sabato 31 dicembre 2011

E che l'anno nuovo sia meglio di quello andato!

«E questi si vendono in cambio di qualche massaggiatrice, di qualche viaggio gratis, di pochi spiccioli… La corruzione dilaga a tal punto che c’è gente che ruba senza nemmeno sapere il perché.».
(Giorgio Bocca 1920-2011) 

giovedì 29 dicembre 2011

La Folgaria di oggi: altro che Val Giumèla!

Questo paesaggio fassano è del 1999.
Altre notizie su vittoriodetassis.xoom.it.
Tornando dalla passeggiata a Monte Maggio ripiombo in quel cantiere di periferia che è diventato Passo Coe (Comune di Folgaria, lunga tradizione amministrativa di sinistra). Chissà se il sindaco è sempre l'Aldo (Marzari), mi sembra impossibile che faccia 'ste cose, ma sì, andrò poi a vedere... e intanto mi viene in mente che l'ultima vera battaglia ambientalista in Trentino è stata quella condotta dall'allora vicepresidente della Provincia Roberto Pinter per bloccare gli impiantisti in Val Giuméla, una piccola laterale della Val di Fassa. Ci rimise le penne e venne marginalizzato dalla politica che conta. Oggi si occupa del Dalai Lama.
Accadeva a cavallo del nuovo secolo. Da allora i lobbisti dello sci si sono fatti furbi e hanno adottato una nuova e vincente strategia: non più scontri in campo aperto ma infiltrazioni in profondità. Si muovono sottotraccia e contattano uno a uno i pubblici amministratori più "sensibili" seguendo la linea di minor resistenza. Anzi, siccome cosa fatta capo ha, le notizie non escono proprio: vengono semplicemente aggiornati i depliant delle APT.
Malga Zonta e ex-Base Nato a Passo Coe.
C'è un'intera new-generation di simpatici sindachetti cresciuti nel clima dell'urbanistica contrattata craxiana. E così vengono scritti piani regolatori che trasformano le risorse pubbliche in ruspe, betoniere, piloni e after-hours. Con discrezione e senza clamori, vizi privati e pubbliche virtù. Ma che bel beauty-contest! C'è posto anche per la Resistenza, e i missili della Guerra Fredda diventano attrazione turistica. Dimenticavo il nome: l'attuale sindaco di Folgaria si chiama Maurizio Toller, e la sua lista "Lista civica".

martedì 27 dicembre 2011

Sul Monte Maggio

Da Monte Maggio verso l'altipiano di Asiago.
Questa breve escursione nella zona di Passo Coe (Folgaria) ci porta su una cima che fa perce- pire con chiarezza quanto poco mancasse al dilagare nella pianura padana della Strafexpe- dition dell'estate 1916.
L'alto comando italiano stava a Vicenza, cioè a un tiro di schioppo, come ben si vede da questa vetta alpinisticamente così insignificante ma strategicamente tanto importante. Gli austroungarici sfondarono e giunsero addirittura fino al  Monte Cengio, vero balcone sul vicentino, ormai a un tiro di fionda. escursioni_invernali

Dai pressi di Malga Zonta (m 1.560) abbiamo seguito la traccia predisposta sul GPS fino alla cima del Monte Maggio (m 1.835) senza difficoltà nè fatica. La neve dura era perfetta per camminare senza ciaspole ma senza GPS ci saremmo trovati in difficoltà. Infatti la conca di Passo Coe è piuttosto vasta e boscosa, senza chiari punti di riferimento. Per il ritorno abbiamo scelto la vecchia strada militare che costeggia in quota il versante ovest, taglia una pista da sci e arriva sulla strada asfaltata poco prima di Passo Coe (m 1.620). Dati del Garmin: tempo totale netto 3 ore. Dislivello in salita metri 480, in discesa metri 408.

lunedì 26 dicembre 2011

Ma l'inverno vero non è ancora arrivato

Le piante fraintendono, forse pensano che sia già arrivata la primavera. Di notte va sotto zero ma di giorno il sole si fa sentire. La settimana scorsa il nocciolo e la rosa avevano questo aspetto (stralunato?).

domenica 25 dicembre 2011

Letture sotto l'albero

Ivo Andric, "Sul fascismo",  editore "Nuovadimensione", Portogruaro, 2011.
Ma certo che sì, a Natale ci si ritrova con i classici. Guardate qui: Rigoni Stern, Buzzati, Revelli, manca solo la sora cesira! Ma quello nero, a metà del mucchio, ha una marcia in più.
Ivo Andric, quello de "Il Ponte sulla Drina" (che gli valse il premio Nobel) ma anche quello dei "Racconti di Sarajevo" e più in generale della grande Mitteleuropa danubiana e balcanica, una specie di Claudio Magris ante-litteram.
Quando, da giovane diplomatico, si trovò ad assistere alla marcia su Roma, individuò con rara lucidità i tratti antropologici e politici del fascismo montante. Da leggere.

