mercoledì 10 dicembre 2025

Gnocchi di patate, canederli e strucolo alle biete: un tris di riferimenti adriatici e danubiani

Gnocchi di patate che sanno di terra e di mare, canederli allo Speck che trasudano Impero Asburgico e strucolo salato che sa di alto Adriatico.
Lo strucolo alle biete è il preparato più curioso di questo terzetto dove è a fianco di un bel canederlo al burro e salvia e degli gnocchi di patate al pesto (a sinistra appena uscito dal forno e a destra una volta aperto - il ripieno è fatto semplicemente con le biete lesse saltate in padella al modo dalmata). Assomiglia molto ad uno Strudel, però salato anzichè dolce.
Gli štruklji salati più classici sono farciti con ricotta o formaggio fresco, ma le varietà
sono infinite e possono essere riempiti anche con carni preparate in diversi modi.
Poi ci sono gli strucoli dolci, dove il  ripieno il ripieno è in genere a base di noci, u-
vetta, pangrattato e zucchero, marmellate varie. In quest'ultimo caso finiscono col
confondersi con le famose 
palacinche.

E come secondo ancora atmosfere mitteleuropee e balcaniche: cevapcici di manzo
e maiale scottati in padella (era troppo freddo fuori per pensare al barbecue e  alla
griglia) accompagnati dalla salsa ajvar della croata "Podravka" e dalla cipolla.
Gnocchi di patate: un classico piatto della cucina veneziana diffusosi lugo entrambe le sponde dell'Adriatico nel corso XIX secolo. Grazie alla lunga e profonda influenza della Repubblica di Venezia si sono diffusi attorno agli approdi della costa orientale radicandosi fra le popolazioni rivierasche fino a diventare il contorno della pašticada dalmata.
Canederli (Knödel): queste palle di pane raffermo sono tipici dell'area alpina/danubiana (Trentino-Alto Adige, Austria, Baviera), inventati per non gettare ai maiali il pane raffermo e simbolo del riuso nella cucina povera che non getta via niente. Quelli preparati da Franco per questo tris sono conditi al burro e salvia.
Strucoli (Štruklji) salati: sono delle crepes salate diffuse in diverse varianti tra Friuli Venezia Giulia, Istria, Slovenia e Croazia settentrionale costituendo un ponte tra la cucina contadina locale e la più generale e ampia influenza danubiana. Possiamo pensarli come una sorta di "strudel salati".
👉La forma che assumono dopo essere stati farciti, cioè chiusi attorno al ripieno, li fa assomigliare ad una crespella (come è appunto per lo strucolo delle foto) ma la forma cambia quando vengono avvolti su sè stessi in forma di rotolo come si fa con le palacinke. In questo caso si mangiano dopo averli tagliati a grosse fette con il coltello.

venerdì 5 dicembre 2025

Tre sapori tirolesi in un panino da zaino

E' un segalino cotto come si deve e poi imbottito con il wurstelone rosa Lyoner e con i croccanti cetriolini agrodolci chiamati Gurken.
Un segalino cotto come si deve ed imbottito con il wurstelone rosa Lyoner e con i croccanti Gurken. Nella foto: durante un giro autunnale a Malga Resia (che era già chiusa, ma con le panche all'aperto agibili anche d'inverno).

Il segalino meriterebbe il premio Pulitzer per la versatilità: si adatta anche ad un ham-
burger in stile balcanico (manzo o maiale-manzo con tanto aglio fresco fra falde di pe-
peroni pallidi
). Subito sotto vediamo il segalino in fase di imbottitura e più in basso an-
cora un un esempio delle tante possibili variazioni sul tema "lyoner".
👉La pagnotta di pane nero era un tempo il pane standard delle terre alte tirolesi, l'unico conosciuto dai contadini di montagna. Sempre a base di farina di segale, la pagnotta di pane nero (Schwarzbrot) poteva essere più o meno grande ed aveva anche qualche variante locale che riguardava il "taglio" di farina "bianca", cioè di frumento, o l'insaporimento, affidato per lo più al comino (Kümmel) e ai semi di finocchietto selvatico (Fenchelsamen). Oggi di solito si usa il lievito di birra, ma specialmente nei masi di montagna si faceva ricorso alla pasta madre (Sauerteig) autoprodotto. Le attuali pagnottelle vendute come "segalini" sono più piccole delle pagnotte tradizionali. La composizione, la preparazione e la cottura possono cambiare parecchio.
👉Il Lyoner  in pratica può essere rimpiazzato da würstel senza pelle lessati. Va forte fra le popolazioni franco-tedesche ma è semi-sconosciuto in Italia. Di composizione tanto varia quanto aleatoria: suino, misto suino-manzo, tacchino, pollo, con aggiunta di prosciutto cotto, di peperoni, di paprika, di olive...

