sabato 29 marzo 2025

Fotografare con il telefonino: cosa c'è dietro i quattro comandi e i tre obiettivi del Pixel 9pro

Gli obiettivi sono tre: un supergrandangolare, un grandangolare e un teleobiettivo. Le loro focali equivalgono a quelle di un 12mm, un 24mm e un 110mm del pieno formato (in più c'è uno zoom digitale).
I quattro comandi rapidi cui ci si affida nove scatti su dieci. In pratica sono loro a scegliere quale lunghezza focale usare fra le quattro disponibili. Quello marcato 2x è il solo che non attiva una lente fisica. Gli altri tre attivano una delle tre vere lenti di vetro.

I comandi rapidi sono riuniti nella fascia con i 4 tondi nume-
rati: è da qui che si sceglie quale obiettivo usare.
Da notare che l'obiettivo normale non c'è ma viene invece simulato croppando la parte centrale del 24mm; il risultato somiglia a un 49mm del pieno  formato ma è  il risultato di n'interpolazione digitale che lavora sul file prodotto dal grandangolare.
👉La scelta fra le tre lenti si fa al volo, semplicemente tappando su uno dei 4 comandi rapidi: 0,5x, 1x, 2x, 5x. Il teleobiettivo 5x dispone inoltre di uno zoom digitale che può spingersi fino al 30x. Ma vediamo con ordine:
0,5x: è il supergrandangolare: lunghezza focale 2mm pari a 12mm del pieno formato (l'angolo di campo è di 123°),
1x: è il grandangolare: lunghezza focale 6,9mm pari a 24mm nel pieno formato (l'angolo di campo è di 82°),
2x: è il normale: però non è una lente fisica, ma il ritaglio digitale dell'area centrale del grandangolare da 6,9mm con un campo visivo simile a quello di un 49mm del pieno formato,
5x: è il teleobiettivo: lunghezza focale 17,9mm pari a un 110mm del pieno formato (l'angolo di campo è di 22°). Si può zoomare digitalmente fino ad un massimo di 30x, che corrisponde a un tele da 660mm nel pieno formato.
👉L'inquadratura si può scegliere anche pizzicando lo schermo con due dita: la scelta della lente viene gestita in automatico dal software di bordo, ben imbottito di algoritmi capaci di fare un ottimo lavoro di post-produzione: sul lato zoom possiamo spingerci a scandagliare panorami montani fino a scovare cime davvero molto lontane: a volte succede che siano la foschia e le polveri dell'atmosfera a decidere quando è meglio non insistere oltre.
Il supergrandangolo quasi "fish eye", il grandangolo, il "normale" croppato dal grandangolo ed in fine il teleobiettivo. L'unico "finto" è il "normale" che Google chiama "2x". Gli altri tre sono frutto di una lente vera, cioè di vetro.


martedì 25 marzo 2025

La Antica Erboristeria Cappelletti di Piazza Fiera

Era lì dall'inizio del Novecento. Nel suo ampio "retrobottega" avveniva anche la produzione liquoristica, e questo dal 1920 fino agli anni ‘70.
Nel 1906 Giuseppe Cappelletti fondò la sua «società per la vendita di coloniali all’ingrosso e al minuto». Dal 1912 fissò la sede al civico 7 di Piazza Fiera. Ed era sempre in Piazza Fiera che poi vennero prodotti il famosissimo Elisir Novasalus e l’Amaro Trentino.
Lo stabilimento di Piazza Fiera nasce nel 1920. Fabbricazione e vendita avvenivano
nello stesso luogo. Oggi la produzione prosegue nello stabilimento di Aldeno.
La storia dell’«Antica Erboristeria Cappelletti» parte nel 1880, quando Giuseppe Cappelletti inizia a commercializzare le piante officinali delle sue montagne e prosegue nel 1909 quando fonda con i fratelli la società, prima con sede in via Oss Mazzurana.
Undici anni dopo nasce lo stabilimento chimico industriale in
Il fronte strada in un'immagine d'epoca.

piazza Fiera e anche l’Elisir Novasalus. Quando nel 1954 il fondatore muore senza figli, l’impresa passa al nipote Ferrante, erborista e sostenitore della coltivazione in montagna di erbe officinali, aiutato dai figli Gianpaolo, Sandra e Corrado.
👉Negli anni Sessanta sorse a lato del negozio l’enoteca Bacchus, con 800 vini da tutto i mondo e nel 1968 la produzione fu trasferita a Ravina, mantenendo il negozio in P.za Fiera, e si amplia la gamma: accanto ad amari e erbe anche grappe, vin Brulè Bacchus e altri liquori.
👉A fine anni Settanta la produzione si spostò a Ravina e dal 2001 ad Aldeno, dove ora «con la nostra tradizione erboristica con cui facciamo amari, produciamo anche una serie aperitivi apprezzati all’estero». Il miglior mercato è «l’America con gli aperitivi, il classico bitter rosso a base spritz ha
L'etichetta del prodotto più esclusivo: l'"Elisir Novasalus". E' un amaro nel senso
ottocentesco del termine, cioè un digestivo talmente amaro da risultare quasi im-
bevibile secondo gli standard attuali. Lo si beveva diluito in acqua calda.