sabato 24 dicembre 2011

Belvedere Enzbirg a Laives-Leifers

Questo è un giro inconsueto, soprattutto per la zona, gli anonimi rilievi sopra Laives-Leifers (periferia sud di Bolzano).
Qui c'è un belvedere appartato e poco conosciuto da cui si può vedere d'infilata la Val d'Adige da Bolzano a Merano.
In primavera dev'essere un colpo d'occhio, vado in avanscoperta in questo inverno secco.
Lascio l'auto alla stanga poco prima del maso Hocheggerhof (m 900 circa, a 15 minuti in auto da Laives).
Ho preferito fare il giro largo fra i boschi anzichè seguire il sentiero che porta direttamente al belvedere. escursioni_invernaliCosì, quasi sempre su strade forestali, ho raggiunto con una salita di 460 metri i bei pianori attorno al maso Prentner Hof (m 1.346). Poco oltre, sempre in posizione aperta e prativa, ho superato prima il baretto Högger e poi il nuovo albergo di maso Schadner Hof (m 1.370), un po' fuori scala in verità, e raggiungibile anche da Nova Ponente su strada asfaltata.
Scendendo dolcemente su ampia mulattiera che taglia il bosco ho oltrepassato un paio di panchine di sosta fino a giungere alla deviazione per il belvedere Enzbirg (o anche Trens Birg, segnale). Il posto si raggiunge in pochi minuti con qualche saliscendi (nel frattempo dai masi sono calato di 100 metri. La panchina è a quota 1.270). Sin qui, due ore dall'auto.
Dopo la foto di rito scattata a picco sul paese di Laives sono risalito fino alla mulattiera, che ho seguito, sempre in discesa, fino alla confluenza con la strada forestale già percorsa all'andata, e poi fino al parcheggio dell'auto (1 ora).

E per Natale tanti auguri anche da Genova, la nostra micia con "quello sguardo un po' così"


venerdì 23 dicembre 2011

Questo sì che è un regalo!

Va bene lo spumante e anche lo zelten fatto in casa, più morbido di quello industriale,
ma a conquistarmi davvero sono i "pezzi unici" che li accompagnano, i vasetti di verdure e marmellate dell'orto confezionati ala vecia dalle sapienti mani di Fiorella, l'autrice della ricetta dei pomodori verdi in barattolo, di cui vado pazzo e che produco regolarmente anno dopo anno.
Sono tegoline Marconi (=senza filo), peperoni e zucchine in agrodolce e poi marmellata di mirtilli e di ciliegie.

giovedì 22 dicembre 2011

Bivacco Malga Binagia Alta (nelle Maddalene)

La Catena delle Maddalene separa il Trentino (Val di Rabbi e alta Val di Non) dal Sudtirolo (Val d'Ultimo-Ultental).
Vedi le altre foto in Google Foto.
Oltre alle foto, Gigi ha mandato una relazione di questa sua escursione "contemplativa" a Passo Binasia (o Binagia, m 2.296) con pernottamento a Malga Binasia Alta (o Binagia Alta, m 2.138), ora trasformata in bivacco completo di acqua, servizi igienici, stufa, legna, stoviglie, tavoli e panche.
👉I suoi otto posti-letto sono per ora, a tre mesi dall'inaugurazione, privi di coperte e di materassi.
E' gestito dal Gruppo SAT di Livo.


Il Bivacco Malga Binagia Alta in veste invernale. D'estate è un'ottima base di partenza per raggiungere il panoramico Monte Pin.

Quel che serve sapere lo troviamo qui: escursioni_invernali
Si percorre la Val di Non fino a Bresimo per poi imboccare la strada che risale la Valle omonima seguendo le indicazioni per la Malga Bordolona.
La strada, asfaltata ma stretta, superato il bivio (a sinistra) con la strada forestale per la Val Malgazza in loc. Amol prosegue con un paio di tornanti giungendo poco dopo al bivio con la strada forestale, chiusa al traffico, per il Bivacco a m 1.457.
Il Bivio è riconoscibile per il segnavia Bianco/rosso della SAT e per un grosso cartello di legno con la scritta Malga Binagia dell’Asuc di Livo.
Lasciata l’auto al bivio, nel poco spazio disponibile, s’inizia a salire con la forestale (sviluppo di 5,3 chilometri) che prende quota da subito e prosegue, con poche variazioni di pendenza, e tredici tornanti (se la memoria non m’inganna) fino al Bivacco.
Dopo una prima serie di tornanti si lascia il Rio di Valsorécia e, superata una dorsale, ci si avvicina al corso del Rio Bresimo. La strada sterrata compie ora sei tornanti con buona pendenza quindi diventa più agevole e arriva al 12° tornante, dove troviamo il bivio con un’altra sterrata, alla nostra sinistra, che in breve conduce alla Malga Borca di sotto.
Proseguendo il cammino dopo non molto lasceremo la vegetazione d’alto fusto alle spalle, arrivando in vista della Malga Binagia di sotto da dove, seguendo con lo sguardo la strada scorgeremo il fabbricato della Binagia di sopra. Naturalmente possiamo riposare qualche minuto, anche perché ora il panorama è di più ampio respiro. Quando decideremo di ripartire raggiungeremo la nostra meta in circa 25/30 minuti.