venerdì 28 novembre 2025

Sul Monte Spil (tra Pasubio e Vallarsa)

Tra malghe e prati alti sul fronte della WW1 sulla dorsale del Corno Battisti, con il gruppo del Pasubio da un lato e la Vallarsa dall'altro.
Il piatto Monte Spil sullo sfondo di Malga Monticello. L'inconsueto stallone dal tetto verde è un edificio in cemento armato risalente alla prima guerra mondiale, poi riadattato a ricovero notturno per le vacche.
Merenda a Malga Buse: segalino imbottito di salame lyoner e salsa tartara. In alto
a destra il bivio per il monte Corno Battisti, sempre sulla dorsale Pasubio-Vallarsa.
Vedi le altre foto in Google Foto.
Sul Monte Spil ci si arriva lasciando la stradina che porta - dapprima stretta ma asfaltata poi ancora stretta ma sterrata - sino al rifugio Lancia e si lascia l'auto al parcheggio chiamato "Sasson" ben conosciuto dai frequentatori del rifugio Lancia. 👉Questa è la via più breve e diretta, insomma quella più adatta a noi.
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.
Altrimenti ci si arriva dalla Vallarsa tramite gli antichi sentieri, vincendo il suo ripido versante settentrionale, che è ripido come pochi.

Quote e dislivelli (dati del GPS):
Quota di partenza/arrivo: m 1.428
Quota massima raggiunta: m 1.6767
Quota minima raggiunta: m  1.324
Dislivello assoluto: m 250
Dislivello cumulativo in salita: m 380 circa
Dislivello cumulativo in discesa: m 380 circa
Lunghezza con altitudini: km 6,8 AR
Tempo totale netto: ore 2:30 AR
Difficoltà: T-E

Descrizione del percorso: la traccia GPS toglie ogni problema di orientamento e rende superflua la descrizione dettagliata. Tenere presente che se l'andata è "turistica" il ritorno è si breve, ma

lunedì 24 novembre 2025

Seccati, tritati e pronti per fare l'olio piccante

Preparare i peperoncini per l'olio d'oliva piccante da insalate.
La loro piccantezza è varia e non sempre quelli verdi sono i più innocui: quelli più piccanti in cui mi sono imbattuto sono quelli gialli, piccoli e rotondi. Con quelli rossi di forma allungata non si incontrano sorprese, si va sul sicuro ed essicano bene, uniformemente.
L'importante è che prima di aggiungerli all'olio siano stati essiccati per bene, che è
il modo più sicuro per scongiurare la comparsa di muffe. Poi si possono sbriciolare
a mano (attenzione a non fregarsi gli occhi, si rischiano guai seri).
Ce ne sono di rossi, di verdi e anche di gialli e tutti possono essere messi nell'olio sia interi che tritati.
Tritandoli si aumenta il trasferimento del loro fuoco all'olio.
La quantità da aggiungere all'olio è del tutto aleatoria oltre che soggettiva perché dipende dal differente grado di piccantezza delle numerosissime specie in commercio ma anche dai gusti personali.
👉Per appenderli ad essiccare io uso un cesto a maglia metallica che lascia circolare liberamente l'aria.
Se i peperoncini provengono dall'orto vanno raccolti a fine estate, al tempo dell'uva (in questo caso uva fraga sia nera e che bianca) e poi appesi ad essiccare in un posto all'ombra, ventilato e secco. Se è all'aperto bisogna ritirarli la sera per evitare la guazza notturna.


mercoledì 19 novembre 2025

A Malga Resia dal lariceto della Val di Roia

Dal ponte Kopferbrücke alla Reschner Alm lungo la ex-strada militare che risale il versante italiano del Piz Lat/Dreiherrenspitze.
Il Piz Lat si trova al confine fra Italia, Svizzera e Austria. Guarda da nord il lago del campanile che esce dalle acque che calamita frotte di turisti in cerca del selfie (protagonista anche del premio letterario Strega). Al centro della foto spicca il Piz Clopaj, suo dirimpettaio. Tra le due montagne passa la statale di Passo Resia.


