenni fra generazioni di sindaci e architetti: auguriamoci che continui così!

domenica 11 novembre 2012

Se la batteria dello smartphone dura troppo poco

Sopra: il Samsung Galaxy S2 con la gobba provocata dalla batteria potenziata.
Sotto: il software cartografico TwoNav della CompeGPS (con mappa 4Land)..
Eh sì, col GPS è un grosso problema. Scartata l'idea di portami dietro una batteria di riserva (continuare ad aprire e richiudere uno smartphone non mi sembra raccomandabile) ho cercato di "metterci una pezza" con una batteria potenziata che facesse corpo unico col telefonino e la scelta è caduta sulla Mugen da 3200 mAh (quella di serie è da 1650 mAh.).
A fronte di una capacità doppia il peso è cresciuto di poco (da 125 a 155 grammi). Anche l'ingombro è cresciuto ma, sorpresa, presa e maneggiabilità sono migliorate, perchè è diminuito l'effetto "saponetta".
Anche le prestazioni sono migliorate ma non in maniera risolutiva.

Con la batteria di serie dopo qualche prova i dati erano questi: la batteria si scaricava in 3 ore camminando in situazioni "difficili": forre, canyon, bosco fitto e nuvole basse; questo col telefonino in modalità "aereo" cioè staccato dalla rete. Col telefonino in modalità normale le cose peggioravano, diciamo due ore e mezzo.
●  Con la batteria maggiorata si migliora ma non si risolve: dalla situazione ambientale peggiore a quella ottimale i rispettivi dati salgono da 3 a 5 ore nel bosco fitto di valli strette e da 6 a 12 ore in situazione aperta priva di ostacoli al segnale GPS. Questo col telefonino in modalità "aereo". Attaccati alla rete telefonica sarebbe peggio.
●  Concludendo: per le vere escursioni è ancora troppo poco ma si tratta comunque di un passo in avanti. Tra il resto, facendo un uso "parco" del telefonino, quando non vado col GPS ora lo ricarico ogni 3-4 giorni: da sapersi per chi ama i viaggi! Per il resto vedrò di inventarmi qualcosa (forse).

venerdì 9 novembre 2012

Verso Forcella d'Ezze fra i larici d'autunno

Il percorso che dall'alta Val dei Mocheni porta al Rif. Sette Selle diventa particolarmente suggestivo quando i larici si accorgono che l'estate è finita e l'inverno è alle porte. escursioni_invernali escusioni_Lagorai
L'autunno sembra consegnarci un posto nuovo, magico e silenzioso. E dal rifugio l'aria frizzante spinge a proseguire almeno fino alla Forcella d'Ezze, giusto per buttare un'occhiata verso i monti di Cima d'Asta.
Tutte le informazioni su come arrivare e sul percorso sono nel post che descrive il nuovo sentiero "Delio Pace", una bella storia che si snoda fra le cime che coronano la Val dei Mocheni a settentrione.

mercoledì 7 novembre 2012

L'estetica delle periferie sale a quota rifugio

Il rifugio "Vittorio Veneto" allo Schwarzenstei/Sasso Nero.
Mai in Sudtirolo si è costruito così tanto e così male come nell'era Durnwalder. Tanto che adesso l'estetica urbanoide, prima confinata al fondovalle, raggiunge anche la montagna.
Il verbo della casa-klima e l'estetica del bio-bau diventano la foglia di fico ideologica di un modernismo spigoloso e aggressivo, fatto di lamiere, tetti piatti e affari. E l'ente pubblico è in prima fila, ad incoraggiare e premiare.
👉Come nei nuovi progetti di 3 dei 24 rifugi passati dal CAI alla Provincia Autonoma.
👉Che cosa ne direbbe oggi Alfons Benedikter, l'orgoglioso, strenuo difensore del paesaggio sudtirolese che lui vedeva come come elemento costitutivo e fondante della Heimat? Oggi - come si dice - il dibattito è aperto, che sarebbe come dire: "ma chi se ne frega, la strada è tracciata...".
Sopra: il Rif. Vittorio Veneto al Sasso Nero-Schwarzenstein (Valle Aurina) ieri e come è oggi. Qui: lo stesso rifugio nel suo aspetto attuale e come appare in  un rendering ricavato dal progetto che ha vinto il concorso indetto dalla Provincia Autonoma di Bolzano.