Dal Bivacco vediamo il Monte Pin, le Dolomiti di Brenta, la catena che sovrasta la Val Bresimo da quella di Rabbi, da Cima Lac a Castel Pagano, per finire con Cima Binagia e il Passo omonimo.
Il Bivacco occupa una parte della stalla, è accogliente e ben attrezzato. Si trova sul lungo percorso del sentiero SAT n°133 “Aldo Bonacossa” che dal Passo delle Palade conduce fino al Passo di Palù per poi scendere in Val di Rabbi in loc. Penasa. Per la sua posizione è un ottimo punto d’appoggio per chi affronta la traversata delle Maddalene, spezzando l’ultima tappa altrimenti piuttosto impegnativa.
Ambedue le Malghe Binagia, come anche la Malga Borca di sotto, sono state oggetto di lavori di miglioramento nel corso del 2011. A Malga Borca di sotto mancavano ancora alcuni lavori interni.
Da ex alpinista e ormai “vecio” scarpinatore auspico che questa struttura non venga ulteriormente “valorizzata”, trasformandosi in Rifugio, come già successo al bel Bivacco Val ora Rifugio Maddalene.

Quote, tempi ed escursioni possibili:

Punto di partenza                   : m 1.457
Bivio Malga Borca di sotto    : m 1.890 c.
Malga Binagia bassa              : m 2.010
Bivacco Malga Binagia alta    : m 2138
Passo Binagia                        : m 2.296
Tempo dal parcheggio al bivacco: ore 2:15
Tempo dal bivacco al parcheggio: ore 1:45
Dislivello parcheggio-bivacco: +681 metri.
  •  Biv. Malga Binagia di sopra - Monte Pin m 2.419 seguendo i sentieri SAT n° 131b e n° 131: Tempo 1,15 – Dislivello + 281 metri.
  • Dal panoramico M. Pin si può scendere con il sent. 131, passando dai ruderi di Malga Borca di sopra, per proseguire a Malga Borca di sotto. Da qui si torna sulla strada forestale percorsa per salire al Bivacco, calando quindi al punto di partenza. Tempo 2,30 – Dislivello - 962 metri.
  • Biv. Malga Binagia di sopra – Rifugio Maddalene m 1.925 lungo il sentiero SAT “Aldo Bonacossa” n° 133: Tempo h 4,00 – Dislivello + 376 m / - 589 metri.
  • Biv. Malga Binagia di sopra – Rifugio Stella Alpina al Lago Corvo m 2.425 lungo i sentieri SAT n° 133 / 135 / 108; Tempo h 5,45 – Dislivello + 448 m / - 160 metri.

lunedì 19 dicembre 2011

Passeggiata invernale a Malga Kraun

Sul Monte di Mezzocorona, a 1.220 metri, la vecchia malga Kraun è una meta tradizionale delle gite domenicali estive. Bella anche d'inverno.
Il sentiero per arrivarci parte dalla stazione a monte della funivia di Mezzocorona (un simpatico bidoncino con soli cinque posti) si svolge interamente nel bosco attorno ai mille metri di quota e ciò spiega la vocazione estiva del percorso.

Guardando a Sud dal pratone di Malga Kraun. Dopo la "S" della Val d'Adige sulla
destra spiccano le tre punte del Bondone.
Vedi le altre foto in Google Foto.
D'inverno è meno attrattivo ma anche meno frequentato. Sappiamo di trovare il rifugio chiuso ma dal pratone della malga si gode di una bella vista sulla Val d'Adige in direzione sud, e questo - come motivazione - ci basta.
Alle spalle la vista è preclusa da una corona di monti che fanno parte delle Alpi della Val di Non e che qui trovano in Cima Roccapiana (m 1.873) il punto più elevato. Con Gigi e Paolo ci riproponiamo di tornare a primavera, bivaccare qui e per il ritorno fare il giro che include la salita a Cima Roccapiana, di cui oggi vediamo distintamente la croce di vetta.

Oltre al rifugio (attivo dal 1996, se non sbaglio) dal 2004 qui c'è anche un comodo e funzionale bivacco con stufa a legna, tavolo, panche, acqua corrente e otto posti letto con materassi sistemati  a coppie in castelli a due piani. E' stato ricavato dallo stallone ed ha una ampia porta vetrata che fa entrare la luce anche nei giorni del solstizio invernale.


domenica 18 dicembre 2011

Quella fastidiosa dominante azzurrina

Passando da 5.150 a 7.150 °K su file RAW.
Neve, foschia, ultravioletti. Sono i tre fattori che fanno virare verso l'azzurro i colori dei nostri scatti in quota.
Scattando in formato RAW il problema può essere quasi sempre risolto durante la fase di "sviluppo" che trasforma il file in un normale formato JPG. Basta intervenire sul bilanciamento del bianco aumentando la temperatura di colore del bianco di 1000-1500 gradi Kelvin. Facile e veloce. Nell'esempio a lato ho esagerato aumentandola di ben 2000 gradi tanto che l'immagine in basso è diventata fin troppo calda...
I risultati migliori si ottengono combinando questo metodo con quello illustrato al punto 1) qui sotto: si tratta di aumentare i Kelvin quando si sviluppa e poi, una volta aperto il file in Photoshop, premere CTRL+SHIFT+B.