Vedi le altre foto in Google Foto.
Malga Resia si trova sulle pendici italiane del Piz Lat. La via meno faticosa per raggiungerla a piedi prevede la risalita in macchina della Val Roia fino al ponte Kopferbrücke, dove si trova un ampio parcheggio gratuito.
Dal parcheggio parte una strada forestale (chiusa al traffico motorizzato dalla 10:00 alle 16:00 di ogni giorno - dato dell'estate 2025) in leggera salita, passando idilliaci prati da sfalcio alpini, prende quota attraverso i bosco inizialmente di abeti e più in alto di larici, si raggiunge dopo circa 1 ora di passeggiata la Malga di Resia, che è oggi una frequentata locanda con
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servizio di trattoria e pernottamento.
👉La pendenza costante, l'invidiabile tenuta delle opera di sostegno ed il fondo perfetto tradiscono la natura militare costruita per presidiare i confini. Il fondo sterrato è così perfetto che pare un tavolo da biliardo, i prati da fieno sembrano ripassati con il rasoio, l'intero paesaggio sembra il dipinto di un paesaggista amante della montagna.

Nota sul Piz Lat: il punto trigonometrico della triplice frontiera non è collocato sulla vetta della montagna, ma sul suo fianco nord, a circa 800 metri dalla cima e a 2.180 metri di altezza perchè la vetta fisica è confine solamente tra l'Italia e la Svizzera. La cresta di vetta fa da spartiacque tra la Val Venosta (percorsa dall'Adige) e l'Engadina (percorsa dall'Inn, tributario del Danubio). Dal monte si dominano tutta l'alta Engadina e la Val Venosta. Dal 1919 (fine della WW1) è confine fra i tre stati. Nelle Alpi Giulie c'è attualmente un'altra situazione "triconfinaria" che riguarda il Monte Mangart, la cui cima si trova fra Italia, Slovenia e Austria. Altri esempi di triplice frontiera non mancano, sia a livello geografico che storico.

Quote e dislivelli (dati del GPS):
Quota di partenza/arrivo: m 1.852
Quota massima raggiunta: m 2.033
Quota minima raggiunta: m 1.796
Dislivello assoluto: m 181
Dislivello cumulativo in salita: m 240 circa
Dislivello cumulativo in discesa: m 240 circa
Lunghezza con altitudini: km 6:00 AR
Tempo totale netto: ore 2 AR
Difficoltà: T

Descrizione del percorso: la traccia GPS toglie ogni problema di orientamento e rende superflua la descrizione dettagliata.

Come arrivare: dal centro del paese di Resia si seguono le indicazioni per l'impianto di risalita di Schoeneben. Raggiuntolo, si prosegue lungo la stradina asfaltata che sale verso la Val di Roia e dopo qualche chilometro di salita costante si individua il parcheggio Kopferbrücke, ben segnalato sul bivio verso destra. Dal parcheggio si imbocca la forestale per la malga Resia. Vedi anche l'apposito pulsante "Ottieni indicazioni" in Wikiloc.