aperto vari mercati in Europa, Australia, Nuova Zelanda e Marocco — prosegue l’imprenditrice — mentre in regione e parte d’Italia siamo più conosciuti per l’amaro Elisir Novasalus, reso famoso dal passaparola»
.
👉Nel 2021 il negozio di Piazza Fiera aveva già chiuso e un anno dopo era stato poi riaperto da due suoi dipendenti che avevano l'avevano rilevato, ma anch'essi hanno gettato la spugna, la ricerca di un nuovo gestore è rimasta senza esiti e i 30 novembre 2024 le serrande dell’erboristeria si sono abbassate dopo 118 anni. Maddalena Cappelletti (quarta generazione) si rammarica: «Per noi è un pezzo di storia che viene chiuso perché comunque l’erboristeria era lì dal 1912 e tutta la produzione della liquoristica dal 1920 fino agli anni ‘70 era lì». (Testo tratto da: Marzia Zamattio, "Addio all’Erboristeria Cappelletti chiude il negozio di piazza Fiera", in "Corriere del Trentino", 10 dicembre 2024)

venerdì 21 marzo 2025

Fotografare con il telefonino: il tele del Pixel 9pro

Ho scattato una foto al meranese Picco Ivigna, guardandolo dal Lago di Caldaro. A sx con l'obiettivo normale 1x e a dx con il teleobiettivo 5x.
L'obiettivo "normale" dei telefonini corrisponde a un grandangolare del formato 24x36 (tipo un 24 mm) ma il teleobiettivo a volte viene simulato ritagliando il file catturato da quello normale. Il Google Pixel 9pro monta un vero teleobiettivo ottico, con una lunghezza focale equivalente di circa 110 mm. Un modesto tele per i cultori della pellicola, ma un buon "vetro" per chi si contenta del telefonino.

Avere a bordo un teleobiettivo vero, cioè costruito con lenti di vetro, ci garantisce un file di buona qualità, capace di sopportare i ritagli e le interpolazioni digitali, operazioni da cui esce mantenendo una discreta leggibilità anche a rapporti di zoom incredibili come un 15x o 30x che corrispondono a un 330 mm e un 660 mm di focale nel formato pellicola 24x36, due focali impegnative da maneggiare.

mercoledì 19 marzo 2025

Ai due punti panoramici del Monte Corona, nei boschi fra la Val di Cembra e la Val d'Adige

Se ne stanno acquattati nel reticolo di sentieri che innervano il "mondo di mezzo" incuneato fra la Piana Rotaliana e la Val di Cembra.
E' una semplice passeggiata di mezza stagione sui fianchi del modesto Monte Corona, fino alla croce del Doss Paion e dopo - con una breve digressione - fino al punto panoramico di quota 953 (foto sotto). 
La Piana Rotaliana vista dal secondo punto panoramico, quello di quota 953.
Partenza e arrivo al micro-valico della Croce delle Serre, che mette in comunicazione Ville di Giovo con Faedo, un passaggio interno che divide la Valle di Cembra dalla Piana Rotaliana, le valli dell'Avisio dalla Val d'Adige.
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.
👉Si lascia l'auto nel comodo spiazzo da pic-nic accanto alla Croce delle Serre (m 820) da cui parte il sentiero nel bosco che porta al belvedere in località "Doss Paion". Sulla cima attendono il camminatore, tavoli e panchine per il ristoro, la vista sulla bassa Val di Cembra e sulle catene montuose del trentino orientale, e la grande croce metallica posta a guardia dell’accesso. Si tratta di una salita moderata con qualche saliscendi e una leggera salita nella parte che raggiunge il primo belvedere, quello con la Croce del Paion.
Al ritorno una breve digressione ci porta verso l'altro punto panoramico, attrezzato con panchine e vista aperta sulla Piana Rotaliana.
👉La Val di Cembra dispone di altri belvederi panoramici fuori dai grandi flussi turistici, in primis quello del Piz delle Agole, giusto sulla verticale del