CTRL+SHIFT+B su file JPG.
► Per le fotocamere che non salvano in formato RAW occorre intervenire con qualche programma di fotoritocco. In Photoshop i comandi per farlo sono almeno tre:
1) Colore Automatico (Auto Color)
2) Filtro Fotografico (Photo Filter)
3) Bilanciamento Colore (Color Balance). 
Naturalmente la via più semplice è la prima, che può essere
applicata da tastiera premendo CTRL+SHIFT+B e che vediamo a fianco: notare come sia anche aumentato il contrasto apparente.
Gli altri due metodi sono più sofisticati e danno risultati più controllabili ma richiedono più pazienza e forse interessano più i fotografi che i montagnini. 

giovedì 15 dicembre 2011

I costi territoriali del "modello veneto"

Negli anni passati ce lo siamo sentito ripetere da schiere di giornalisti compiacenti: nel nord-est del belpaese cresceva la nuova economia.
modello veneto
Dalle pendici del Monte Grappa: l'urbanizzazione della periferia di Bassano.
I campanili, un tempo riferimenti certi e visibili e segno di identità, sono ormai
di difficile individuazione, affogati come sono nel continuum edilizio.
Pochi dati, molti titoli e zero dubbi, questa era la formula. E così, ripeti oggi e ripeti domani, me l'ero bevuta anch'io. Sì, restava un piccolo dubbio, poco più di un'insignificante ombra, che veniva dalla conoscenza diretta (per via di parentado) di uno dei luoghi topici del modello veneto: il distretto del mobile antico nella bassa veronese.
L'ombra mi diceva che c'era poco da fidarsi di un sistema economico formato da un brulichio di micro-imprese a conduzione familiare abituate a vivere alla giornata. Realtà che riuscivano a galleggiare solo limando i costi. E che nel farlo seguivano, più o meno consapevolmente, uno schema a tre punte: autosfruttamento famigliare, lavoro nero, evasione fiscale e contributiva. Nient'altro.
Padri, madri, figli e nipoti, tutti a lavorare in azienda per dieci-dodici ore al giorno, a volte anche la domenica. E gli altri, spesso a nero e ancor più spesso "neri" cioè extracomunitari. Nei bar si diceva: perchè sennò non ce la facciamo, è colpa delle tasse. E così, un bicchiere dopo l'altro, si arrivava a teorizzare l'evasione sbraitando contro "roma ladrona".
I profitti se ne andavano in villette in stile arabo-bergamasco, Bmw e Mercedes, nuovi capannoni, nuovi accessi al credito. Una girandola che ha trasformato la pianura padana in un continuum cemento-asfalto quasi invivibile e dai costi crescenti.
modello veneto
Solo le antiche proprietà nobiliari e i loro parchi secolari sembrano avere la forza
sufficiente per sfuggire alla devastazione del modello veneto. Per quanto ancora?
Allora nessuno voleva pensarci, eppure la crosta edilizia è innervata da reti infrastrutturali (viabilità, acqua, elettricità, gas, energia, comunicazioni, fognature) una cosa complicata la cui manutenzione costa salata. I soldi degli oneri di urbanizzazione si pagano una volta sola assieme alla licenza edilizia, ma la manutenzione delle reti prosegue per sempre ed è a carico del Comune. Se ne occuperanno figli e nipoti dei lungimiranti paroni a casa nostra.
Sempre più incazzati con cinesi, terroni e sindacati vengono a lustrarsi gli occhi in Trentino e in Sudtirolo. Da voi è bello, dicono, e avete l'autonomia. Anche da voi era bello, un bello diverso, con i doppi filari di platani ad ombreggiare le strade, i fossi, i canali e poi i filari di pioppi a delimitare i campi, le vigne sposate ai gelsi, le cascine di mattoni...

Il colore della luce in fotografia

Due scatti dal Lago di Calaita (1.600 metri) verso il Cimon della
della Pala in una giornata novembrina serena. 
Il bilanciamento del bianco è una funzione della fotocamera pensata per rendere naturali i colori delle fotografie, anche quando nella luce ci sono delle dominanti di colore.
In prima approssimazione si può dire che la luce solare a terra, in una giornata serena, ha una temperatura di colore di circa 5.400 °Kelvin.
Questo, però, è vero solo se ci si trova a livello del mare, all'equatore, intorno a mezzodì, si scatta la foto in pieno sole e solamente per l'equinozio di primavera e d'autunno.