venerdì 14 novembre 2025

Il pallido Weisswurst delle birrerie bavaresi

I würstel bianchi sono noti come “salsicce bavaresi”, “Weisswurste” in tedesco. Impasto di carne di vitello, prezzemolo, pepe e noce moscata.
Würstel bianchi bavaresi con un'artigianale bayerischer süßer Senf (senape dolce bavarese), senape industriale, e Cren (salsa di rafano). Nel piatto assieme a un'insalata di cavolo cappuccio viola condito con aceto, olio di oliva, semi di Kümmel e panna acida.
La salsa di rafano riesce a sostituire decentemente la radice fresca gratuggiata, che
però ha il difetto di non conservarsi a lungo una volta estratta da terra.
Hanno un sapore meno marcato di tutti gli altri würstel e non sono affumicati. Vengono aromatizzati con prezzemolo, sedano, sale, limone, noce moscata, zenzero... ma a prevalere è sempre il prezzemolo.
I bavaresi li mangiano riscaldati in acqua quasi bollente e conditi con la senape dolce mentre sgranocchiano il Bretzel e bevono birra chiara. Non li arrostiscono.
Prima della diffusione del frigorifero, i würstel bianchi bavaresi venivano prodotti solo al mattino e quindi consumati entro mezzogiorno, causa il deterioramento rapido del prodotto.
👉Anche nel caso dei Weisswurste si presenta lo stesso "slittamento verso il suino" già registrato nei Servelade svizzeri. Succede cioè che quasi tutti i Weisswurste in commercio vengano fatti con carne di maiale o al massimo con un misto maiale-manzo, come tutti gli altri tipi di würstel, e che l'unica differenza si riduca al colore (sono bianchi). E dunque verrebbe da chiedersi: di cosa sono capaci i processi industriali e la pubblicità quando lavorano di conserva?
Cavolo cappuccio e panna acida: un contorno decisamente mitteleuropeo.
Leggenda metropolitana: una fredda mattina invernale, correva l’anno 1857, Sepp Moser, l'oste della locanda "Zum Ewigen Licht" (Alla Luce Eterna) sul Viktualienmarkt esaurì il budello di pecora usato nella preparazione dei Bratwurst di vitello da arrostire. Così, chiese al suo garzone di correre in tutta fretta a comprare altro budello, perché il locale era pieno di clienti da soddisfare. Il giovane apprendista gli procurò erroneamente budello di maiale, troppo grande e coriaceo per essere arrostito… l’oste pensò così di bollire le salsicce, anziché arrostirle, perché le budella di maiale sulla piastra sarebbero scoppiate. Il budello di maiale troppo duro e spesso sarebbe anche all'origine dell'usanza bavarese di infilare in bocca i Weisswurste e di succhiarne il morbido contenuto per poi gettare via il budello vuoto.

lunedì 10 novembre 2025

Sul Colle San Pietro dal paese di Torcegno

Passeggiata fra i prati del minuscolo altopiano sospeso sopra Borgo Valsugana; ritorno opzionale dal sentiero di arroccamento della WW1.
Il paese di Torcegno visto da Colle San Pietro. In basso a sinistra la Cappella Maria Ausiliatrice da cui si transita per salire sul colle.
Vedi le altre foto in Google Foto.
Questo breve giro di mezza costa è diviso in due parti: c'è l'andata, che inizia dal cimitero di Torcegno ed è una passeggiata fra prati e i boschi priva di difficoltà e poi c'è il ritorno il ritorno, che segue in discesa il vecchio sentiero di arroccamento della WW1, ed è un tracciato ripido, scalinato e scivoloso che richiede attenzione, fermezza di piede e ginocchia in ordine (e questa parte è escursionistica).
👉Se all'andata si sale a Colle San Pietro facendo la passeggiata,  una volta arrivati al castello si può scegliere se tornare scegliendo per il
Scarica la traccia GPS da Wikiloc.
rientro la discesa lungo il sentiero di arroccamento della WW1 (come ho fatto io, vedi traccia - che è un rientro sicuramente più interessante ma anche più difficile), oppure optare per un ritorno dallo stesso percorso dell'andata. Diciamo che così si ha una via di fuga...

Quote e dislivelli (dati del GPS):
Quota di partenza/arrivo: m 770
Quota massima raggiunta: m 871
Quota minima raggiunta: m 745
Dislivello assoluto: m 99
Dislivello cumulativo in salita: m 180
Dislivello cumulativo in discesa: m 176
Lunghezza con altitudini: km 3,6
Tempo totale netto: ore 1:15 AR
Difficoltà: T-E

I due castelli di Borgo Valsugana nel Cinquecento. Stampa riprodotta in una carto-
lina viaggiata nel Novecento. Lo scomparso Castel San Pietro è quello più in alto.
In basso si riconosce Castel Telvana con il Borgo lungo la Brenta.
Descrizione del percorso: la traccia GPS toglie ogni problema di orientamento e rende superflua la descrizione dettagliata. Tenere presente che se l'andata è "turistica" il ritorno è si breve, ma è "escursionistico".

Come arrivare: Si raggiunge il paese di Torcegno dalla Statale della Valsugana e si parcheggia in centro. L'itinerario parte dal cimitero, che è attiguo alla chiesa. Vedi anche l'apposito pulsante "Ottieni indicazioni" in Wikiloc.

Notizie storiche su Castel San