venerdì 14 marzo 2025

Un piccolo tagliere con Würstel, Gurken e ricotta

La ricotta al posto dello Speck e dei formaggi di malga, con i cetriolini agrodolci e i Würstel viennesi a tenere alto il vessillo della tradizione.
Una merenda al tagliere con i Würstel al posto dello Speck e con la ricotta al posto dei formaggi di malga. Nella lingua tedesca la parola ricotta non esiste e ciò che più le somiglia è il Quark, un formaggio fresco molto cremoso, del tutto sconosciuto qui da noi.
Con una spolverata di pepe nero concentrata sulla ricotta.
La parola "ricotta" non esiste in tedesco, e  dunque un tagliere senza lo Speck o altri salumi da taglio fa fatica ad essere inscritto nella tradizione tedesca anche se vede la presenza dei Gurken, i cetriolini in agrodolce. Il prodotto più affine alla ricotta è infatti il Quark, un prodotto del ciclo del latte molto diffuso al Nord ma del tutto ignoto alle terre latine.
👉Non solo i tedeschi ma anche gli anglo-sassoni non hanno la ricotta; però chiamano "cottage cheese" ( formaggio del contadino) un formaggio morbido che ricavano lavorando il siero del latte, cioè quel che resta nel calderone dopo aver prelevato la più ricca massa di caseina solidificata: il formaggio vero e proprio. Sembra la nostra ricotta...

domenica 9 marzo 2025

La Trinkhalle sulla Winterpromenade di Merano

Oggi si chiama "Cafè Wandelhalle" ma è nato nel 1891 come chiosco termale in testa al lungo gazebo che affianca la Winterpromenade.
In fondo alla Wandelhalle c'era un padiglione per le bevande legate alle cure termali, riservato alla mescita di siero di latte (ciò che resta nel pentolone dopo aver fatto il formaggio), di kumis (latte di giumenta fermentato), di succo d’uva e di acque minerali.
In questo antico Café rivive la romantica stagione dell'Impero Asburgico. Il "Cafè
Wandelhalle" prende il nome dal lungo gazebo, ampliato e ristrutturato nel 1891 e
lungo ben 90 metri e largo 4 metri, costruito nel 1891. 
Nella seconda metà dell’Ottocento, quando a Merano iniziavano a fiorire le attività di cura termale, furono ideate anche le prime infrastrutture pensate per il nuovo pubblico facoltoso che veniva a "passare le acque".
👉In fondo al lungo foyer realizzato dalla ditta Griedel di Vienna con strutture prefabbricate in ferro laminato e in legno c'era questa Trinkhalle, una "sala del bere" dove gli ospiti delle terme sorseggiavano le varie bevande terapeutiche prescritte a chi "passava le acque", cioè trascorreva un periodo nella città di moda, dove vedere ed essere visti era un buon motivo in più per esserci.

giovedì 6 marzo 2025

Minestra di crauti rossi, patate, cipolle, pomodori

E' rossa come il borsch, la zuppa standard di tutto l'est-europa. Ma qui c'è il Rotkraut (il cavolo cappuccio rosso) al posto della barbabietola.
A dispetto del colore rosso la parentela più prossima è però quella con la jota carnica e slovena piuttosto che quella con la zuppa delle pianure danubiane e russe: come la jota, infatti, è una minestra a base di crauti e non di barbabietola.


Prima si fanno bollire in acqua le verdure e solo a cottura quasi ultimata si aggiun-
gono i Rotkraut, i crauti rossi. Anzichè salare io metto nell'acqua un cucchiaino di
salsa Maggi e tre di Brodo Bauer. Abbassare il fuoco e sobbollire per amalgamare
maglio i sapori.
E' una minestra di verdure con i crauti rossi, che sono le barbabietole o rape rosse, che compaiono nel boršč.

Nota sul boršč: le diverse versioni del boršč dell'est-europa variano principalmente per il modo in cui vengono cucinate le barbabietole. Barbabietole che possono essere preparate in diversi modi: cotte al vapore, al forno o bollite, prima di aggiungerle alla zuppa.
Oltre alle barbabietole rosse, che ne costituiscono la base, nella preparazione del boršč possono entrare numerosi ingredienti supplementari, diversi a seconda delle molteplici tradizioni locali. Tra questi, piuttosto comuni sono i fagioli, il cavolo, le carote, i cetrioli, le patate, le cipolle, i pomodori, i funghi. Tradizionalmente il boršč viene servito ben caldo ed è generalmente guarnito con la panna acida.
Qui un classico boršč  ucraino o russo con l'aggiunta di panna acida, ingrediente che qui da noi è quasi sconosciuto.