In tutte le altre giornate, ore e latitudini, il valore è leggermente diverso.
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Variazione del colore a causa delle condizioni di illuminazione:
durante l'arco della giornata la luce solare cambia ed è più "calda" (cioè più tendente ai colori come rosso e arancione) al tramonto e all'alba; inoltre nelle zone d'ombra oppure in montagna la luce è più "fredda" (cioè tende all'azzurro-blu).
Con il bilanciamento del bianco si  indica alla fotocamera che cosa deve tenere in considerazione per indicare il colore "bianco" e di conseguenza come deve impostare tutti gli altri colori.
Quindi se bilanciamo il bianco in una zona d'ombra, dove le fotografie vengono tutte tendenti all'azzurro, toglieremo la dominante azzurre e i colori ci sembreranno più reali e neutri.

Alcuni valori comunemente accettati sono i seguenti:
Luce bianca pura: 6.000 °K
 Luce solare diretta nelle ore centrali della giornata: 5.400 °K
 Idem ma nel tardo pomeriggio: 4.300 °K
 Luce del cielo quando completamente sereno: da 10.000 a 18.000 °K
 Luce solare diretta con cielo completamente nuvoloso: 7.000 °K
 Luce del cielo quando parzialmente nuvoloso: da 8.000 a 10.000 °K
 Lampada fotografica 500 Watt Photoflood: 3.400 °K
 Lampadina domestica a incandescenza da 100 watt: 2.900 °K
 Luce solare diretta all'alba e al tramonto: 2-3.000 °K
 Lapada al neon a luce fredda: 6.500 °K

Qui a sinistra vediamo l'effetto di differenti settaggi del bilanciamento del bianco in una macchina digitale: lampadina ad incandescenza, flash elettronico, per foto all'aperto in una giornata con cielo completamente coperto, per luce del cielo (verso nord) in una giornata serena. Siccome gli scatti sono stati fatti col flash, è la seconda foto quella che appare più naturale.
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Variazione del colore causata dall'inclinazio- ne del sole sull'oriz- zonte:
L'angolo del sole sull'orizzonte a mezzodì cambia col passare delle stagioni a causa dell'inclinazione dell'asse terrestre (circa 22,5 gradi). Nel caso di Trento, che si trova a 46 gradi Nord le variazione stagionali dell'angolo solare sono queste:
Nei due Equinozi: 90-46= 44°
 Solstizio Estivo : 90-(46-23.5)= 67,5°
 Solstizio Invernale : 90-(42+23.5) = 20,5°
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Tutto quanto detto sopra serve per capire che ci sono dei principi teorici che danno ragione della "tinta" che in certe condizioni di luce il fotogramma può assumere. Direi che nella pratica serve confrontare numeri e tabelle con gli scatti ottenuti dalla nostra macchina fotografica: capiremo se il nostro attrezzo è in media oppure sta scantinando. Un buon aiuto può giungere anche dal sito di Sara Lando, e di Giuseppe Repetto, che mi permetto di citare.

martedì 13 dicembre 2011

A novembre sul Corno Bianco-Weisshorn

Per chi osserva da occidente le Dolomiti cominciano proprio qui perchè iCorno Bianco è di dolomia del Serla bianca (mentre il suo dirimpettaio Corno Nero è di porfido quarzifero di Bolzano).
La croce di vetta del Corno Bianco. A sinistra la Palla Bianca, sotto il braccio
sinistro della croce il Similaun.
Le due cime stanno ai lati del Passo di Oclini, raggiungibile con breve deviazione dalla strada che da Cavalese porta a Bolzano attraverso il Passo di Lavazè e l'altopiano di Nova Ponente.escursioni_invernali
A parte le considerazioni geologiche, va detto che da questa elementare cima il panorama è molto vario: gruppo dell'Ortles, alpi della Ötztal (ossia le Venoste e Passirie), Sciliar, Rosengarten, Latemar, Tofane, Alpi Aurine, gruppo di Brenta ma anche la Val d'Adige verso sud e la Val d'Isarco a nord. L'ideale per un novembre soleggiato e mite come questo 2011.



lunedì 12 dicembre 2011

Neve a Folgaria (?!)

Non solo la neve scaricata dagli elicotteri, ma anche le balle in diretta web: a sinistra l'articolo di un quotidiano locale, a
destra le frottole diffuse in tempo reale dal sito degli impiantisti sui 40 centimetri, frottole smentite dalla stessa web-cam. 

domenica 11 dicembre 2011

Al rinnovato Rifugio "Giovanni Tonini"