lunedì 5 novembre 2012

Il parcheggio alle Rocce Rosse del Bondone

S'è conquistato un posto nella top-ten delle brutture di montagna.
Nel numero di novembre di Montagne360.
La recente bruttura realizzata dall'amministra- zione comunale di Trento sul Bondone corona una serie di interventi sconclusionati che si sono susseguiti negli anni (nei decenni) fino a rendere la montagna dei trentini oggetto di frizzi e lazzi addirittura nei cinepanettoni natalizi.
👉Stavolta la prodezza è stata così eccessiva da conquistarsi uno dei primi posti fra le brutture in quota che la rivista del CAI Montagne360 sta censendo. Un primato negativo che non fa onore al Trentino: s'era cominciato dicendo "porteremo il parco naturale in città" e s'è finito col portare la periferia in quota. Complimenti!

domenica 4 novembre 2012

La rucola dimenticata

Abbandonata a sè stessa, la rucola seminata in primavera si è trasformata in un'erba selvatica alta trenta centimetri.
E' diventata più aspra e più amara, ma sempre perfettamente commestibile. Specie se tagliata sottile.


venerdì 2 novembre 2012

Sul Corno di Tres, fra Val d'Adige e Val di Non

Fa parte della catena delle Cime di Vigo, che si estende in destra Adige dalla zona della Mendola-Roen fino alla Piana Rotaliana e così separa la Bassa Atesina dalla Val di Non. escursioni_invernali
Il sentiero che porta alla Sella di Favogna con Cima Roccapiana sullo sfondo.
Scarica la traccia GPS da EveryTrail.
La sua cima si trova proprio al confine fra le due provincie di Trento e Bolzano, a picco tra la Val di Non italofona e la bassa atesina tedescofona. Dal fondovalle appare come un evidente corno appuntito ma in realtà è una facile elevazione boscosa che si raggiunge da entrambi i versanti senza problema alcuno.
Dalla vetta verso sud: i monti di Trento nella foschia di mezzogiorno.
Si raggiunge più facilmente dalla Val di Non, lasciando l'auto alla Predaia. Stavolta sono voluto salire da Fennberg (Favogna, in italiano).
Il sentiero è ben tracciato, si svolge prevalentemente nel bosco con la sola esclusione di un breve tratto poco dopo la partenza. Giunti alla Sella di Favogna si traversa in orizzontale il versante ovest ed infine si risale il fianco della cima (anche qui breve tratto su forestale.
Il panorama è letteralmente a 360°, il percorso è del tutto privo di difficoltà tecniche e non è mai esposto. E' adatto a tutti.
Dalla cima: l'alta Val di Non sullo sfondo del Brenta e dell'Ortles-Cevedale.
Le altre foto sono in Picasa Web Album.
Il piacevole spiazzo erboso della vetta è stato colonizzato da due altari da messa (uno in legno e l'altro in pietra) una colonna commemorativa in pietra ed una bandiera gialla (?) che nell'insieme danno al posto un'aria quasi cimiteriale. Valli a capire!
Arrivando dal versante atesino non è possibile imbastire un percorso ad anello. Il dislivello dall'auto è di 600 metri, l'ascesa cumulativa è di poco superiore, sui 750 metri.
Diciamo due ore all'andata e poco meno al ritorno.
Come arrivare: duecento metri prima della località Favogna di Sopra, sulla destra e in prossimità del culmine della salita si notano due cartelli indicatori e un piccolo slargo dove parcheggiare.