Questo novembre mite e soleggiato ci ha permesso passeggiate in quota senza ciaspole e senza ramponi.
Risale al 1972,  quando per un impegno morale degli eredi dell'ing. Tonini, la Malga Spruggio Alta venne ristrutturata (gli eredi ne affrontarono i costi e  la donarono alla sezione SAT di Baselga di Pinè). Nel 2000 lo stallone venne poi ristrutturato dalla SAT centrale ed è ora riservato al turismo giovanile. Qui il rifugio: in basso nel suo aspetto attuale  e sopra com'era nel 1996.
Vedi le altre foto in Google Foto.
L'ultimo bollettino della SAT dà notizia dell'inaugurazione del Rifugio Tonini dopo la recente ristrutturazione. 👉So che ora, e per tutto novembre, resterà chiuso ma è lo stesso, mi limiterò a vederne l'esterno.
Risalgo quindi in auto la Val dei Mocheni e giro a sinistra per il Passo del Redebus (m 1.346) dove lascio l'auto e prendo a destra per il facile sentiero che sale tra i boschi.
👉Il sentiero passa prima davanti alla Baita Faida dell'ASUC di Bedollo e poi ai due edifici di Malga Pontara (lo stallone è stato interamente rifatto, ma non è chiaro a cosa sarà destinato).
L'aggiunta principale.

👉La casara, invece, è diventata la capanna sociale "Rifugio Coro Abete Rosso", dal nome del coro che l'ha ristrutturata; non svolge servizio di rifugio e viene solamente affittata a colonie.
Proseguo fino a confluire sulla strada che arriva dal passo e in breve compare il grande pascolo delle due Stramaiolo, preceduto da un parcheggio ora deserto.
👉La prima malga (la Bassa) che era già da tempo un ristorante o agritur, ha subito un ampliamento che l'ha ulteriormente imbruttita, ora sembra una pizzeria di periferia, con tanto di intonaco e pilastrini tondi di cemento disney-park. Me ne tengo lontano e taglio per il prato verso i tre edifici della Alta. Qui, l'ultima volta che ci sono passato, c'era una scuola di cani da slitta che ora è sparita senza lasciare traccia, com'è destino di troppi finanziamenti europei. In compenso uno dei tre edifici è aperto, con panche e tavolo, ma senza letti nè materassi.
👉Abbandonati i prati delle Stramaiolo, supero una salitina che porta in breve al Passo di Campivèl (m 1.831) da dove proseguo più o meno in piano fino al rifugio. (ore 2:30 dal Passo Redebus).
Al rifugio è stato aggiunto un doppio corpo in pietra e legno, col tetto coi "triangolini" che si vedono dappertutto. Il geometra dev'essere stato tenuto a briglia corta, oppure è anche lui un amante della montagna, perchè l'effetto complessivo, per fortuna, non è male (a riprova che - quando si vuole - si può anche non fare schifezze come alla Stramaiolo Bassa). C'è anche un impianto fotovoltaico e una teleferica di servizio che giunge fin dentro l'edificio, facilitando la vita al gestore.

In auto:  la Malga Stramaiolo può essere raggiunta anche in auto. Un km dopo il Passo del Redebus sulla destra c'è la stradina comunale asfaltata. Il transito è consentito solo ai veicoli dotati del permesso scritto rilasciato dal Comune di Bedollo (6 euro per auto, al giorno; informazioni presso il Municipio tel. 0461 556624). A luglio e agosto i permessi vengono rilasciati anche il sabato e la domenica mattina). Prima della Malga Stramaiolo ci sono tre parcheggi non custoditi.
I monti boscosi della Val di Cembra davanti alla lunga costiera dei monti della Val di Non, infine il bianco del gruppo Ortles-Cevedale, dal Vioz all'Orecchia di Lepre.


giovedì 8 dicembre 2011

Il GPS e il software cartografico 3D RTE Reader

3D RTE Reader: la zona del Nuvolau-Averau (Passo Giau) con i sentieri in rosso,
la rete  idrografica in blu, toponimi e simboli come appaiono per default.
Il nuovo software cartografico ha un nome quasi impronunciabile ed il suo sito non brilla per immediatezza comu- nicativa. Comunque:
Immaginatevi un Google Earth basato sui dati cartografici delle carte tecniche regionali ed arricchito da waypoints e tracciati messi a disposizione di soggetti terzi, come CAI, Soccorso Alpino, Parchi Naturali, enti locali, assocazioni turistiche, etc.
► Immaginatevi che questi siano suddivisi in scenari: scenario trentino, scenario appenninico, etc.
Google Earth: la stessa zona con un tracciato "pescato" in rete e adattato alle
mie esigenze. Salvato in formato kmz va trasformato in gpx per caricarlo nel GPS.
Un po' come se si trattasse di cartelle e sottocartelle.
► Immaginatevi di poter creare e gestire un vostro scenario con i vostri waypoints e i vostri percorsi senza cambiare programma mantenendo, ovviamente, la possibilità di caricare e scaricare verso e da GPS, nonchè di stampare su carta e dialogare con Google Maps ed anche con Google Earth ed i suoi file kmz.
► Se tutto questo funzionasse davvero bene, allora si tratterebbe di un buon prodotto integrato, ed io potrei finalmente abbandonare Google Earth come "contenitore". Naturalmente continuando ad usare anche qualche cartografia digitale più montagnina come 4Land, Compe e Kompass.

Non ho avuto il tempo di «passare in uno degli Alpstation Montura per ritirare una copia gratuita del DVD con lo scenario "Trentinocome suggerisce uno dei numerosi sponsor. Per farmi un'idea dell'usabilità del lettore gratuito 3D RTE Reader (per fare tutto quello che il programma prevede in fatto di editing bisogna infatti acquistare l'editor Track View al prezzo - a mio avviso onesto - di 36,3 Euro) ho installato l'unico scenario attualmente disponibile nel web, quello relativo alle Dolomiti venete (356 mega lo scenario, 65 mega il lettore 3D RTE Reader).
Tuttavia - per ora - ho deciso di continuare ad usare strumenti separati (che conosco bene) che poi faccio convergere in Google Earth (come ho già detto nel post precedente).
Credo infatti che il prodotto (sto parlando del lettore gratuito) sconti ancora qualche difetto di gioventù che lo rende non così user friendly nell'uso pratico. Cose che riguardano l'intuitività dei comandi e la restituzione a schermo. Probabilmente si tratta di far trascorrere qualche tempo prima di acquistare l'editor Track View, cercando nel frattempo di familiarizzare con il lettore 3D RTE Reader. Vedremo...

mercoledì 7 dicembre 2011

Il GPS e Google Earth

Quando voglio portarmi dietro il GPS con a bordo la traccia del percorso da seguire, faccio così:
A sinistra la barra con l'albero delle directories de "I miei luoghi" e a destra
un percorso ad anello in zona Averau-Nuvolau con i waypoints dei rifugi.
Se voglio creare una traccia ex-novo: ricalco qualcosa in Google Earth oppure ricalco un sentiero da cartografie digitali, come quelle della 4Land trentina o della Kompass sudtirolese.



Se voglio usare una traccia già pronta: interrogo uno dei numerosi siti web di database cooperativi, come HotKnott-Sentres, Giscover, GPStour, GPSies, Alpidia, GPStour, Sentieroselvaggio, etc.
Poi ovviamente carico il file-traccia sul mio vecchio GPS.



In rosso i tracciati dei sentieri SAT, importati ne I miei luoghi di Google
Earth. In celeste il tracciato dell'escurione al nuovo Rif. Tonini, scaricato
dal mio vecchio Garmin C60csx.
Come software contenitore per waypoints e tracce varie uso semplicemente Google Earth, cosa che mi dà una serie di "vantaggi collaterali":
la presenza di foto che - bene o male - descrivono "lo stato dell'arte" del luogo o del rifugio, o della funivia, o della cima, o del lago, etc.;
 la semplicità con cui si possono tracciare percorsi, inserire waypoints, dialogare con altri software cartografici;
 la possibilità di inserire nella cartella I miei luoghi anche dati "pescati" nel web come ad esempio il catasto dei sentieri SAT;
la possibilità di inserire e georefenziare cartine raster come quelle distribuite da Meridiani
Montagne (o scansionate con lo scanner di casa);

La cartina raster regalata da Meridiani Montagne importata come overlay

immagine e poi ricalcata (in colore viola) per ricavarne una traccia da

salvare in formato gpx da importare nel vecchio Garmin C60csx.
 la facilità con cui i dati possono essere salvati - singolarmente o a gruppi - in formato GPX.
► la sua integrazione con Google Maps permette di zompare da l'uno all'altro a seconda della necessità.






La gratuità è solo l'ultimo dei pregi di Google Earth e quindi prima di "lasciare la via vecchia per la nuova" voglio essere ben convinto che ne valga la pena. E' spuntato infatti all'orizzonte un software della Pangea che promette novità e mirabilie. Sarà il caso di dargli un'occhiata...

lunedì 5 dicembre 2011

Gli arredi d'epoca dell'albergo "Rifugio Ettore Castiglioni" alla Marmolada

Il Rifugio "Ettore Castiglioni", ora albergo privato, fino al 1995 era di proprietà della Sede Centrale del CAI ed era arredato con raffinata eleganza.
La sala da pranzo in una cartolina di incerta datazione (www.heimatsammlung.de).
La stupenda visione del ghiacciaio della Marmolada dal Passo Fedaia meravigliò i primi viaggiatori dolomiti di fine Ottocento.
Per questo motivo i club alpini austriaco e germanico iniziarono a costruire ricoveri e alberghetti nei punti panoramici lungo le poche strade che attraversavano a quei tempi le Dolomiti, allora ancora austroungariche. Nel 1904 la sezione di Bamberg del  D.A.V. (Deutscher Alpenverein) costruì
Altre immagini in bianco e nero degli arredi interni, costruiti secondo la moda modernista in auge negli anni Trenta, di cui molti miracolosamente  giunti quasi intatti fino ai giorni nostri, nonostante il passaggio di proprietà.
un rifugio-alberghetto che però



La grande sala da pranzo con le vetrate orizzontali al modo di Le Corbusier, i
rivestimenti lignei a pareti e soffitto,  i lampadari artigianali di sapore futurista.
Tutto, tranne pavimento e seggiole, appare come nella foto in bianco e nero.
andò distrutto nel 1935 a causa di un incendio.
Sul posto venne poi realizzato l'attuale edificio in muratura e legno a tre piani che offriva alloggio a oltre 60 persone e che rimase di proprietà della sede centrale del CAI fino al 1995, quando venne ceduto a privati.
Non so dire delle camere, ma a piano terra, specie nelle giornate meno congestionate, si respira ancora l'atmosfera degli anni di Comici, anni assai importanti per l'alpinismo dolomitico anche se oscuri per il paese.

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Nel collage qui sopra: la raccolta saletta col caminetto dov'è conservato un fotoritratto di Ettore Castiglioni e poi l'accogliente ingresso con la reception e il leggio su cui firmare il libro del rifugio. A piano terra gli arredi sono in un ottimo stato di conservazione. Quasi tutto è ancora allo stato originale. Anche solo per questo, gli attuali gestori meritano un encomio particolare. Aperto tutto l’anno e raggiungibile in macchina, continua a svolgere servizio d’alberghetto e ristorante.

venerdì 2 dicembre 2011

Nuovo asfalto alle Viote

«Ci aveva provato la speculazione negli anni ‘60 a fare delle Viote qualcosa di simile al Tonale. E fu fermata. Poi, un decennio dopo, la strada che da Trento porta alla Valle dei Laghi. Ora un enorme parcheggio, centinaia e centinaia di metri quadrati di asfalto voluti dal Comune di Trento.»
(Renzo M. Grosselli, "L'Adige", 28/11/11)


giovedì 1 dicembre 2011

Sankt Martin im Kofel-San Martino al Monte

La funivia sale dai 649 metri di Laces-Latsch (Val Venosta) ai 1.740 metri di St. Martin am Kofel: mille metri in otto minuti.
La stazione a monte della funivia Laces-San Martino.
Costruita nel 1958, ha diviso la storia dei 18 masi di Sankt Martin in un prima e un dopo. Li ha tolti dall'isolamento ed ha impedito il loro totale abbandono.
Quando Aldo Gorfer passò da queste parti per la stesura del suo libro-inchiesta sul mondo del maso chiuso era il 1972 ma i contatti col fondovalle erano ancora saltuari. La funivia c'era già ma elettricità, telefono, strada, non erano ancora arrivati ai masi più lontani come il maso Egghof e il maso Vorrahof.
Da sinistra: Orgel Spitze/Punta di Lasa, Vorrahof, Egghof. Questi due masi
alti hanno una lunga storia, visibile qui.
La stretta e ripida stradina che risale dal fondovalle si spinge ora non solo fino al paesino, ma dal 2005 prosegue addirittura fino ai due masi più lontani.
Più avanti, le vene d'acqua che consentivano la vita ad altri insediamenti più spostati verso Silandro si sono esaurite una trentina d'anni fa e perciò i masi sono stati abbandonati.
La funivia che sale da Laces e il maso Oberkaser dal maso Egghof.
Oggi tutti hanno l'auto, il trattore, le falciatrici, le motosegne, le mungitrici elettriche, le teleferiche di servizio a motore, e poi telefonino, televisione, walkie-talkie, impianti di riscaldamento supplementari a gasolio. Gli scolari scendono a valle con ogni tempo, in fretta e senza pericolo. Solo nei giorni di vento estremo il servizio funiviario viene momentaneamente sospeso.
C'è un nuovo equilibrio economico: all'agricoltura di montagna si sono aggiunti il turismo ed il secondo lavoro in fondovalle.
Formaggio vaccino stagionato e semi fresco del maso Oberkaser.
Il maso Egg Hof ha aperto una Jausenstation, cioè un punto di ristoro per gli  escursionisti e i numerosi ciclisti che giungono fin quassù. Lo stesso ha fatto il maso Oberkaser dove ho anche comprato del formaggio prodotto in zona.
Nel minuscolo centro abitato attorno alla funivia c'è una bella chiesetta risalente al 15° secolo, ma non il cimitero poichè era tradizione portare a spalla le bare fino a Laces lungo l'erto sentiero Kirchweg.
La discutibile Rizzi Tower, costruita nel 1993 da un imprenditore di Laces.
La piccola scuola elementare pluriclasse è stata chiusa da pochissimo tempo e gli scolari oggi frequentano la scuola elementare di Laces, certo per loro più ricca di stimoli e attrattive: 8 minuti all'andata e 8 al ritorno.
Tra le curiosità di San Martino segnalo la "Rizzi Tower", villa cilindrica fatta per stupire ma non per abitare "imposta" ai locali dall'ing. Rizzi, evidentemente dotato di robuste maniglie nell'amministrazione comunale di Laces, che gli ha rilasciato la concessione edilizia. E' sempre vuota. Gli "intellettuali" della trasmissione televisiva Xfactor l'hanno recentemente usata come location in una loro puntata.
Ho scattato alcune foto di questo piccolo borgo d'altura e chi fosse interessato può trovarle qui.
Piccolo suggerimento: salire in funivia, percorrere l'Alta Via di San Martino e scendere a Silandro.